lunedì 17 gennaio 2011

Il futuro dell'euro: per chi suona la campana Ffwebmagazine 17 gennaio

Sei in: Home » Economia
Economia

Un dibattito che dovrebbe vederci partecipare da protagonisti
Il futuro dell'euro:
per chi suona la campana
di Giuseppe Pennisi

Mentre le prime pagine dei “media”, e anche numerose di quelle interne, trattano di veri o presunti festini nelle ville del presidente del Consiglio, il dibattito sul futuro dell’euro, e dello stesso processo d’integrazione europea, pare ristretto a pochi esperti. Dovrebbe, invece, essere il punto centrale di discussione non soltanto di politica economica ma di politica economica e sociale in senso più lato in quanto dal futuro dell’unione monetaria, e quindi del processo d’integrazione europea, dipende il futuro economico e sociale dell’Italia. Oggi, 17 gennaio, si riunisce a Bruxelles, l’Eurogruppo (ossia i 17 Stati che fanno parte dell’eurozona – l’Estonia è entrata nel club il primo gennaio). Domani, sempre a Bruxelles, si svolge la riunione mensile dell’Ecofin, il Consiglio dei Ministri Economici e Finanziari dell’Ue.

Sul tavolo delle due riunioni, ci sono, oltre ai soliti dossier predisposti dalle delegazioni nazionali, almeno tre documenti inquietanti:

Un “briefing” dell’Economist Intelligence Unit riassunto sul settimanale The Economist in edicola il 14 gennaio: il lavoro sottolinea come la crisi del debito sovrano ha causato una divergenza molto marcata tra i tassi d’interesse sui titoli pubblici decennali (al 3% di quelli tedeschi, corrisponde il 4,26% di quelli italiani, ed il 5,% di quelli spagnoli, il 6,8% di quelli portoghesi, l’8,3% di quelli irlandesi e l’11,3% di quelli greci). In effetti dato che i tassi d’interesse rispecchiano il declino nel tempo del valore di una valuta, non solo siamo tornati a una situazione analoga a quella del primo scorcio degli Anni Novanta in termini di differenziali di tassi , mentre allora esistevano più valute in quella che ora è l’area dell’euro ora esistono più euro con valori differenti. Sino a quando può tenere un’unione monetaria a più velocità ed in cui titoli emessi da differenti Tesori hanno valori divergenti?

Il Premio Nobel Paul Krugman ha pubblicato, sempre il 14 gennaio, non un saggio tecnico accademico ma un lungo articolo (ben due pagine del New York Times) in cui documenta come “la ciambella di salvataggio europea” predisposta il 9 maggio e in via di formalizzazione e ampliamento (con l’obiettivo di dare vita a un meccanismo europeo) sia del tutto inadeguata; e tale resterebbe anche se i contribuenti europei fossero disposti (e c’è da dubitare che lo siano) a versare ulteriori risorse nel salvadanaio. Gli stessi “eurobonds” proposti da Tremonti e da Juncker possono essere utili ma non sono la soluzione se il quadro di riferimento (ossia i trattati relativi all’unione monetaria) non cambia

Un lavoro interno della Banque de France ancora inedito: il working paper n. 308 intitolato To Be or Not to Be in a Monetary Union: A Synthesis in cui si compie un’acuta analisi dei costi e dei benefici di un’unione monetaria (ovviamente si tratta di quella europea). La conclusione è che l’unione migliora il benessere, anche a fronte di tassi d’inflazione del 2-3 %, se gli Stati che ne fanno parte riescono a sincronizzare i loro cicli economici. In parole povere, in una situazione come l’attuale - cicli economici chiaramente non sincronizzati e inflazione in rialzo - non è l’ingegneria finanziaria a rinsaldare l’eurozona. L’unione monetaria – ricordiamolo – nasce come proposta della Francia all’unificazione tedesca e al pericolo che la Germania pur di favorire il riassetto e la crescita dei Länder orientali desse meno importanza agli impegni europei, in particolare agli accordi di cambio europei del 1978 e all’accordo del Louvre del 1987. Se anche Parigi dubita, c’è da essere preoccupati.

A fronte di problemi di questa natura, la politica italiana dovrebbe volare: non soltanto sostenere gli “eurobonds” (elemento utile anche se non risolutivo – come riconosce Krugman , economista distinto e distante dalla nostre beghe), ma proporre, da “grande potenza”, un programma articolato d’interventi interni ed europei per fare fronte al “per chi suona la campana”, una vera e propria emergenza.

17 gennaio 2011

Nessun commento: