martedì 18 ottobre 2011

L'ORCHESTRA DEL RECIH Il Foglio 19 ottobre

Misha Aster
L’ORCHESTRA DEL REICH
I Berliner Philarmoniker e il Nazionalsocialismo
Varese Zecchini Editore pp. 340 € 25
Le autocrazie,politiche e religiose, hanno spesso saputo apprezzare il valore della musica meglio delle democrazie. E’ stato sovente un apprezzamento opportunistico per la capacità di coesione che ha quella che Papa Benedetto XVI ha definito come la “più sublime delle arti”. Molto è stato scritto sui rapporti tra nazismo, fascismo e comunismo, da un lato, e musica e musicisti, dall’alto. Il lavoro di Misha Aster si distingue da altri , in primo luogo, perché l’autore è uno storico di professione, con grande passione ed esperienza, però, per la musica ed il suo mondo (ha lavorato anche al Teatro La Fenice). In secondo luogo, perché non tenta di abbracciare l’insieme dell’interazione tra nazionalsocialismo, da un lato, ed i musicisti, dall’altro, ma sviscera un unico caso di studio eloquente : quello dei Berliner Philarmoniker che da orchestra organizzata come associazione o cooperativa di liberi professionisti diventò la formazione sinfonica ufficiale del Terzo Reich. In tal senso , è molto differente da un libro di un musicologo italiano che ebbe un certo successo alcuni anni fa: “L’Orchestra del Duce- Mussolini, il Fascismo, il Mito del Capo” di Stefano Biguzzi (pp.180 , Torino, Utet, 2003, € 18). Il saggio di Biguzzi, ricco di aneddoti, esamina le varie correnti (dai tradizionalisti agli innovatori) che si contendevano i favori del Capo del Governo (più vicino alle ardite innovazioni di Malipiero che alla magniloquenza dell’ex-socialista Mascagni): Mussolini si barcamenava tra le varie scuole ma fondò il Festival di Musica Contemporanea di Venezia in polemica con quello (allora nazista) di Salisburgo invitandovi molti compositori considerati “degenerati” in Germania.
Lo studio di Aster ha pochi aneddoti ma molta ricerca di archivio (in gran parte in archivi privati aperti per la prima volta) per documentare la trasformazione di un’associazione/cooperativa di musicisti , guidati da un leader carismatico (ma loro collega) come Wilhelm Furtwängler, ad una struttura fortemente burocratizzata , la Reichorchester, destinata a rappresentare e diffondere “il meglio della Germania” tanto in Patria quanto all’estero. I Berliner Philarmoniker vennero spinti al grande passo poiché proprio nell’anno in cui festeggiavano il cinquantesimo anniversario dalla loro creazione versavano in una gravissima crisi finanziaria. In parallelo, Joseph Goebbles, potentissimo Ministro della propaganda, intuì il potenziale dell’orchestra ai fini sia della coesione interna del Reich che della sua immagine nel resto del mondo. Aster mette in luce il gioco di convenienze reciproche che coinvolse anche musicisti più distanti dal nazismo (e da esso sempre più lontani man mano che si avvicinavano le persecuzioni razziali). Lo stesso Goebbles, tuttavia, aveva di fronte a sé un complesso che poneva limiti alla sua ingerenza: lo comprese a tutto tondo quando, nella primavera del 1934, Wilhelm Furtwängler diede le dimissioni da ogni carica ufficiale a ragione del divieto postogli di eseguire, in forma di concerto, l’opera Mathis der Mahler di Hindemith (la cui prima avvenne quattro anni più tardi a Zurigo). Sotto il profilo burocratico-formale Furtwängler venne sostituito (anzi tra il 1934 ed il 1937 ci fu una serie di successori) ma restò la guida effettiva dell’orchestra, che diresse quando la Reichorchester venne chiamata a rappresentare la Germania in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi. Goebbles, quindi, deve trattare ogni dettaglio con un direttore d’orchestra senza cariche formali, ma potente tanto quanto lui. In grado di difendere i suoi orchestrali (facilitando la fuga all’estero di alcuni loro) sino quando nel gennaio 1945 decide di abbandonare Berlino.
In breve una ricerca storica che si legge come un dramma shakespeariano in cui si confrontano due forti personalità.

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