venerdì 28 settembre 2012

Rating, Europa pronta a sollevare il caso in Avvenire 30 settembre




l’indiscrezione Rating, Europa pronta a sollevare il caso



DI GIUSEPPE PENNISI

A ll’interno dell’Eurozo­na le diplomazie fi­nanziarie internazio­nali stanno tentando di dare corpo a una prima bozza di ac­cordo per quella che dovreb­be essere l’«Unione bancaria europea». Negli schemi che circolano e nella stessa propo­sta della Commissione euro­pea si tratta di un nuovo as­setto per la vigilanza ma non di agenzie di rating, nonostante su tali agenzie siano stati spes­so puntanti i riflettori come u­na delle determinanti della vo­latilità dei mercati e di accele­razione di crisi bancarie.

È possibile che sia la Francia a sollevare il problema. Un la­voro interno alla Banca cen­trale del Paese (il Banque de France Working Paper No.396) utilizza un campione di 53 Sta­ti e dati dal 1977. Si tratta in gran misura di Paesi emer­genti, in quanto sino a tem­pi recenti gli Stati Ocse veni­vano ritenuti «a prova di bomba» nei confronti delle agenzie in quanto le loro ob­bligazioni avevano le classi­ficazioni più elevate. Con la globalizzazione finanziaria, prima, e con la crisi in corso dal 2007, il quadro è cambia­to. Tuttavia, l’analisi fornisce utili indicazioni. La prima con­clusione è che occorre smitiz­zare la capacità tecnico-pro­fessionale delle agenzie: rara­mente «ci azzeccano» nel pre­vedere i livelli futuri di indebi­tamento e di debito. Tuttavia, se si analizzano , su base tri­mestrale, i dati, ne risulta che i loro «oracoli» hanno un forte impatto sui tassi d’interesse a cui collocare i titoli pubblici e sugli spread. In breve, hanno una reputazione che non si meritano, ma possono fare danni. Lo conferma indiretta­mente un lavoro più limitato in scopo della Banca d’Italia, in cui si analizzano le princi­pali tipologie di contagio nel­la crisi finanziaria nell’ambi­to dell’eurozona, tipologie verificatasi a partire dall’ot­tobre 2009, quando l’insol­venza della Grecia è parsa i­nevitabile. La conclusione che, anche a ragione degli annunci delle agenzie di ra­ting, Italia e Spagna hanno subito un effetto di «over­shooting »: gli spread tra i loro titoli e quelli tedeschi sono au­mentati in modo «anormale» e tale da non rispecchiare gli andamenti di fondo delle loro economie. Hanno provocato danni, ma non insopportabili. Daniel Gros, direttore del Ce­ps (Centre for European Policy Studies) rassicura che Italia e Spagna possono «convivere» con tassi del 6-7% sui titoli di Stato se riescono a mobilizza­re il risparmio interno, ed a ri­durre la dipendenza dall’este­ro per l’acquisto delle loro ob­bligazione. Il quadro, afferma il documento, è più complica­to per la Spagna che per l’Ita­lia: a Madrid non basta chia­mare a raccolta il risparmio in­terno: sono anche essenziali o­perazioni di concambio tra de­bito e capitale di rischio.

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Una «revisione» delle agenzie non compare nella bozza sull’Unione bancaria. Ma la Banca centrale francese «studia» le contromisure

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