lunedì 27 settembre 2010

I teatri rischiano di chiudere: puntare sulle nuove generazioni può risolvere alcuni problemi Il Foglio 27 settembre

27 settembre 2010
Per la crisi dei teatri chiamiamo i giovani
I teatri rischiano di chiudere: puntare sulle nuove generazioni può risolvere alcuni problemi

Il risvolto delle crisi sono le opportunità che schiudono. In questi giorni, sulla scia delle altre probabilità di messa in liquidazione del Teatro Carlo Felice di Genova (a fronte di costi per 27 milioni di euro, ricavi di appena 3 milioni, un debito patrimoniale di 16 milioni, soci privati che scappano) e delle difficoltà in cui si dibattono altre dieci fondazioni lirico-sinfoniche (su 14), si dovrebbero fare proposte innovative sotto il profilo sia organizzativo sia artistico. Alcune sono state delineate su Il Foglio del 9 settembre; riguardavano principalmente il riassetto del settore nel medio periodo (e nell’ambito dei regolamenti a cui sta lavorando il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali).
Nell’immediato, però, circa 4500-5000 persone rischiano di trovarsi senza lavoro ed , in gran misura, senza ammortizzatori sociali. Nelle “le masse tecnico artistiche” ci sono (come in altri settori) lavativi e fannulloni. Tuttavia, c’è il rischio che mentre il settore si riorganizza, l’Italia perda capitale umano in una delle forme artistiche italiane maggiormente diffuse nel mondo. Alcuni prenderanno la via dell’estero come hanno già fatto in molti (Germania, Usa, Giappone). La professionalità di altri minaccia di deteriorarsi poiché quello umano è l’unica forma di capitale che se non utilizzato, si sfarina. La crisi dei teatri potrebbe essere il grimaldello non per una mera estensione di ammortizzatori (quali cassa integrazione in deroga) al comparto ma per quella riforma degli ammortizzatori che è bloccata non solo dai vincoli di bilancio ma anche da particolarismi sindacali (fortissimi in un settore in cui la rappresentanza è molto frazionata).

Nel breve termine c’è anche un’altra misura: puntare sui giovani, spesso in Italia spiazzata dalla gerontocrazia che si annida nel settore.Due esempi recenti, si sono visti ed ascoltati alla Sagra Musicale Umbra sui “pellegrinaggi dello spirito” ed al Teatro Massimo di Palermo. Alla manifestazione umbra, si è risposto alla riduzione dei finanziamenti, pubblici e privati, affidando il concerto iniziale alla la Gustav Mahler Jungendorchester , creata nel 1986 da Claudio Abbado e ora guidata dal 28enne David Afkham. Centodieci giovani mediamente sui 23 anni hanno eseguito al Teatro Morlacchi due composizioni di non poca difficoltà: la sinfonia tratta dai tre preludi di Mathis der Mahler di Paul Hindemith e la Sinfonia n.9 in re minore di Anton Bruckner. Il Morlacchi è una cassa armonica in legno pregiato per 700 spettatori. I centodieci strumentisti affollavano un palcoscenico di modeste dimensioni ed utilizzato principalmente per la prosa. Nei loro smoking (per i ragazzi) ed abiti lunghi (per le ragazze) guidati da un giovane spilungone alle prese con il dramma del ruolo dell’intellettuale in politica nella prima parte e dell’incontro di un artista con Dio nella seconda, ce la mettevano tutta con entusiasmo che sprizzava dai ricci di molti di loro. Al termine del concerto, dieci minuti di applausi mentre i ragazzi , per la gioia, si abbracciavano e chiamavano, battendo i piedi, il loro maestro concertatore.

Nel “Barbiere” palermitano Figaro è un “precario” che mette le sue doti al servizio dei potenti sia al tramonto (Don Bartolo, Don Basilio) sia emergenti (Almaviva e , soprattutto, la pepata Rosina). Siamo all’inizio dell’Ottocento come lo vedrebbe Mirò , ma come lo metterebbe in scena Almodovàr (la regia è del 38nnei Francesco Micheli). Siviglia ha colori sfavillanti, i costumi , in sgargiante shantung di seta, di Figaro (in rosso), di Almaviva (blu) e di Rosina (in giallo) contrastano con il nero di quelli di Don Bartolo e Don Basilio. Una lettura nuova che non tradisce lo spirito (e la lettera) del libretto e dello spartito, ma ne mostra i lati più moderni.

Gli aspetti musicali sono affidati a cinque giovani: concerta con entusiasmo ed allegria il trentenne Michele Mariotti. Hanno solo qualche anno più di lui lo scatenato Figaro di Fabio Maria Capitanucci e l’atletico (anche vocalmente) Dmitry Korchak . Ventottenne la bella e brava Ketevan Kemoklidze che, di fatto, debutta in Italia dopo avere vinto il concorso Operalia. Loro coetano, ma truccato da anziano, Nicola Alaimo (Don Bartolo) mentre Don Basilio è il cinquantenne Simone Alaimo. Cachet forse sparagnini ma tournee e DvD in vista . Ed una prima al Massimo pieno di giovani.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Giuseppe Pennisi

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