giovedì 1 settembre 2011

LE INFRASTRUTTURE SALVERANNO L’ITALIA ED IL SUO PIL Il Riformista 2 settembre

I LIBRI DEI MINISTRI- ALTERO MATTEOLI
LE INFRASTRUTTURE SALVERANNO L’ITALIA ED IL SUO PIL
Giuseppe Pennisi
Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il “maledetto toscano” (nel gergo del “camerata”, un tempo, Malaparte), Altero Matteoli, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, rischia di essere lui il protagonista della ripresa. E su di lui, comunque, che saranno puntati i cannocchiali (se verranno risolti i nodi della manovra e si punterà su una politica di crescita). Le privatizzazioni e le liberalizzazioni, infatti, sono difficili da attuare nei tempi e nei modi previsti. Il riassetto della macchina burocratica lo è ancora di più . E’ quindi alle infrastrutture che si guarderà per far sì che l’Italia non abbia più aumenti rasoterra del Pil ma torni a quel 2 per cento l’anno che dovrebbe essere fattibile in un’economia matura.
Gli è appena giunta una conferma proprio da quei nordici che tanto litigano con via Venti Settembre ma che sembrano apprezzare le brecce “sviluppiste” di Porta Pia. Un segnale forte viene proprio dal gruppo di economisti (il CESifo) che lavora più strettamente con Angela Merkel: Pedro Bon e Jenny D. Ligthart della Università di Tilburg i quali hanno pubblicato, nel Working Paper n. 2011-092, un’analisi sui nessi tra le infrastrutture pubbliche, la dinamica dell’output e le regole di pareggio di bilancio. E’ uno studio in gran misura di teoria economica, ma il modello che ne risulta viene applicato ai Paesi Bassi ed alla Germani federale al fine di farne appropriate calibrazione. Contrariamente ai risultati convenzionali se si tiene conto che le infrastrutture beneficiano più generazioni (e generazioni che si sovrappongono le une sulle altre), misure che comportano il pareggio del bilancio hanno effetti negativi duraturi sul ciclo economico; di conseguenza, un appello implicito per la golden rule che esimi dai vincoli le principali opere pubbliche. Altrimenti si resterà molto prossimi a crescita zero, ed a disoccupazione in aumento.
A conclusioni analoghe arriva un lavoro condotta dalla Banca mondiale e della Banca centrale spagnola; ne sono autori Cesara Calderon e Luis Servant (ambedue della Banca mondiale) e Enrique Moral Benito del CEMFI, l’istituto di formazione della Banca di Spagna. E’ in uscita come Banco de Espana Working Paper n. 1103. Esamina il contributo alla crescita del Pil il 88 Paesi nel periodo 1960-2000 tramite avanzate tecniche econometriche. In estrema sintesi, l’elasticità di lungo periodo tra un indice sintetico della dotazione in infrastrutture e la crescita varia tra lo 0,07 per cento e lo 0,10 per cento. Non solo è positiva ma il dato è statisticamente “robusto” al variare delle specifiche della dinamica della crescita e del modo di misurare la dotazione in infrastrutture. Non solo ma nel lungo periodo i parametri non cambiano al mutare di gruppi di Paesi, di dimensione della loro popolazione e dei relativi di sviluppo. In breve, infrastrutture rendono. Lo si sa bene in Italia dove solamente i costi di un’inadeguata logistica pesano, secondo stime indipendenti, per 40 miliardi di euro l’anno (ossia l’equivalente di una maxi manovra).
A dirlo è anche il trinariciuto Fondo Monetario Internazionale del Working Paper No. 11 /37 curato da Annette J. Kojbe, Jim Brumby, Zac Mills. Era Dabla Norris e Chris Papageorgiu, una vera e propria squadra di specialisti: la loro analisi include 71 Paesi (di cui 40 in via di sviluppo) e costruisce un indice sintetico che può essere utilizzato a fini operativi non solo per individuare le priorità nelle infrastrutture da realizzare ma anche nelle riforme per massimizzare i benefici della loro attuazione.



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