giovedì 21 luglio 2011

LE PRIVATIZZAZIONI ED I PRIVATIZZATORI in Il Riformista 22 luglio

I LIBRI DEI MINISTRI-GIANFRANCO ROTONDI
LE PRIVATIZZAZIONI ED I PRIVATIZZATORI
Giuseppe Pennisi
Il Ministro per l’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, fondatore della Democrazia Cristiana per le autonomie, ha bevuto politica con il latte della mamma. Non ha parlato molto , con interviste ed interventi televisivi, ma prima di molti altri colleghi ha afferrato che il programma per essere attuato sino alla fine normale della legislatura necessità un forte impulso dal lato dello sviluppo. Da uomo del Sud, lo sviluppo della produzione e della occupazione sono sempre stati molto vicini al suo cuore. Inoltre, Rotondi conosce i suoi polli: le corporazioni. E’ consapevole che molto o poco si può ottenere sul fronte delle liberalizzazioni. Quindi, è su quello delle privatizzazioni che occorre agire.
Sulla sua, sempre ordinatissima, scrivania sono in bella vista due libri, uno di circa un anno fa ed il secondo appena giunto in libreria. Il primo è di un accademico e manager, prestato più volte alla politica, per importanti incarichi ministeriali, Franco Reviglio: Good-bye Keynes? Le riforme per tornare a crescere - Meno debito, Più Lavoro” pp.144 Milano, Guerini e Assiociati 2010. Il secondo è di un manager- industriale – giornalista (era alla guida de “Il Sole” ad appena 28 anni): Vieri Poggiali: “La Sag(ra) Chimica- Il Caso Montedison” pp.282 Milano, Albatros. Due modi differenti di vedere le privatizzazioni. Il primo è quello dell’uomo di studio diventato operatore. Il secondo è quello del giornalista divenuto anche lui operatore. ”. Nel suo “addio a Keynes”, il socialista Reviglio ricorda alcune cifre che dovrebbero causare imbarazzo. Nel periodo 1990-2006, nell’Unione Europea (UE) sono state effettuate 1.111 operazioni di privatizzazione, con un provento di circa 600 miliardi di euro. Nello stesso arco di tempo, in Italia, si sono avute 139 operazioni (12,5 per cento del totale) con ricavi pari a 137,9 miliardi di euro (un quarto del totale Ue). Ma - si badi bene - partivamo da un’economia con un intervento pubblico più massiccio che in altri Paesi europei. Inoltre, la “curva delle privatizzazioni”, per così dire, mostra un andamento ascendente, specialmente dopo il 1996 (il primo lustro, lo ho illustrato in altra sede è stato essenzialmente di preparazione) con un brusco arresto nel 2006 Il quadro di altri Paesi - si dirà - è meno incoraggiante: negli Stati Uniti, in Francia, in Gran Bretagna, in Spagna, in Portogallo e in Irlanda (per non citare che alcuni tra i casi salienti)- le operazioni di salvataggio allo scoppio della crisi iniziata nel luglio 2007 hanno causato ondate non di nazionalizzazioni anche in Paesi (principalmente gli Usa) di solito restii alle braccia tentacolari dell’intervento pubblico. In Italia, lo abbiamo evitato. Possiamo riprendere la massima di Tevye, il contadino dalle tasche sempre vuote della fortunata commedia musicale Fiddler on the Roof (Un violinista sul tetto): non dobbiamo vergognarcene ma neanche gloriarcene. In effetti, le privatizzazioni sono, con le liberalizzazioni, tra le poche strade possibili per riprendere a crescere - dopo tre lustri di andamento economico.
rasoterra - in un’economia come la nostra schiacciata da un forte peso del debito pubblico.
Poggiali, invece, con uno stile pungente che rendono appassionante la lettura di 300 pagine sviscera quella che è stata, al tempo stesso, la madre di tutte la nazionalizzazioni (la Montedison) ed anche la madre di tutte le privatizzazioni (sempre la Montedison) attraverso un trentennio di guerre chimiche che hanno, in ultima analisi, portato al proprio autodafé, ossia alla scomparsa dell’azienda su u rogo costruitosi con le sue stesse mani. Nei vari capitoli – specialmente eloquente il dodicesimo su “Privatizzazioni e Risse” – si esamina la complessa interazione tra mondo politico e mondo industriale e si riportano alla luce vicende insabbiate con troppa velocità. Quel mondo , e quel modo, di gestire la cosa pubblica e la cosa privata è finito con l’Italia dell’unione monetaria europea oppure occorre trovare antidoti? Rotondi se lo chiede. Lo domanderà pure al suo amico e collega Paolo Cirino Pomicino , Presidente del Comitato tecnico scientifico per il coordinamento in materia di valutazione e controllo strategico.

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