martedì 17 agosto 2010

LA TARTARUGA E LA LEPRE Avvenire 17 agosto

Giuseppe Pennisi
Il sorpasso era annunciato da anni. Già nel 1998, ad esempio, Jeffrey Williamson lo aveva anticipato in un saggio intitolato “Transizione demografica e miracoli economici nell’Asia emergente”. La crescita della popolazione attiva, e quindi della forza lavoro, è infatti una delle determinati principali del motore del Pil. Previsto ma non nei termini in cui si è verificato l’andamento del Giappone: si pensava ad una rallentamento non ad un vero e proprio letargo in un arcipelago di 130 milioni di persone (336 per chilometro quadrato, montagne ed acque comprese).
La demografia è stata una delle cause . Nel 1989, la popolazione giapponese con più di 65 anni alle spalle era il 12% del totale; è diventata il 22% nel 2007 e supererà il 25% nel 2030. Nonostante i tentativi di favorire un “invecchiamento attivo” , ciò ha riflessi sulla spesa pubblica (e privata) per pensioni e sanità e comporta un ristagno della produttività.
L’altra causa principale a che vedere con la politica economica. Sia interna sia internazionale. Sotto il profilo interno, il “miracolo economico” giapponese, al pari di quello italiano e tedesco, si fondava su risorse umane non utilizzate o mal utilizzate negli delle guerra mondiale ed in quelli ad essa immediatamente precedente: questa risorsa è progressivamente venuta meno perché dagli Anni 80 il sistema d’istruzione e di formazione non si modernizza. L’altra leva era l’export, pure grazie ad un tasso di cambio volutamente sotto prezzato. Gli “accordi del Plaza” del 1985 hanno comportato un riallineamento dello yen e, quindi, smorzato e progressivamente eliminato questo motore della crescita nipponica.
LA LEPRE
Giuseppe Pennisi
All’inizio degli Anni Settanta, l’allora Ministro degli Esteri francese Alain Peyrefitte pubblicò un voluminoso saggio prendendo come titolo una frase di Napoleone Bonaparte “Quand la Chine s’évelliera, le monde tremblerà” (“Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà). La Cina si è svegliata con le “quattro liberalizzazioni” della seconda metà degli Anni Ottanta. Anche se – amava ricordare il maggior esperto al mondo di queste materie, il compianto Angus Maddison- la contabilità economica nazionale cinese è sospetta , la crescita del pil del 10,3% negli ultimi 12 mesi (dopo che, nel triennio della crisi mondiale era diminuita dal 9,9% all’8,7% l’anno) suggerisce che il nuovo Impero sta galoppando e con i suoi 1,3 miliardi di persone arriverà tra due-tre anni ad un Pil analogo a quello degli Stati Uniti. La produttività che in Europa ristagna (ed in Italia diminuisce) è cresciuta, secondo i dati ufficiali, del 17% l’anno dal 1995 al 2002 e da allora ad un più modesto 8,7% l’anno. Un miracolo economico che ha ancora una volta al suo centro l’avere reso, con una politica di liberalizzazioni (densa di iniquità), centinaia di milioni di lavoratori in precedenza non produttivi.
La galoppata continuerà? Gli esempi storici indicano che gli effetti di aver produttive risorse umane in precedenza non produttive si esauriscono in una o al massimo due generazioni. La Cina , poi, è disperatamente priva di risorse naturali (in primo luogo di acqua), ha una lingua scritta (che una minoranza decifra) ma ha almeno quattro famiglie di lingue parlate, ed una politica demografica il cui esito è che ci sono almeno 100 milioni di giovani uomini in età riproduttiva in più delle coetanee di genere femminile. Nessuno sa quante guerre e guerriglie sono in corso e quale è stato il destino degli 80 milioni di disoccupati nel settore industriali “rilocati” in campagna nel 2008-2009.

Nessun commento: