sabato 17 settembre 2011

IL NUOVO OEDIPE AL FESTIVAL ENESCU in Il Riformista del 17 settembre

IL NUOVO OEDIPE DEL FESTIVAL ENESCU
Beckmesser

Bucarest È in corso in Romania il Festival Internazionale Enescu . E’ riduttivo chiamarlo “Festival di Bucarest” (come fanno alcune testate), nonostante gran parte dei giornalisti e dei critici musicali venuti da altri Paesi europei seguono principalmente concerti, opere e balletti nella capitale , i cui palazzi “liberty” stanno trovando l’eleganza di un tempo. Il Festival (che si svolge ogni due anni a ragione dell’impegno produttivo che richiede) ha luogo in diverse città del Paese e offre dal primo al 25 settembre 80 appuntamenti (tre opere, due balletti e soprattutto concerti in cui 26 orchestre locali vengono messe a confronto con grandi complessi internazionali quali la London Symphony Orchestra e i Weiner Philarmoniker.Aò Festival è anche abbinato un concorso internazionale che quest’anno è organizzato in quattro sezioni(per maggiori dettagli sul Festival rinviamo ai siti www.festivalenescu.ro e www.eventim.ro).
Come si è detto oltre ai principali “luoghi della musica” della capitale gli appuntamenti si tengono in diverse località d’interesse storico-artistico, alcune delle quali legate alla vita di George Enescu, cioè le città di Arad, Cluj, Ia i, Sibiu, Timisoara e Târgu-Mure.
Il biennale Festival Enescu è diventato con il Festival delle Notti Bianche, che si tiene ogni giugno a San Pietroburgo, l’evento musicale di maggior di rilievo dell’Europa centrale ed orientale La manifestazione ha anche una chiara valenza politico-culturale : dimostrare come la musica può restituire l’orgoglio di una Nazione come la Romania che ha avuto uno dei peggiori regimi dittatoriali, ponendola al centro dell’Europa occidentale musicale non solamente per un mese ma, attraverso i concorsi internazionali (composizione, pianoforte , violino e violincello) , si irradia per decenni.
Enescu ha studiato a Vienna e Parigi, dove visse gran parte della propria vita e dove morì. A Parigi costituì un trio di successo con Casella e Fournier. Tra le due guerre contribuì a far conoscere in campo internazionale le composizioni della giovane scuola nazionale romena e nel 1923 suonò per la prima volta negli Stati Uniti, a Philadelphia sotto la direzione di Leopold Stokowski. Ebbe tra i suoi allievi alcuni interpreti poi pervenuti a fama mondiale, tra cui Yehudi Menuhin, Arthur Grumiaux , Christian Ferras e Uto Ughi. E’ un compositore internazionale , fortemente impregnato dalla cultura non solo francese ma anche mittleuropea della sua epoca Noto principalmente per le sue composizioni di musica da camera e sinfonica, lavorò per vent’anni ad una sola opera per il teatro “Oedipe”, che in Italia è stata rappresentata un’unica volta, a Cagliari , circa sei anni fa. Pur se ho seguito vari concerti cameristici e sinfonici del Festival è naturale concentrarsi su questo lavoro che il compositore considerava la sintesi di tutti i mezzi tecnico espressivi raggiunti . Viene raramente rappresentato sia per i mezzi che richiede (una grande orchestra sinfonica, un corpo di ballo, 15 solisti, sei cambiamenti di scena in uno spettacolo in quattro atti la cui parte musicale dura circa due ore e mezza). In Italia, la sua messa in scena è considerata tra le determinanti del dissesto finanziario del Teatro Lirico di Cagliari. E’ a Bucarest è in repertorio dal 1958; viene rappresentata ogni anni ed ogni dieci anni circa viene prodotto un nuovo allestimento. Quello presentato la sera del 15 settembre resterà probabilmente in cartellone sino al 2020 o giù di lì.
L’impianto è basato su una scena unica con giochi di luce – quali quelli che si vedevano a Bayreuth dalla fine della seconda guerra mondiale alla metà degli anni settanta. E’ efficace, nonché chiaramente economico. La partitura , ascoltata a Bucarest, mostra l’ambiente culturale in cui nacque più di quanto lo fece la versione “italianizzata” (un più piccolo organico orchestrale) di Cagliari. Su un vasto tessuto sinfonico alla Milhaud si innestano le scritture dello Strauss degli anni trenta (quello per intenderci di “Elena Egizia”) e di Szymasky (specialmente “Il Re Ruggero” recentemente ascoltato a Palermo). Molto sensuale nei primi due atti, drammatico nel terzo, trascendente nel quarto (dove domina il re minore). Di grande rilievo la concertazione di Tiberiu Soare alla guida di un’orchestra dai fiati e dagli ottoni ineccepibili. Tra le voci spiccano quelle maschile – il protagonista Stefan Ignat (già sentito a Cagliari), il Tiresia di Horia Sandu ed il Creonte di Inout Pascu. Ottima Ecaterina Tutu nel ruolo della Sfinge, mentre delude la Giocasta di Oana Andra. Diseguali, ma generalmente buone le altre.

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