giovedì 24 maggio 2012

“Attila” diretto da Muti infuoca Roma in Quotidiano Arte 25 maggio

Debutto questa sera al Teatro dell’Opera di Roma “Attila” diretto da Muti infuoca Roma Giuseppe Pennisi Arriva questa sera al Teatro dell’Opera di Roma “Attila” di Giuseppe Verdi con la direzione musicale di Riccardo Muti e la regia di Pier Luigi Pizzi. È un vero evento che il settore “comunicazione” del Teatro dell’Opera ha preparato con grande cura: seminari con esperti in teatro, incontri con gli studenti in università. Occorre dire che si deve in gran misura a Muti la riscoperta di questo lavoro giovanile di Verdi tratto da uno scombinato libretto del tedesco Zacharias Werner, risistemato, alla men peggio, da Temistocle Solera e da Francesco Maria Piave. Il nodo è nello scambio politico tra il generale Ezio che appoggerà Attila nella conquista del resto del mondo se l’unno gli lascerà l’Italia (che intende unificare), ma questa vicenda viene inserita in una riedizione lagunare (siamo ad Aquileia) di Giuditta ed Oloferne; Odabella, con la complicità del fidanzato, irretisce il Re dei barbari e lo ammazza nel sonno. Sotto il profilo musicale è un lavoro ineguale. Rossini (grande linguaccia) parlò “di Verdi con l’elmo in testa”, la critica inglese e francese (dove l’opera approdò in pieno 1848) parlò di “fanfara dei bersaglieri”; non certo un complimento. Pure il benevolo Guglielmo Barblan, nella monumentale “Storia dell’Opera” dalle Utet, scrisse che i “momenti strumentali descrittivi” rimasero “nella testa di Verdi”. Di impianto donizzettiano, presenta grandi arie (quasi sempre con cabaletta finale), un coro importante e concertati di livello. Dà al basso, al baritono e al soprano di coloratura, modo di dare sfoggio al loro virtuosismo. Il tenore ha un ruolo, tutto sommato, secondario. Nella seconda metà dell’Ottocento, quasi sparì dai repertori. Riapparve negli Anni Cinquanta e Sessanta. Negli Usa, diventò un cavallo di battaglia di Justino Diaz e Beverly Sills. In Europa e in Italia, di Samuel Ramey, Nicolai Ghiaurov, Pietro Cappuccilli, Ruggero Raimondi, Christina Deutekom, Cheryl Struder. L’aria più nota è quella “patriottica” (“Dagli immortali vertici”) di Ezio. La scrittura più innovativa, e più difficile, è l’entrata di Odabella distesa su due ottave con do sovracuto da prendere di forza. Sul podio dell’Orchestra dell’Opera di Roma il Maestro Riccardo Muti, raffinatissimo e intenso interprete di tutto il mondo verdiano. Si deve proprio al Maestro Muti, grazie alle sue numerose direzioni di grande successo dell’Attila, la rinascita dell’interesse internazionale su questo sanguigno e “risorgimentale” dramma lirico. La tormentata discesa di Attila in Italia, che culmina in un sogno premonitore e quindi nella sua morte, ha un nuovo allestimento del Teatro dell’Opera firmato da Pier Luigi Pizzi per la regia, le scene e i costumi. Le luci sono di Vincenzo Raponi, i movimenti coreografici di Roberto Maria Pizzuto. Tra gli interpreti Tatiana Serjan nel ruolo di Odabella, Ildar Abdrazakov nel ruolo di Attila e Nicola Alaimo in quello di Ezio (tre voci già applaudite dal pubblico del Costanzi in Moïse et Pharaon di Rossini e Macbeth di Verdi, sempre sotto la direzione del Maestro Riccardo Muti); Foresto è Jean-François Borras, Uldino è Antonello Ceron, Leone è Luca Dall’Amico. Maestro del Coro del Teatro dell’Opera, Roberto Gabbiani. L’Attila, andato in scena per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia nel 1846, è considerato un archetipo del “melodramma risorgimentale”: dietro il vessillo della riscossa romana contro gli unni invasori, le note impetuose di Verdi infiammarono gli animi del pubblico di allora, con un’opera carica di forza e di passione politiche. INDIETRO

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