mercoledì 18 luglio 2012

I «piani B» per salvare la moneta unica in Avvenire 19 luglio


I «piani B» per salvare la moneta unica


DI GIUSEPPE PENNISI

L e parole della Cancelliera Angela Merkel – «Non sono sicura che il progetto euro funzionerà» – van­no soppesate con cautela perché si ba­sano su un solco di analisi recenti sul­l’urgenza di definire un 'Piano B' per l’Eurozona.

Circa un anno fa, avevamo anticipato le linee verso cui si stava dirigendo la Germania. L’occasione era stata for­nita da una serie di incontri avuti da uno dei più autorevoli economisti te­deschi (e più stretto consigliere della Cancelleria), Hans-Werner Sinn, nel corso di un tour nelle maggiori capi­tali europee. Sinn andava in effetti in avanscoperta: prospettava una solu­zione per la Grecia – allora considera­to il «grande malato» – nella convin­zione che iniezioni di aiuti non avreb­bero curato il paziente infermo.

La soluzione era quella di trovare un 'percorso ordinato' per evitare che A­tene uscisse dall’Ue (o ne venisse cac­ciata) e fare sì che per un periodo cam­biasse alloggio: da inquilino 'moroso' dell’area dell’euro, entrasse cioé in quello Sme II in cui vivono comoda­mente Danimarca, Regno Unito, Sve­zia, Lettonia e Li­tuania – ciascuno con margini d’o­scillazione tagliati su misura nei con­fronti dell’euro. La proposta è al centro di documenti che circolano tra le banche centrali ed i ministeri economici. Circa una setti­mana fa, gli aspetti più strettamente tecnico-economici della proposta so­no stati approfonditi in un documen­to del Cesifo (il Working Paper nume­ro 3845) dal titolo inequivocabile: 'L’Eurozona necessita di regole di u­scita'. Ne sono co-autori un econo­mista tedesco, Christian Fahrholz del­l’Università di Jena, ed uno polacco, Cesar Wojcik dell’Università di Varsa­via.

È verosimile che i governi della Re­pubblica Federale e della Polonia ab­biano dato il nulla osta alla pubblica­zione. In parallelo, Hall Scott dell’U­niversità di Harvard ha diramato un’a­nalisi giuridica molto puntuale ( Har­vard Public Law Working Paper nu­mero 12-16) su come fare il percorso in modo ineccepibile sotto il profilo del di­ritto internazionale.

Quasi in parallelo, u­no dei padri dell’eu­ro, Paul de Grauwe ha pubblicato, con l’e­conomista asiatico Jumei Ji un lavoro ( Ceps Working Docu­ment

numero 366, 2012) in cui si sottoli­nea come l’Eurozona porta ad oscilla­zione degli spread ben superiori a quanto ci si aspetterebbe. La settima­na scorsa, la stessa Banca mondiale, di solito molto cauta nel commentare le faccende europee (dato che l’Ue ha ancora il 30% dei diritti di voto e 5 componenti del consiglio d’ammini­strazione) ha diramato uno studio an­cora inedito (il Policy Research Working Paper numero 6127) in cui Justin Lin dell’Università di Pechino e Volker Treichel del servizio studi dell’istituto documentano che l’euro ha aggrava­to la crisi del debito sovrano in Euro­pa e la recessione di alcuni Paesi del­l’area.

Il 17 luglio, dall’Università della Sviz­zera Italiana, è arrivato infine un la­voro del cattedratico elvetico più au­torevole in materia di economia mo­netaria, Alvaro Cencini, in cui senza mezzi termini si afferma che all’origi­ne dei mali dell’Italia c’è «una patolo­gia »: il modo in cui è stato allestito l’euro. Senza riforme profonde (non solo dell’Italia, ma dell’intera Eurozo­na), secondo Cencini, non se ne esce. E gli italo-svizzeri spesso ci azzeccano: pensate a Vilfredo Pareto!

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Economisti di Harvard e della Banca mondiale al lavoro sulle ricette per un «percorso ordinato» di uscita dall’Eurozona: molti i 'paper' riservati






Il cancelliere Angela Merkel

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