mercoledì 14 novembre 2012

IL MORO DI VENEZIA in Il Velino del 15 novembe


IL MORO DI VENEZIA
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Roma - L’anno del doppio bicentenario (Verdi e Wagner ambedue del 1813) è stato aperto a “La Fenice” con una doppia inaugurazione, “Otello” – dal 16 al 30 novembre con riprese in luglio 2013 e 2014) e “Tristan und Isolde” (dal 18 novembre al primo dicembre). Iniziamo con la prima delle due opere.


Otello, generale veneziano (ma moro), coniugato con la giovane aristocratica Desdemona, viene nominato Governatore di Cipro, dove, con insinuazioni e indizi costruiti ad arte, viene spinto a gelosia sempre più ossessiva dal suo alfiere Jago. Convinto che Desdemona lo tradisce con Cassio, Otello la uccide. Per suicidarsi quando ha prova dell’innocenza della giovane sposa.


Le tragedie di Shakespeare hanno attirato per decenni l’ispirazione di Verdi, che solo in età ormai tarda trovò un librettista (Boito) in grado di trasformarle in drammi in musica. “Otello” rappresenta, al tempo stesso, il culmine ed il superamento del melodramma verdiano. Non ci sono più numeri chiusi (come arie, duetti, concertati) ma l’opera si articola in quattro grandi scene, con flusso orchestrale continuo, in cui dal declamato si scivola naturalmente in cantabili ad una o più voci. Il coro è presente (da protagonista) all’azione sin dall’inizio in cui i ciprioti assistono alla tempesta di mare mentre attendono il loro nuovo Governatore
.

La messa in scena dell’opera presenta grandi difficoltà: pochi tenori sono in grado di affrontare il difficile ruolo di Otello (l’unico “tenore eroico” della tradizione italiana), sono essenziali un coro di alto livello ed una concertazione che sappia cogliere sia il legame con il melodramma ottocentesco sia la carica innovativa, precorritrice del Novecento.

Queste caratteristiche sono colte a pieno dalla drammaturgia (regia del giovane Francesco Micheli con l’apporto di Edoardo Sanchi per le scene, Silvia Aymonimo per i costumi e Fabio Barettin per le luci); e dalla concertazione (Myung-Whum Chung). La drammaturgia sposta l’azione a fine Ottocento; con pochi elementi scenici ed abili giochi di luce in sintonia con la musica, rendono questo ‘Otello’ sorprendentemente attuale ed innovativo, con anche un colpo di scena finale (che si sintonizza perfettamente con il ‘diminuendo’ verdiano ma potrà disturbare qualche tradizionalista benpensante). Chung offre una concertazione serrata, anche scorciando i tempi, e trae dall’orchestra della Fenice (a volte altalenante) sonorità dense di pathos. Tra il protagonisti, eccelle Lucio Gallo (veterano del ruolo di Jago). Gregory Kunde è un abile Otello (scansa alcune delle tonalità più impervie e sfoggia legato, fraseggio e ‘mezza voce’– campi dove è maestro). La giovane americana Leah Crocetto è una Desdemona un po’ giunonica e con voce meno morbida di quella che si preferirebbe in quanto è già stata protagonista di parti (‘Aida’, Rossana in ‘Cyrano’) che comportano vocalità spesse.   (ilVelino/AGV)

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