giovedì 28 giugno 2012

Il piano anti-contagio e i suoi precursori in Avvenire 28 giugno

Il piano anti-contagio e i suoi precursori


DI GIUSEPPE
PENNISI

C
i sono precedenti al «piano anti­spread » proposto dal governo italia­no e che le Germania pare disposta ad accettare? Il principali – ma pochi lo ri­cordano, poiché terminò bruscamente e bru­talmente nel 1970-71– è il «regime moneta­rio di Bretton Woods». Si basava su tassi di cambio fissi che poteva essere soggetti a o­scillazioni molto leggere: ad esempio, il tas­so lira-dollaro Usa era 625 (lire per dollaro) e poteva oscillare tra le 620 e le 630 lire. Atten­zione: l’intero sistema dava la priorità alla li­beralizzazione del commercio internaziona­le (tramite negoziati multilaterali in seno al General Agreement on Tariffs and Trade) e permetteva il mantenimento (coordinato dal Fondo monetario) di controlli valutari.

Allora lo spread non si manifestava in diffe­renziali dei tassi d’interesse sui titoli dello Sta­to, ma in tendenze dei tassi di cambio effet­tivi a travalicare le oscillazioni. Prima di per­mettere una svalutazione (di solito decisa col­legialmente in seno agli organi di gestione del Fondo monetario con la notevole ecce­zione della sterlina nel novembre 1967), si a­veva accesso ad una vasta gamma di facilita­zione creditizie da parte del Fondo per man­tenere il cambio entro il margine di oscilla­zione. Man mano che le facilitazioni supera­vano un certo livello diventavano sempre più onerose e richiedevano come «sottostante» un programma di stabilizzazione da parte dello Stato interessato. Una curiosità: nel 1964-65 l’Italia era alle prese con una crisi va­lutaria e aveva urgente esigenza di supporto creditizio ma, al fine di evitare un program­ma targato Fondo (si era nella prima espe­rienza del centro sinistra), il governo negoziò, con la Banca mondiale, una linea di credito a rapida erogazione (100 milioni di dollari, cifra all’epoca importantissima) per la Cassa del Mezzogiorno. Il sollievo valutario riportò la lira nei margini.

Con le differenze del caso, la proposta di ac­quisto di titoli da parte della Bce ha molte a­nalogie con il meccanismo riassunto: l’inie­zione valutaria serve a calmierare il mercato e riguarda Stati e governi «virtuosi» che pos­sono portare come «sottostante» misure a­deguate. Ciò spiega perché il governo Monti abbia voluto recarsi a Bruxelles con la rifor­ma del mercato del lavoro approvata dal Par­lamento (quali che siano le opinioni sul me­rito) e con la spending review almeno all’ap­parenza ben avviata. Come ai tempi del regi­me di Bretton Woods, senza un «sottostante» di qualità, le iniezioni non curano il malato ma ne alleviano temporaneamente la pena.

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