venerdì 24 febbraio 2012

Ue fra Scilla (decrescita) e Cariddi (rigore) in Avvenire 24 aprile

Ue fra Scilla (decrescita) e Cariddi (rigore) l’analisi

La lettera dei 12 contro il valore «politico» del Fiscal Compact


DIGIUSEPPE PENNISI

L a situazione ha del pa¬radossale: 25 Stati del¬l’Unione europea si apprestano a firmare il trat¬tato sul «Fiscal Compact» (coordinamento delle poli¬tiche di bilancio), mentre 12 Capi di Stato e di Governo (tra i 25) hanno rivolto un appello in favore di politiche di crescita del reddito e del¬l’occupazione, ossia in dire¬zione asimmetrica rispetto al Fiscal Compact, di cui tut¬ti riconoscono una portata recessiva da far tremare an¬che gli Usa.

Come spiegare il pa¬radosso?

C’è una let¬tura puramente poli¬tica: l’accordo, ora diventa¬to 'trattato' (ossia alzato di rango), serve a Angela Merkel (nei confronti di Par¬lamento ed elettorato) e so¬prattutto a Nicolas Sarkozy in vista delle imminenti ele¬zioni presidenziali in Fran¬cia. L’attuale inquilino del¬l’Eliseo non ha molto da mostrare sul fronte interno; punta a presentarsi come il «grande mediatore» che ha salvato l’Ue e la Grecia e di¬sciplinato il 'club med' di I¬talia, Spagna e Portogallo.

Dopo queste scadenze, l’ac¬cordo verrà ratificato, ma u¬nicamente Parigi ha fretta di farlo, prima delle presiden¬ziali. Gli altri prenderanno il tempo che ci vuole: l’entra¬ta in vigore (art.14) è previ¬sta per il primo gennaio 2013 sempre che «dodici Stati dell’eurozona abbiamo per quella data depositato gli strumenti di ratifica». At¬tenzione: dal primo gennaio 2013 varrà unicamente per chi ha ratificato, gli altri non hanno alcuna esigenza di mostrare le loro doti di ma¬ratoneti.

Tra ratifica da parte dei do¬dici avanguardisti (nel lessi¬co di Bruxelles si parla di «pattuglia di avanguardia») e l’entrata in vigore ai fini dell’attuazione ci passerà un anno. Se tutto va bene, il Compact comincerà a fun¬zionare nel 2014. Con l’eco¬nomia e la politica che cor¬rono alla velocità della luce, può essere che nessuno ne senta più l’esigenza. In Fran¬cia, il candidato dell’oppo¬sizione François Hollande dichiara apertamente che se andrà all’Eliseo, farà smon¬tare la partecipazione del suo Stato all’accordo. L’at¬tuale entourage della resi¬denza presidenziale, sus¬surra l’equivalente francese di «passata la Festa, gabba¬to il Santo'» In Germania nel 2013-2014, avranno ben al¬tre gatte da pelare.

I barracuda esperti che han¬no redatto il testo lo sanno. Hanno inserito tante botole per fare crollare il tutto. In primo luogo, pur se diversi articoli fanno riferimento al¬la «Legge Fondamentale Eu¬ropea » (il Trattato di Lisbo¬na), molti la estendono qua¬si da contraddirla e richia¬mano la Corte di Giustizia Europea a dirimere contro¬versie. A città del Lussem¬burgo, sede della Corte, ci sarà molto lavoro, sempre che l’accordo venga ratifica¬to. Non si tratta unicamen¬te di questioni di lana capri¬na, ma di punti fondamen¬tali nei rapporti tra istitu¬zioni europee e Stati nazio¬nali.

Tra l’altro, la formula rive¬duta e corretta dell’art.4 (quella sul debito) contem¬pla che la Corte di Giustizia entri nel merito delle politi¬che di bilancio dei singoli Stati dell’Unione, giudichi e sanzioni. Nessuno Stato fe¬derale (unica eccezione la Germania, ma proprio da questi mesi e con una nor¬ma ancora sperimentale) prevede interventi del gene¬re. Ove fossero auspicabili, si dovrebbe mutare la com¬posizione della Corte perché eminenti giuristi vengano affiancati da eminenti spe¬cialisti di politiche di bilan¬cio e di scienza delle finan¬ze. Ciò richiede di modifica¬re un bel po’ di Trattati in vi-gore.

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