martedì 17 agosto 2010

MUTI E LO ZAR DEPARDIEU INFIAMMANO SALISBURGO Avvenire 17 agosto

Giuseppe Pennisi

Per celebrare il novantesimo compleanno, il Festival di Salisburgo ritrova la propria matrice iniziale: la manifestazione iniziò il 22 agosto 1920 con la rappresentazione del dramma religioso in versi Jedermann (“Ognuno”) di Hugo von Hoffannsthal di cui quest’anno vengono offerte 12 repliche (sino al 30 agosto) nel sagrato del Duomo e altre 10 in una versione modernizzata nello stadio della città. Il tema della manifestazione (che offre circa 200 rappresentazioni su sei settimane) è “Dio e l’Uomo:la fine del mito dallo spirito della musica”. La musica – ha ricordato più volte Benedetto XVI-è l’arte che più ci avvicina all’Alto (e ci allontana, quindi, dal mito).
Nel fine settimana di Ferragosto, nella vasta offerta del Festival, hanno spiccato tre apologhi: oltre a Jedermann, capolavoro che può essere fruito solo da chi conosce il tedesco poiché nel sagrato del Duomo, non può essere presentato con sovra titoli, l’oratorio di Serghei Prokofjev Ivan Il Terribile e l’opera di Alban Berg Lulu. Il lavoro di Prokovjev, composto durante la seconda guerra mondiale, non poté essere eseguito sino al 1958 in quanto lo Zar viene presentato potente con i Bojardi (per unificare la Russia, respingendo i tartari) ma umile di fronte a Dio – aspetto che Stalin non poteva gradire. Riccardo Muti ha guidato con energia i Wiener Philarmoniker, il coro dell’opera di Vienna e il coro di voci bianche di Salisburgo. Gérard Depardieu era lo Zar , tormentato da dubbi (ruolo ovviamente recitato non cantato). Olga Borodina e Ildar Abdrakazov sono i due protagonisti vocali. Magnifico il suono di orchestra e cori. Sontuose le voci. L’oratorio viene replicato tre volte. Alla prima, la mattina di Ferragosto, il pubblico è esploso in una lunga “standing ovation”- tutti insieme ad applaudire. Ci si augura che l’iniziativa venga ripresa in Italia, anche a ragione del ruolo che Muti assumerà al Teatro dell’Opera di Roma.
Anche “Lulu” è un apologo morale, nonostante la scabrosità di situazioni e scene. Berg la lasciò incompleta; viene presentata la versione in cui il terzo atto è orchestrato da Friederich Cerha (come lo scorso aprile alla Scala) . Si articola su una serie di base (si bemolle, re, mi bemolle, do, fa, mi , fa diesis, le, sol diesis, do diesis, si) dalle quali Berg fa derivare altre forme associate ai singoli personaggi, come nei leit motive wagneriani. Nella complessa trama, che spazia tra Germania, Francia e Gran Bretagna degli anni Trenta, Lulu, pur restando interiormente innocente, è una divoratrice di uomini e pure assassina; con la propria ambiguità, rispecchia una società priva di valori, giunta al collasso finanziario, politico e morale. In tale contesto di questo collasso muove i primi passi in un circo (dove è una starlette), ascende ai piani alti della società e finisce nelle mani di Jack lo squartatore. Lo spettacolo è coprodotto dai teatri di Ginevra e Barcellona (dove si vedrà in autunno). La regia di Vera Nemirova, le scene di Daniel Richter e i costumi di Klaus Novack riproducono il clima dell’epoca e regalano quattro ore di teatro in musica modernissimo e di grande livello. Di rilievo la direzione artistica di March Albrecht: i Wiener Philarmoniker coniugano dodecafonia con sinfonismo e con richiami a forme musicali “chiuse” anche antiche, senza mai sovrastare le voci e permettendo di apprezzare ogni sfumatura del testo. Nel cast – 15 solisti per oltre 30 ruoli- spicca Patricia Petibon

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