lunedì 8 novembre 2010

Roma, l’Accademia Filarmonica celebra il crepuscolo del “bel canto” Il Velino 8 novembre

CLT - Roma, l’Accademia Filarmonica celebra il crepuscolo del “bel canto”


Roma, 8 nov (Il Velino) - L'Accademia Filarmonica Romana è una delle più antiche istituzioni musicali italiane. Venne fondata nel 1821, in quello che allora fu un momento di apertura culturale ed intellettuale dello stato pontificio, sulla scia del grande fenomeno del "dilettantismo": giovani esponenti dell’aristocrazia e della nascente borghesia ricevevano di solito una eccellente preparazione musicale, che mettevano poi in pratica coll'eseguire musica appunto "per diletto" nei propri salotti. A fondare la Filarmonica fu un gruppo di nobili e di agiati borghesi guidati dal marchese Raffaele Muti Papazzurri: cantanti e strumentisti "dilettanti" decisi a riunire le proprie energie per l'esecuzione non solamente di brani isolati ma di intere opere liriche in forma di concerto. Ben presto, con il riconoscimento ufficiale dello stato pontificio, nel 1824, la Filarmonica modificò l'assetto di accordo amichevole fra privati, per arrivare ad assumere un ruolo di primo piano nella vita culturale cittadina. Da allora è stata un punto centrale di riferimento nella vita culturale romana. Negli anni Sessanta e Settanta del Novecento diventò la più importante seda italiana dove si “importavano” tendenze cultural-musicali stranieri, mentre l’associazione Nuova Consonanza era il centro della sperimentazione e dell’innovazione.

Nonostante le difficoltà finanziarie, che in questa fase tormentano tutte le attività culturali e non solo, il programma della stagione 2010-2011 prevede in totale 85 spettacoli fra concerti, danza, teatro dislocati in quattro sedi: nelle scuole, al Teatro Argentina, tentando così nuove strade di aggregazione culturale, per fare musica nel tempio della prosa ma recuperando una antica memoria musicale, e le due sedi storiche del Teatro Olimpico e della Sala Casella. Due i Festival: della danza e del quartetto. Cinque le prime esecuzioni assolute: i Concerti sacri di Alessandro Scarlatti nella nuova revisione critica e le novità di Matteo Franceschini, Marco Betta, Matteo D’Amico, Ivan Fedele. Infine due le “prime” italiane: “For you” primo libretto per musica di Ian McEwan, autore britannico tradotto in tutto il mondo, con musica di Michael Berkeley e “Nesci, Maria” dei fratelli Mancuso. Infine, prosegue la collaborazione con Rai Radio3 per la registrazione di alcuni concerti. Tre i temi di fondo: “Con Schubert, inseguire la felicità”, “Roma Capitale Barocca” e “Scommettiamo che” (riservato a cinque pianisti di livello). Il concerto inaugurale del 4 novembre, si inserisce nel primo di questi tre filoni: la prima parte dedicata ai lieder di Schubert e la seconda alle tanto deliziose quanto poco eseguite Soirée Musicales di Rossini. Il tutto affidato a Mariella Devia, soprano di fama mondiale, accompagnata da tre ottimi solisti: il clarinettista Alessandro Carbonare, il cornista Guglielmo Pellarin, entrambi prime parti dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, e Rosetta Cucchi, una delle pianiste più richieste da grandi interpreti e da molti anni pianista di fiducia della Devia.

Con questo programma, Mariella Devia si è cimentata, a 63 anni, in un repertorio mai affrontato a Roma. Di Franz Schubert si sono ascoltati due lieder “Der Hirt auf dem Felsen (Il pastore sulla rupe) D 965” e “Auf dem Strom (Nella corrente) D 943”, entrambi composti nel 1828, l’ultimo anno di vita del compositore di Vienna, e la scena “Vedi quanto t’adoro – Ah non lasciarmi tratto” dalla “Didone Abbandonata D 510”. Delle Soirées musicales si sono ascoltate le otto ariette composte a Parigi fra il 1830 e il 1835, quando Rossini già si era ritirato dalle scene teatrali, scritte su testi di Metastasio e del conte Carlo Pepoli, con temi che spaziano dal romantico al popolaresco, dal puro lirismo fino alla drammaticità. I lieder di Schubert e le ariette di Rossini rappresentano l’ultima manifestazione di un “bel canto” (caratterizzato da un’espressione morbida, flessibile, non veristica, spesso fiorita proprio per essere “bella”) allora al tramonto, soppiantato dalla tragédie lyrique e dal grand-opéra in Francia e da forme differenti di melodramma “nazionale”. Siamo, quindi, al crepuscolo del “bel canto” di cui si può toccare la sua evoluzione verso nuovi stili musicali. Il nome di Mariella Devia è legato, in gran misura al “bel canto”, in particolare alla sua “Lucia di Lammermoor” che ha trionfato in tutto il mondo. Circa tre anni fa ha debuttato, in non giovane età, in un altro difficile ruolo “belcantistico”, quello della donizettiana “Anna Bolena” che da Verona ha portato su vari palcoscenici. Le scelta del programma del 4 novembre (non si sa se verrà replicato altrove) è stata quindi specialmente appropriata per una stella del “belcanto” ormai avviata verso un repertorio per lo più concertistico. La Devia ha sfoggiato il bel timbro, la splendida linea vocale, il legato, il sostegno e il controllo del fiato, la morbidezza degli acuti, il gusto e la musicalità come pure la padronanza della coloratura, unitamente a grande sicurezza tecnica. Applausi e un bis.

(Hans Sachs) 8 nov 2010 12:15

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