lunedì 15 marzo 2010

Ma l'economia sta passando dal “vizio” alla “virtù”...Ffwebmagazine 15 marzo

E ormai siamo entrati in un gioco irreversibile, quello della moneta unica
Ma l'economia sta passando
dal “vizio” alla “virtù”...
di Giuseppe Pennisi Il 15 marzo, comincia a lavorare a Roma la consueta missione annuale del Fondo monetario internazionale (Fmi). Resterà in Italia le solite due settimane, scambiando idee con esponenti del Governo, dell’opposizione, della pubblica amministrazione, degli imprenditori, del settore finanziario, dei sindacati. Il calendario della missione viene, di norma, stabilito con almeno un anno d’anticipo. Questa volta coincide con le ultime due settimane che precedono elezioni a carattere amministrativo (quelle per il rinnovo degli organi di governo delle Regioni); sarebbero dovute essere due settimane dedicate ai temi del governo regionale (soprattutto sanità, ambiente, industria, agricoltura, beni ed attività culturali), ma sono state trasformate in una campagna d’odio contrappuntata da scandali, veri o presunti, di ogni ordine e grado.

Tale campagna e gli scandali turberanno i lavori del Fmi? Se si guardano, con gli occhiali dell’economista, le vicende esplose nelle ultime settimane in comparti che vanno dai mattoni e calcestruzzo dei “grandi eventi” (la “old economy”) alle reti immateriali (ma molto corpose) della telefonia e del web (la “new economy”), non ci si strappano i capelli e non ci si rotola per terra. Si nota, invece, con una certa soddisfazione, che l’Italia sta traghettando dal percorso predeterminato (nel linguaggio degli economisti neo-istituzionali) del vizio alla strada, irta e in salita, della virtù.

Douglas C. North ha ottenuto il Premio Nobel per un libro di 120 pagine in cui si teorizza e si documenta che quando le nuove prassi (virtuose) cominciano a prendere piede, le vecchie (peccaminose) si irrigidiscono, si approfondiscono, si espandono per frenare il cambiamento delle regole implicite (e per questo tanto più cogenti) e arraffare l’arraffabile.

In certi casi, il “vizio” la vince sulla “virtù”. Nella maggioranza delle esperienze storiche (è sempre North a dimostrarlo) si tratta di vittorie di Pirro perché se sostenuta con politiche appropriate, la risata finale, per mutuare dal linguaggio di Falstaff (uno che si intendeva sia di peccati sia di buone azioni), la fa la virtù. Un esempio tra le centinaia che si potrebbero citare, negli Anni Sessanta, la Corea del Sud veniva classificata come il paese più corrotto al mondo e definita dalla Banca mondiale come “un caso maltusiano di sottosviluppo incrementale” (ossia sempre peggiore) in un paludato volume della Johns Hopkins University Press. Oggi, la Corea del Sud ha un reddito pro-capite analogo a quello dell’Italia; l’anno scorso è stato, dopo la Cina, il paese con il maggior numero di brevetti al mondo; è infine in posizione elevata nella graduatorie della virtù pubblica e privata, elaborate da Transparency International.

Come si passa dal percorso del vizio alla via della virtù? In primo luogo, con “incentivi a basso potenziale” (nel gergo degli economisti): determinanti come l’istruzione diffusa, una stampa libera, corpi intermedi che inducono a cambiare strada perché nel lungo termine ciò è nell’interesse di ciascun agente economico (individuo, famiglia, impresa, pubblica amministrazione). Tali “incentivi” sono già in atto in Italia ma operano nel lungo termine e possono essere distorti (ad esempio, una stampa “etica” e “moralista” frena quella libera e incoraggia il vizio, anche non volendolo).

Sono, quindi, necessari “incentivi a forte potenziale” che operano più speditamente (e mal si prestano ad utilizzazioni improprie): un arretramento della macchina pubblica, un drastico spianamento dell’Himalaya normativo, una Legge costituzionale che fissi un termine temporale a qualsiasi forma di regolazione – tutto ciò al fine di ridurre le opportunità (e le tentazioni) per la miriadi di Azzeccagarburgli, gli alleati più fedeli del vizio.

Ma anche tale incentivi non bastano; nel lessico della teoria dei giochi sono necessari “giochi a presa in ostaggio” e “giochi irreversibili”. Nei primi, chi bara subisce la sanzione di essere bandito dal partecipare a ulteriori partite. Nei secondi, si è alle prese con decisioni immutabili. In Italia, c’è ancora difetto di “giochi a presa in ostaggio”, in quanto un buonismo falsamente ammantato di spacconeria porta anche ad ammirare chi fa il furbo.

Siamo, però, entrati da più di dieci in un gioco “irreversibile” - quello della moneta unica - in base al quale o adottiamo prassi migliori di quelle degli altri dell’area oppure affondiamo. La gran parte di italiani che rischiano di affondare a ragione del vizio di pochi è pronta a mettere questi ultimi al loro posto. Perché ciò avvenga, però, occorre che magistratura, media e pubblica opinione non facciano un gran falò tra reati accertati, malaffare, malcostume e chiacchiere da bar. Altrimenti, si finisce in notte e nebbia – il miglior alleato del vizio, quello che lo fa resistere più a lungo anche se è sulla via della sconfitta.

15 marzo 2010

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