lunedì 9 luglio 2012

Ravenna Lirica, Muti padre e figlia riabilitano la scandalosa novizia di Hindemith in Avvenire 8 luglio


Ravenna Lirica, Muti padre e figlia riabilitano la scandalosa novizia di Hindemith


DA RAVENNA GIUSEPPE PENNISI

E dizione spiriturale la 23ma del Ravenna Festival. La ras­segna è cominciata con una rara esecuzione del Vespro della Beata Vergine di Orazio Tarditi ma si sono ascoltati il canto sufi del­l’Uzbeksitan, i riti cinesi danzati da Shen Wei, le musiche di Istanbul, musica tibetana. L’appuntamento più atteso era però costituito da due rari atti unici di Paul Hinde­mith andati in scena venerdì (e che la prossima stagione si vedranno al Teatro dell’Opera di Roma che li coproduce): l’opera breve (poco più di 20 minuti) Sancta Susanna

del 1921 e il balletto Nobilissima Visione del 1938 ispirato dagli af­freschi di Giotto a Santa Croce a Firenze sulla vita di san Francesco.

Sono due lavori profondamente differenti in stile e con­sentono di cogliere il percorso musicale e spirituale del compositore. Nobilissima Visione , di cui a Ravenna è sta­ta presentata la suite , è d’impianto barocco (in un mo­mento in cui era di moda il ritorno alle strutture formali classiche); Sancta Susanna è invece marcatamente e­spressionista. Muti, sul podio dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, ha sottolineato differenze e continuità di lessico musicale di Hindemith dal tormentato espressio­nismo alla ricerca di un 'oggettivismo' caratterizzato da una serenità sempre più astratta. Nel dirigere le due par­titure, specialmente Nobilissima Visione , Muti ha un brac­cio molto più largo e tempi più riflessivi di quelli a cui ci ha abituato vedendolo concertare Verdi, Rossini e la 'scuola napole­tana'.

Il dittico apre con il balletto su san Francesco (Alessio Rezza): cinque 'stanze' dalle nozze spirituali con santa Chiara (Gaia Straccamore) al

Cantico delle Creature.
La coreo­grafia di Micha van Hoecke, lo scar­no allestimento scenico di Carlo Sa­vi e i costumi di Anna Biagiotti pun­tano sull’itinerario spirituale sino alla Passacaglia del Cantico finale. È la prima italiana del lavoro in for­ma scenica. Molto interessante la regia di Sancta Susanna affidata a Chiara Muti. Il lavoro, considerato «scandaloso» (dato l’ambiguo li­bretto di August Stramm), è stato presentato in Italia due volte (alla fine degli anni ’70 a Roma con re­gia di Giorgio Pressburger e nel 2006 alla Scala con regia di Giancarlo Cobelli e Patrizia Frini) con allestimenti che ne enfatizzavano i lati scabro­si. Chiara Muti, invece, pone l’accento sulle difficoltà psi­cologiche della clausura e sulla ricerca del perdono (e del­la punizione) dopo il peccato. Mostra, quindi, il nesso con

Marienleben,
il ciclo vocale su liriche di Rilke dedicato al­la vita della Vergine, composto da Hindemith nel 1922, quasi a volere dare un’interpretazione corretta, e non mor­bosa, del suo lavoro precedente. Di livello le due prota­goniste (Csilla Boross e Brigitta Pinter). Muti valorizza il mi bemolle minore (tonalità marcatamente spirituale) con cui, dopo tante dissonanze, si chiude l’opera.

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Le regia di Chiara ribalta i cliché che accompagnano l’atto unico «Sancta Susanna», accostato dal maestro al balletto «Nobilissima visione» sulla vita di san Francesco

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