lunedì 17 settembre 2012

Messiaen, l’amore che non muore in Avvenire 18 settembre



Messiaen, l’amore che non muore


DA RIMINI

GIUSEPPE PENNISI


a Sagra Malatestiana (che si concluiderà a Rimini l’11 ottobre) è una delle rare manifesta­zioni che si è ricordata del ventennale delle morte di Olivier Messiaen, composi­tore cattolico, allievo di Du­pré, Emmanuel e Dukas, ma anche maestro di Bou­lez e Stockhausen. Ricono­sciuto universalmente co­me grande teorico e grande didatta, ha saputo declina­re le innovazioni musicali del Novecento (dodecafo­nia, atonalità, elettronica) L in un impianto classico che ha un «lungo sguardo di contemplazione mistica» (nella sua terminologia). ma riesce ad essere accatti­vante per il pubblico. Mes­siaen è poco eseguito in I­talia anche a ragione dei te­mi che tratta. La Sagra pre­senta, in forma scenica, la prima, in ordine cronologi­co, delle sue tre composi­zioni ispirate al mito di Tri­stano ed Isotta: Harawi-Chant d’Amour et de Mort,

un ciclo di lieder per sopra­no e pianoforte tratte dalla tradizione quechua, un’et­nia peruviana (Messiaen è stato, tra l’altro, grande stu­dioso di musica etnica e della vocalità degli uccelli). È più compatto ed essen­ziale degli due lavori di Messiaen sul mito celtico (la Turangalila-Symphonie per grande orchestra , pia­noforte e martenot , la ta­stiera per il telegrafo, e Cinq Rechant per coro a cappel­la). In Italia, Harawi era sta­ta eseguita in un campiel­lo veneziano nel 2008.

L’allestimento scenico è af­fidato al collettivo teatrale romano Santasangre che coproduce l’iniziativa per portarla in varie città in I­talia ed all’estero. Il pianista (Lucio Perotti) e il soprano (Matelda Viola) restano nel retroscena, mentre nel pal­coscenico quattro attori­mimi (Maria Teresa Bax, Marcello Sambati, Anto­nello Compagnoni, Moni­ca Galli) danno vita all’a­zione. Le canzoni di Mes­siaen (autore anche del te­sto) hanno pochi riferi­menti a Wagner ; riguarda­no l’eternità dell’amore u­mano come «un riflesso, un pallido riflesso ma pur sempre un riflesso dell’a­more divino» (come l’auto­re scrisse nel 1983). La rap­presentazione scenica ri­corda in certi momenti l’at­mosfera del mito celtico (brume e nebbie) ma at­tualizza la vicenda (le proiezioni si riferiscono a un vasto quartiere popola­re di un agglomerato urba­no odierno): il grande a­more è tra due anziani (lei sui 65 anni, lui sui 70) che muoiono insieme e conti­nuano ad amarsi dopo la fi­ne dell’esistenza terrena.

Non ci sono filtri magici, re traditi, finti amici intrigan­ti e via discorrendo. Solo u­na giovane ginnasta (la ri­generazione tramite la gio­ventù?) e una falconiera che lancia un falco simbo­lo di libertà. La trascen­denza mistica è più nel la­voro dello splendido piani­sta e del bravissimo sopra­no che nell’interessante a­zione scenica, condotta con maestria per tenere tensione e attenzione per la durata dello spettacolo (po­co più di un’ora).

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Alla Sagra Malatestiana di Rimini un suggestivo allestimento scenico di «Harawi», l’opera del compositore francese ispirata al mito di Tristano



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«Harawi» nella messinscena di Santasangre

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