giovedì 4 ottobre 2012

Roma potrebbe avere un ruolo-chiave nella scelta delle politiche Ue per il lavoro in Avvenire 5 ottobre



Roma potrebbe avere un ruolo-chiave nella scelta delle politiche Ue per il lavoro

DI GIUSEPPE PENNISI

Con la riunione degli sherpa si è entrati nel cuore della preparazione del Consiglio Europeo in calendario il 18-19 ottobre. Sarebbe futile anticipare del tutto i contenuti della bozza ancora in di­scussione predisposta dal presidente Her­mann Von Rompuy. I­noltre, negli ultimi gior­ni, paiono cambiati i ter­mini di un compromes­so tra i principali azio­nisti dell’Eurozona, cioé Berlino e Parigi. In bre­ve, accantonata l’idea di iniziare una trattativa per una riforma com­plessiva dei Trattati ed a­dottato un approccio molto gradualistico in materia di crescita del bilancio europeo (rispetto ai bilanci na­zionali), sembrava che il 18-19 ottobre il Consiglio Europeo potesse adottare un’in­tesa articolata su: maggiore solidarietà (l’intégration solidaire, slogan portante del­l’Eliseo) e maggior controllo collegiale pre­ventivo dei bilanci, unitamente a passi si­gnificativi sull’unione bancaria. In questo compromesso, per l’Italia si profilava il ruo­lo di socio minore.

I dati su occupazio­ne e crescita appar­si lunedì 2 ottobre, unitamente a diffi­coltà tecniche in te­ma di Edira (una nuova Autorità eu­ropea per risolvere i fallimenti di istitu­zioni finanziarie) e di Edgar (la garanzia europea dei deposi­ti bancari) hanno però rapidamente cambiato il quadro. Riassumiamone i termini essenziali: il tas­so di disoccupazione nell’Eurozona viag­gia oltre l’11,5% della forza lavoro (rispetto all’8% degli Usa) con punte già del 25% in Spagna e Grecia e del 16% in Portogallo. An­cora più grave: l’inizio di una ripresa viene ora previsto tra il secondo semestre 2013 e il primo semestre 2014 e le stime sono di u­na crescita tanto lenta da assomiglia­re ad una stagna­zione. Per il decen­nio 2014-2024 l’Ita­lia crescerebbe al tasso dello 0, 33% l’anno (più o meno lo stesso della Fran­cia) mentre Grecia, Portogallo e Spagna viaggerebbero a tas­si addirittura inferiori. Quanto ai virtuosi Stati nordici, anch’essi faticherebbero a te­nere aumenti del Pil dello 0,8-1,0%. Le con­seguenze? Sarebbero soprattutto di tipo so­ciale. C’è il rischio di una generazione di 'senza lavoro' che attizzerebbero, agli e­stremi di destra e di sinistra, tensioni anti Ue. Urgono quindi misure concrete da fa­re uscire dal cappello dei capi di Stato e di Governo la sera del 19 ottobre.

In questo nuovo contesto, l’Italia potrebbe giocare un ruolo: la nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) voluta dal mi­nistro Fornero potrebbe infatti essere il tas­sello utile per coniugare i progetti di in­dennità europea di disoccupazione. È un’opportunità da cogliere, viste soprat­tutto le posizioni di Parigi e Berlino: la pri­ma vuole rilanciare l’idea di una tutela eu­ropea di indennità di disoccupazione (a complemento di quelle nazionali) mentre la seconda punta soprattutto a rafforzare la richiesta di riforme preventive, senza le quali la «solidarietà europea» avrebbe po­co significato.

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