venerdì 14 maggio 2010

CLT - Musica, Santa Cecilia dà il via alle celebrazioni mahleriane Il Velino 14 maggio

CLT - Musica, Santa Cecilia dà il via alle celebrazioni mahleriane


Roma, 13 mag (Il Velino) - Quando nel dicembre 2002 a Roma c’è stata l’inaugurazione ufficiale del Parco della Musica, l’auditorium principale è parso allestito appositamente per i grandi lavori sinfonici di Gustav Mahler. La sala “Santa Cecilia” ha oltre 2700 posti ed è disegnata per organici orchestrali smisurati e complessi corali vastissimi. Con la sua struttura a forma di liuto, poco si adatta a rappresentazioni semi-sceniche di opere liriche . Con le sue dimensioni è impraticabile per la cameristica (a cui è destinata la sala “Settecento”) e buona parte della sinfonica pre-beethoveniana (Haydn, Mozart) si ascolta meglio nella più raccolta sala “Sinopoli” (per 1200 posti). Nell’attuale stagione e nella prossima, Mahler sarà il grande protagonista nella sale che paiono concepite per i suoi lavori, in particolare le sinfonie. Nel 2010 ricorrono 150 anni dalla nascita e nel 2011 i cento anni dalla morte del compositore austriaco e l’Accademia di Santa Cecilia ne presenterà tutte e le nove sinfonie (della decima esistono solamente schizzi) che sono state la base di rifacimenti anche contemporanei da parte di numerosi compositori. Già in passato l’Accademia aveva presentato l’integrale di Mahler. Si trattò, però, di un progetto articolato su vari anni, dall’autunno 1997 al maggio 2005. L’allora direttore principale dell’Accademia, Myung-Whun Chung, guidò l’integrale, ma altri concerti mahleriani sono stati diretti da Yuri Temirkanov, James Colon, Daniele Gatti, Kent Nagano, Roberto Abbato, Leonard Slatkin, Lorin Maazel, Zubin Metha, Gary Bertini, Michael Tilson Thomas, Paavo Järvi, e Claudio Abbado (in ordine rigorosamente cronologico). Era allora mancato all’appello uno dei più grandi interpreti di Mahler, Giuseppe Sinopoli: avrebbe dovuto dirigere la “Nona” nel novembre 2002 ma se ne era andato un anno e mezzo prima.

Nato in Boemia nella seconda metà dell’Ottocento; costruitosi una prima carriera a cavallo tra l’impero tedesco (sempre più dominato dalla Prussia) e la monarchia austro-ungarica; stabilitosi a Vienna proprio mentre un secolo stava per terminare l’altro per iniziare; esiliatosi, poi, a New York per fuggire dagli intrighi di una società che stava sul punto di suicidarsi; rientrato a Vienna solo in tempo per morirvi, Mahler esprime la crisi della cultura occidentale a cavallo tra due epoche. E’ stato direttore d’orchestra acclamato e innovativo, in quanto volto alla rigorosa interpretazione della partitura senza abbellimenti da parte degli interpreti. In effetti, in vita, Mahler venne apprezzato più come concertatore che come compositore, in quanto troppo netta era la rottura sia nella sinfonia (dove venivano introdotti elementi folkoristici e popolari, oltre alla voce umana) sia nel lieder (dove il canto veniva giustapposto al grande organico). L’Olanda diventò la roccaforte degli stimatori delle sue composizioni. La sua musica, messa al bando, in Germania nel 1933, è tornata ad essere eseguita con frequenza dalla fine degli anni Cinquanta, non solo grazie ai suoi allievi (Walter, Kemplerer) e alla nidiata di giovani concertatori (Kubelik, Bernstein, Solti, Haitink), ma pure a ragione della stereofonia che ha reso possibile la realizzazione del concetto mahleriano di suono spaziale.

