mercoledì 14 settembre 2011

LA TRASFORMAZIONE DELL’UNIONE MONETARIA EUROPEA Il Velino 14 settembre

LA TRASFORMAZIONE DELL’UNIONE MONETARIA EUROPEA
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Roma - Le unioni monetarie non crollano da un giorno all’altro. Di noma si trasformano e prendono nuovi assetti che possono durare decenni o anche secoli. Me lo dice un grande esperto, a lungo collega alla Johns Hopkins University e amico: Wilhelm Hankle. Ha assurto notorietà sulla stampa internazionale (e anche su quella italiana) in quanto firmatario del ricorso alla Corte Costituzionale tedesca contro il fondo salva-Stati e gli aiuti alla Grecia, ma nel mondo accademico è apprezzato principalmente per il voluminoso lavoro pubblicato negli Anni Settanta (quando era ancora molto giovane) “Ceasar’s Money”, la migliore storia economica dell’unione monetaria dell’Impero Romano. In breve, il Trattato di Maastricht appartiene al passato; lo ha stabilito la Corte Costituzionale tedesca quando ha sentenziato che il governo della Repubblica Federale deve fare riferimento al proprio Parlamento (e non alle autorità europee) per operazioni (come il salva-Stati) esplicitamente escluse e dal Trattato di Maastricht e dai trattati più in generale su cui si reggono le unioni monetarie.

Ove non fosse stata sufficiente la sentenza della Corte di Karlsruhe, le dimissioni di Juergen Stark dall’esecutivo della Banca centrale europea (dopo una luna guerra solitaria) e la sua sostituzione con Joerg Asmussen mostrano che una fase è finita. La stampa italiana chiama Asmussen “bocconiano” perché ha seguito un corso alla SDA della Bocconi e parla la nostra lingua. Molto più importante il fatto che il suo percorso professionale è stato essenzialmente politico (nella SPD), non viene da una banca centrale e ascolta con particolare attenzione quel 70 per cento circa dei tedeschi che non vogliono “un’unione monetaria di trasferimenti” da chi lavora e produce a chi o non aveva i titoli per fare parte del club o ha fatto la cicala e si trova con l’acqua alla gola inseguito dai creditori. Si aprono differenti scenari. In primo luogo, formalmente l’eurozona può restare quella che è ma il fondo salva-Stati (ove venga completato il processo di ratifica) avrà un ruolo sempre minore e avverrà una progressiva concentrazione di un nucleo centrale attorno a Repubblica Federale- Austria-Finlandia-Slovenia-Benelux e, forse, Francia e gli altri. Già oggi lo spread dimostra che un titolo italiano in euro vale meno di uno tedesco; con 100 euro si compra più e meglio a Berlino e a Francoforte che a Roma o a Milano. Proseguirà il processo di apprezzamento e deprezzamento interni. Tale processo potrà andare avanti per decenni ma alla fine ci si dovrà rendere conto che occorre costruire un sistema europeo simile a quello di Bretton Woods. Pur continuando a parlare di unione monetaria affinché nessuno perda la faccia.
(Giuseppe Pennisi) 14 Settembre 2011 12:00

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