giovedì 18 novembre 2010

L'Alice moderna diventa una social opera Il Foglio 18 novembre

18 novembre 2010

L'Alice moderna diventa una social opera
A Palermo va in scena il romanzo di Lewis Carroll destinata soprattutto agli spettatori di domani
L’opera lirica, creata in Italia, nonché strumento essenziale per forgiare l’unificazione nazionale, nell’anno delle celebrazioni per i 150 anni rischia di sparire proprio nel belpaese, mentre fiorisce non solamente in Europa centrale ma anche negli Stati Uniti ed in Asia. Prima che di fondi (e della loro gestione) il problema è di pubblico: pantere grigie, capelli bianchi, pensionati di buon reddito oppure fruitori di biglietti omaggio a vario titolo. La fondazione lirica più attiva nel formare le nuove generazioni al teatro in musica è quella del Massimo di Palermo: non solo ha ogni anno oltre trentamila ragazzi tra i suoi spettatori ma commissiona nuove opere proprio per i giovani, come Alice nel Paese delle Meraviglie di Francesco Micheli e Giovanni D’Aquila.

Non è la prima volta che Alice arriva a Palermo. Nel 1993 per esempio fu eseguita al Politeama Garibaldi, in prima rappresentazione assoluta, l’opera in tre atti Alice di Giampaolo Testoni su libretto di Danilo Bramati. La nuova Alice nel paese delle meraviglie, scritta da Francesco Micheli e Giovanni D’Aquila e in programmazione sino al 19 novembre, non è soltanto composta per Palermo, ma scritta e messa in musica su Palermo e con Palermo. Su Palermo, perché l’azione si svolge nel capoluogo siciliano e Alice è una bambina palermitana d’oggi; con Palermo, perché i primi destinatari sono i bambini, che fanno parte del pubblico ma anche di un gigantesco coro di trecento voci bianche selezionato in tutte le scuole cittadine per affiancare i complessi stabili del teatro. 

Alice però non è stata pensata unicamente per un pubblico di bambini. Già il romanzo di Lewis Carroll è un libro apparentemente per bambini ma diretto (anche nelle sue trasposizioni cinematografiche) principalmente agli adulti.

L’opera in scena è un atto unico di circa un’ora e mezza che, per utilizzare il lessico anglosassone, può essere definita una “social opera”. E’ uno specchio stilizzato e allegorico della società in cui il pubblico della platea, dei palchi e del loggione, vive, lavora, ama e fa, così come La Traviata di Giuseppe Verdi e Francesco Maria Piave. In quanto “social opera” destinata al pubblico di domani, il libretto è attualissimo (pur seguendo il filone del romanzo di Lewis Carrol e mostrandone interi episodi) e pure la partitura è densa di citazioni dalla storia del teatro in musica (dall’Orfeo di Claudio Monteverdi alla Turandot di Giacomo Puccini, passando per Vivaldi, Gluck, Bellini, Rossini, Mozart e ovviamente Verdi, nonché alcune canzoni popolari siciliane e un pizzico di Fabrizio De Andrè). Tutto questo stuzzica la memoria dell’ascoltatore “colto”, ma per quello giovane rappresenta il primo gradino di ciò che potrà gustare più tardi nella vita.


Come appare la Palermo moderna nel sogno di Alice, figlia di un portalettere? Come un mondo dove tutto è superlativo e iperbolico, “ bigger and better”, dalle folle di bambini, conigli, cappellai, regine e carte (la politica). E’ anche il luogo metaforico dove ci sente al centro dell’universo perché ciascun palermitano ha un parente o un amico all’estero. Un omaggio alla città, quindi, e un modo per amarla ancora di più (nonostante i suoi problemi). Vale la pena farla circolare in modo che altri ragazzi e adulti capiscano la magia di Palermo e del teatro in musica contemporaneo.

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© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Giuseppe Pennisi

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