domenica 14 ottobre 2012

Quel "filo rosso" che accomuna la doppia inaugurazione romana in il Sussidiario.it

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Quel "filo rosso" che accomuna la doppia inaugurazione romana
lunedì 15 ottobre 2012
OPERA/ Quel filo rosso che accomuna la doppia inaugurazione romanaL'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
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Per una coincidenza la Stagione Sinfonica 2012-2013 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e quella della Orchestra Sinfonica di Roma sono stata inaugurate lo stesso fine settimana. Risultano però ben differenti: l’Accademia di Santa Cecilia vanta circa 400 anni e la sua permanente orchestra sinfonica circa 110, mentre l’Orchestra Sinfonica di Roma ha dieci anni - unica orchestra senza alcun finanziamento pubblica , ha uno sponsor generoso nella Fondazione Roma ed è sostenuta da un fidelizzato gruppo di abbonati. La prima ha un budget di quasi 50 milioni di euro l’anno, mentre quello della seconda non sfiora i 4 milioni. Altra coincidenza: i programmi dei due concerti sono in gran misura rivolti alla gran gloria di Dio. Nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica (2800 posti), Sir Antonio Pappano salirà sul podio dell’Orchestra e del Coro di Santa Cecilia per dirigere la monumentale Nona Sinfonia di Anton Bruckner e i Quattro Pezzi Sacri di Giuseppe Verdi, significativa anteprima – questi ultimi - delle celebrazioni verdiane che a Santa Cecilia si concluderanno a giugno con l’opera “Un ballo in maschera” diretti sempre dal Maestro Pappano. Maestro del Coro(presentissimo ne i  Quattro Pezzi Sacri Ciro Visco, soprano Donika Mataj L’inaugurazione della Stagione di Santa Cecilia propone un originale confronto dialettico tra due modi, forse due mondi opposti, di rapportarsi al senso del sacro nella musica: Verdi, uomo di teatro, si rivela nelle filigrane tenui di tre dei Pezzi Sacri e negli accenni poderosi del Te Deum. Verdi era cresciuto nella religione cattolica ma a meno di trent’anni, con la morte della moglie e dei figli e con il matrimonio con Giuseppina Strepponi (convinta seguace dell’’ateismo lieto’) perse la fede. Tranne Stiffelio, molto delle sue opere ( Don Carlo, Aida, Otello, lo stesso Falstaff sono apertamente anticlericali anche se in altre, come nella seconda versione de La Forza del Destino9 trapela il dubbio. I Pezzi sacri non sono considerati il meglio della sua produzione. Il pio e schivo ‘”suonatore d’organo” Bruckner consacra ogni nota composta alla Fede, vissuta come intensa spiritualità e toni intimi e magniloquenti nell’intenzione di sottolineare l’aspetto sacrale della musica; non a caso, infatti, “Al buon Dio” è la dedica che Bruckner appose alla sua Nona Sinfonia, confermando quell’intimo legame che esiste tra il suo sinfonismo e la pura fede cattolica,  nonostante, tuttavia, le altre sinfonie fossero piene di riferimenti tutt’altro che religiosi. Scritta tra il 1887 e il 1894, la Nona ebbe la mano di Bruckner solo per tre tempi, per la morte sopraggiunta. Pappano ha sottolineato, con una concertazione molto personale (leggermente imprecisa nello “Scherzo” del terzo movimento ma grandiosa nel finale , il più dissonante accordo mai concepito da Bruckner) , come l’incompiuta Nona Sinfonia in re sia il canto di chi, sapendo di essere giunto al termine della propria avventura terrena, si prepara all’aldilà. Gli ultimi aspetti della poetica tardo-romantica, che avevano caratterizzato l’Ottava, vengo abbandonati in favore di un clima duro severo, anche se con afflati di lirismo intenso. La Nona è stata composta durante un lungo periodo di tempo, proprio in quanto rappresenta una sofferta meditazione sul significato della vita. Composto il secondo movimento, Bruckner attese quattro anni per completare il terzo (l’Adagio), ma nel finale non restarono che appunti. Dalla sacralità bruckneriana si passa, quindi, nella seconda parte del concerto inaugurale, alla musica squisitamente sacra in cui campeggiano i Quattro Pezzi Sacri che segnarono l’ultima stagione creativa di Giuseppe Verdi e che saranno registrati dalla EMI per un CD di prossima pubblicazione
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Nel proseguire nella meritoria opera di riscoprire il sinfonismo italiano dell’Ottocento e del Novecento, Francesco La Vecchia alla guida dell’Orchestra Sinfonica di Roma, ha proposto una vera chicca: la seconda sinfonia di Muzio Clementi (Roma, 23 gennaio 1752 Evesham, 10 marzo 1832). Clementi, organista a San Lorenzo in Damaso dove compose, giovanissimo, un Oratorio ed una Messa, si trasferì in Inghilterra, in seguito ad una complessa vicenda di eredità, e diventò uno degli artisti più richiesti a Londra. Fu tra i primi a comporre musica per il pianoforte moderno. Universalmente conosciuto per la sua monumentale raccolta di studi per pianoforte Gradus ad Parnassum, e l'epitaffio sulla sua tomba recita "Padre del Pianoforte". Oltre al repertorio per pianoforte solo, Clementi scrisse molte altre composizioni, comprese diverse sinfonie recentemente ricostruite che stanno gradualmente ricevendo l'attenzione della critica musicale contemporanea. Le sinfonie numerate di Clementi sono quattro, e risalgono al periodo terminale della sua vita in Inghilterra. Esistono peraltro anche due sinfonie giovanili, entrambe marchiate come Op. 18. La sinfonia n.2 è un elogio alla Gloria di Dio, come ha messo bene in luce l’Orchestra  Sinfonica Roma diretta da Francesco LaVecchia.Nella seconda parte del concerto è stata eseguita la notissima  a Sinfonia n. 2 in Re maggiore, Op. 73 fu composta di Johannes Brahms. Il Capo dello Stato ha presenziato all’inaugurazione della stagione sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.


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