sabato 25 settembre 2010

C’E’ UNA “CABINA DI REGIA” SULLE VALUTE? Avvenire 25 settembre

C’E’ UNA “CABINA DI REGIA” SULLE VALUTE?
Giuseppe Pennisi
E’ cominciato tutto in Estremo Oriente- segno eloquente di come sono cambiati i tempi perché in passato le tensioni valutarie iniziavano di solito sull’Atlantico. Mercoledì scorso , 15 settembre, la Bank of Japan è intervenuta alla grande sul mercato dei cambi- la prima volta in oltre sei anni. In una sola giornata, Tokio ha venduto l’equivalente di circa 22 miliardi di dollari al fine d’arrestare un apprezzamento strisciante della moneta dell’Impero del Sol Levante. Il Ministro delle Finanze, Yoshihiko Noda, ha dichiarato che la misura era diretta ad impedire che l’aumento del valore internazionale della divisa frenasse la crescita del Paese. La settimana si è chiusa con un’altra impennata dello yen. E la crescita? Dopo un decennio di sonno profondo il Giappone sembra stare per svegliarsi: i pre-consuntivi del 2010 indicano un aumento del Pil del 2,8%, che rischierebbe di scendere all’1,4% nel 2011.
Il Presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Jucker, ha rilasciato una dichiarazione per affermare che l’area dell’euro non è d’accordo con interventi “unilaterali” sui tassi di cambio. Solo pochi giorni prima , l’Ecofin – ovviamente in via unilaterale- ha varato nuove istituzioni per il monitoraggio delle transazioni finanziarie in Europa ed, a ruota, la Commissione Europea un programma di contenimento di operazioni allo scoperto e di controlli sui derivati. Queste misure tendono a rendere più appetibili le attività in euro.
Tokio sta agendo senza un’intesa preventiva o nel quadro di un accordo più vasto ? Il giorno dopo l’inizio degli “interventi” del Giappone, il Segretario al Tesoro Usa , Timothy Geithner, ha tenuto un’audizione al Senato: non un commento su quanto in corso nel Sol Levante ma colpi di mascella alla Cina e richieste di rivalutazione dello yuan.
Di norma, le monete non ballano da sole. Una fonte del Tesoro Usa che non desidera essere citata conferma che “una cabina di regia” c’è ma non precisa il grado di coinvolgimento dell’Ue e dell’Eurogruppo. L’Europa ha 9 seggi su 24 nel Consiglio d’Amministrazione del Fondo monetario internazionalr, ma raramente i rappresentanti del Vecchio Continente, che potrebbero controllare l’istituto, agiscono in maniera coordinata.
L’obiettivo delle operazioni sullo yen e dei colpi di mascella allo yuan è quello di giungere ad un riassetto dei cambi prima dell’inizio delle riunioni preparatorie (G7, G24, vari “caucus” ossia gruppi regionali) dell’assemblea annuale del Fmi e della Banca mondiale. C’è un nesso tra le misure degli ultimi dieci giorni , e quelle che si vedranno nelle prossime settimane. Mentre sulle piazze asiatiche si cerca un riequilibrio tra cambi nominali, cambi effettivi (ed in una più lunga prospettiva parità di potere d’acquisto e squilibri dei conti con l’estero), in Europa l’obiettivo è quello di mettere ordine nel settore bancario e nel mercato finanziario in senso più lato. In effetti, i nodi di fondo sono un’economia reale in cui i trattori sono Stati Uniti ed Asia (tranne Giappone) ed il trainato è la vecchia Europa. Il riassetto dei cambi e la riorganizzazione del mercato finanziario europeo vengono visti come ingrediente essenziale per un percorso più equilibrato (dell’attuale) per uscire dalla crisi. E’ banale pensare che non ci sia una “cabina di regia” dato che si sta operando come se ci fosse stato un nuovo “accordo del Plaza” (concluso il 22 settembre 1985) tra quelli che allora erano i Cinque Grandi in cui Germania e Giappone si impegnarono a ritoccare i cambi ed accelerare la crescita. Oggi non c’è esigenza di un incontro furtivo di sabato ed in una stanza d’albergo. La telematica fa questo e altro. E’ interessante capire se anche l’Europa dell’euro (e l’Italia) fanno parte della “cabina” o ne sono stati lasciati fuori.

Cosa è il carry trade

Quando si parla della bilancia dei pagamenti del Giappone (all’ultima conta, un attivo pari al 3,4% del Pil mentre quella dell’area dell’euro sono in sostanziale pareggio e gli Usa espongono un disavanzo del 3,2% del prodotto interno) e del ruolo dello yen nel sistema monetario internazionale , ricorre spesso la locuzione carry trade. Pochi lettori, anche attenti ai temi economici, sanno di cosa si tratta. In breve, è una strategia in base alla quale un operatore vende divise di un Paese a bassi tassi d’interesse ed utilizza il ricavato per acquistare divise di un Paese a alti tassi d’interesse): se l’operazione è effettuata con una forte leva finanziaria, i ricavi possono essere elevati. Da almeno 15 anni il carry trade ha caratterizzato le transazione tra dollaro Usa e euro, da un lato, e yen, dall’altro poiché il Sol Levante ha tenuto una politica di tassi d’interesse bassissimi (ora i titoli di Stato decennali hanno un tasso dell’1% l’anno) ed a volte anche negativi, con l’obiettivo (peraltro mancato) d’attivare crescita economica. Il carry trade non è privo di rischi: il maggiore è la fluttuazione dei cambi. Dati della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) indicano una contrazione proprio in concomitanza con gli interventi della Banca del Giappone diretti a frenare l’apprezzamento dello yen.

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