sabato 26 novembre 2011

Il duo Ronconi-Ferro fa centro con Semiramide in Il Sussidiario del 26 novembre

TEATRO SAN SAN CARLO Il duo Ronconi-Ferro fa centro con Semiramide
Giuseppe Pennisi

sabato 26 novembre 2011
Semiramide al Teatro San Carlo di Napoli
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Dopo anni in cui ha viaggiato a scartamento ridotto, a ragione di un situazione finanziaria fallimentare, e la necessità di difficile restauri al manufatto, il Teatro San Carlo ha inaugurato il 18 novembre una stagione con dieci titoli d’opera, numerosi concerti sinfonici e balletti. Parte della stagione è nel delizioso Teatro di Corte, anche esso rimesso a lustro. Opera inaugurale da fare tremare i polsi: “Semiramide”, ultimo lavoro commissionato a Rossini da un teatro italiano (La Fenice).

“Sémiramis”, tragedia in cinque atti di Voltaire, è un apologo della corruzione assoluta derivante dal potere assoluto. Nelle mani del librettista Gaetano Rossi e del trentenne Gioacchino Rossini, cattolico rigoroso nell’osservanza di nove comandamenti (dei dieci nella tavole di Mosè), diventa un dramma passionale. Nell’antefatto, Semiramide ha ucciso il proprio marito Nino, con l’ausilio del proprio amante Assur, che ha fatto anche sparire l’erede al trono, Ninia. Passano anni (e amanti), i sacerdoti impongono alla regina-dittatora di scegliersi un marito per la assicurare la successione.

La scelta piomba sul giovane e bel generale Arsace (richiamato dal Caucaso). Pur se innamorato della fanciulla Arzena, Arsace non disdegna di apprendere dalla più matura regina a fornicare e a dedicarvici parte del primo atto. Nel secondo, però, apprende di essere Ninia: Semiramide e Assur sono, quindi, gli assassini di suo padre (la cui ombra lo tormenta). Decide di vendicarsi dell’uomo e di interrompere il rapporto incestuoso con la regina. Nel buio, però, pugnala a morte la seconda; al primo badano i sacerdoti; con Azema porta pace, e fertilità, al Regno.


Rossini affrontò questo complicato intreccio a tre anni da quel “Maometto” napoletano che cambiò la sua vita professionale: da quattro opere l’anno a meno di una, nonché il ritiro dalle scene a soli 37. Sotto il profilo musicale, la vicenda diventò l’esaltazione del rapporto passionale-carnale (tema già centrale in “Armida” e in “Bianca e Faliero” ma mai più ripreso da Rossini, nonostante l’”opéra érotique”, “Le Comte Ory”). L’opera venne composta su misura per Isabella Colbran (allora prossima alla quarantina ma con cui aveva un rapporto passionale da quando lui era 22enne e lei sui 30 anni, nonché diventata sua moglie dopo averne condiviso il letto con l’impresario Babaja, datore di lavoro di ambedue). “Semiramide” è una “tragèdie lyrique” che precorre il “bel canto” belliniano, nonché nesso essenziale per il melodramma donizettiano e verdiano. Per questo restò in repertorio nell’Ottocento e inaugurò l’Opera di Roma nel 1880.


La versione andata in scena alla Fenice nel 1823 durava quasi cinque ore a ragione di lunghi recitativi parlati (a sipario chiuso) per facilitare i cambiascena. Le registrazioni in commercio vanno dai 180 ai 240 minuti. La prima edizione critica è stata presentata a Pesaro nel 2003 e tocca i 250 minuti. A Napoli, la drammaturgia è affidata a Luca Ronconi, la direzione musicale a Gabriele Ferro (che già nel 1983 ha diretto un’ottima versione a Roma) Ronconi e Ferro hanno leggermente limato l’edizione critica di Gossett e Zedda per portare lo spettacolo a 220 minuti di musica e 20 di intervallo; non allentano i tempi ma accentua gli aspetti passional-carnali e la grandiosità del contesto (eccellenti gli ottoni e l’oboe).
La Babilonia di Ronconi è una landa desolata piena di rovine; si è appena conclusa una guerra ma il conflitto è ancor nelle anime dei personaggi. Il coro è in buca: in effetti, commenta più che partecipa. In scena, la protagonista e le donne del Regno sono in top-less , i protagonisti maschili attorniati da mimi in short. Quindi, un quadro atemporale ma primitivo. Pochi gli elementi scenici; tra essi un divano e specchi per le scene d’amore tra Semiramide e Arsace.

Laura Aikin è Semiramide. Molto intelligente il percorso di questa cantante americana diventata famosa una quindicina di anni fa per i difficili ruoli di coloratura che affrontava (Zerbinetta in “Arianna a Nasso”, la Regina della Notte” ne “Il Flauto Magico”) e ora alle prese con parti di soprano anfibio o “Falcon” in grado di arrivare a tonalità molto gravi. Arsace è Silvia Tro Santaf, ineccepibile contralto spagnolo ma con una personalità meno forte di quella della Aikin. Simone Alberghini è un basso “di agilità” di livello. Una sorpresa: il giovane Barry Banks, poco conosciuto in Italia, ma con un vocalizzo lirico da ammaliare.


Molti applausi a scena aperta. Non numerose le chiamate alla fine perché dopo cinque ore in teatro molti spettatori sono corsi al ristorante.

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