Mahler è stato partecipe attivo dei movimenti culturali al tempo stesso più nuovi e più tormentati del suo periodo (in primo luogo la “secessione” in architettura e nelle arti figurative). Lo raffigurano bene le riproduzioni di Klimt nel cofanetto di fine anni Sessanta in cui sono raccolti 14 long-playing delle sinfonie dirette da Kubelik alla guida dall’orchestra della radio della Baviera. Avido lettore di Dostojevsky, di Nietzche e, ovviamente, di Goethe, nonché accompagnato da una vita interiore complessa (da una conversione di maniera al cattolicesimo, al complicato rapporto con la giovane e bellissima moglie Alma Schindler), Mahler rappresenta più di altri le difficoltà del percorso dell’intellettuale mitteleuropeo agganciato a un passato sul punto di scomparire e rivolto verso un futuro da contenuti e contorni ancora non definiti. A titolo di raffronto, Richard Strauss è stato anche lui espressione di una crisi di transizione, almeno sino ad “Elektra”. Già con il “Rosenkavalier” mostrò di avere meravigliosamente metabolizzato il passaggio del tempo. Con “Ariadne auf Naxos” e “Die frau ohne schatten” (rispettivamente, trionfo dell’eros sulla morte e inno alla paternità e alla maternità) provò di aver superato ogni tremore e di essere tra gli intellettuali del XX secolo che guardavano con una punta di ironica melanconia al XIX. Nell’immaginario del pubblico meno accorto, Mahler condivide, con Wagner, una leggenda: quella di essere stato un compositore fluviale. Al pari di Wagner, Mahler compose relativamente poche ore di musica. Wagner rivoluzionò il teatro in musica, ove non la musica occidentale in tutti i suoi canoni, con 13 drammi e pochissime composizioni orchestrali.

Mahler ci ha lasciato appena dieci sinfonie, di cui l’ultima incompiuta e 43 lieder (uno in meno di quelli contenuti nel solo ciclo del “Libro dei lieder spagnoli” di Hugo Wolf): numero modesto rispetto a quelli di Schubert, Schumann e Brahms. Mahler, tuttavia, rivoluzionò la sinfonia togliendola dalle strutture formali rimaste sostanzialmente immutate da Haydn a Beethoven, aggiungendovi voci e cori e fondendola con il lied (si pensi al quarto tempo della seconda, della terza e della quarta sinfonia, nonché al quinto della terza). Una concezione nuovissima: Luigi Rognoni ha scritto efficacemente che così come Wagner introdusse la sinfonia nell’opera, Mahler introdusse l’opera nella sinfonia. Nella specifica forma del lied, poi, innovò la struttura mettendo la voce a confronto dell’enorme organico orchestrale post-wagneriano. Inoltre, nelle prime quattro sinfonie è presente quella “musica a programma” (i “poemi sinfonici” nel lessico italiano) che Mahler affermava di respingere in toto.

Il concerto inaugurale al Parco della Musica è stato diretto da Antonio Pappano il quale, nell’arco del progetto, dirigerà cinque delle nove sinfonie (le altre quattro sono affidate a Mikko Franck, Andris Nelsons e Valery Gergiev), con solisti di lusso (Nicole Cabell e Maria Radner) e il coro guidato da un Ciro Visco in gran forma. E’ stato aperto non dalla prima sinfonia (“Il Titano”) che verrà eseguita nel marzo 2011, ma dalla seconda, “Resurrezione” , enorme lavoro di fine Ottocento che in sei movimenti celebra il trionfo sulla morte. Nonostante la sua grandiosa conversione al cattolicesimo (una mossa necessaria per diventare direttore della Staatsoper di Vienna), Mahler non è mai stato credente né della religione ebraica della sua famiglia, né di quella cristiana adottata con grande pompa, preferendo sempre abbracciare il panteismo. Pappano ha mostrato tutto il proprio temperamento drammatico dando alla sinfonia quasi i tempi e l’afflato di un’opera d’inizio Novecento. Una chiave di lettura apprezzata dal pubblico che l’ha salutata con vere e proprie ovazioni.

(Hans Sachs) 13 mag 2010 14:45

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