sabato 13 febbraio 2010

SULLE PENSIONI L’UE GUARDI L’ITALIA Il Tempo 13 febbraio

SULLE PENSIONI L’UE GUARDI L’ITALIA
Giuseppe Pennisi
Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha posto sul tavolo dei Capi di Statoedi Governo dell’Unione Europea (UE) il nodo dell’invecchiuamento della popolazione e , quindi, dell’onere che la crescente spesa previdenziale pone al Continente non solamente in termini di distribuzione delle risorse pubbliche tra le varie esigenze della collettività ma anche e soprattutto di effetti sull’economia reale.Proprio da poche settimane, un nuovo rapporto Ocse ha sottolineato come senza modifiche all’età effettiva di pensionamento l’Europa avreà una palla al piede che ne rallenterà ulteriomente la crescita e ne frenerà la ripresa dalla crisi iniziata nel 2007.
Quale può essere la prossima mossa? In materia di pensioni –lo sappiamo –gli appelli minacciano di essere “prediche inutili” sino a quando non si è sull’orlo di un baratro –come in Italia avvenne nel 1992 e nel 1995. Oggi non siamo di fronte ad un abisso , ma l’economia dell’area dell’euro (i casi di Grecia e Spagna ce lo mostrano)èalle prese con forti tensioni e crescenti divari di produttività.Quindi,è il momento di fare proposte concrete. Alcuni anni fà,nel 2005, un documento della Banca Mondiale indicava che un solo modello dei tanti esistenti sarebbe potuto essere la base per un sistema previdenziale europeo in quanto aveva due caretteristiche importanti: a) rappresentava un minimo denominatore comune tra sistemi molto differenti con radici storiche diverse sin dai tempi di Bismarck (per una tipologia di regimi pensionistici) e di Beveridge (per un’altra) ; b) era ,nel medio e lungo periodo,sostenibile , sotto il profilo sia finanziario sia economico. Il documento affermava apertamente che questo modello era il sistema contributivo figurativo (Notional Defined Contribution- NDC nel gergo internazionale degli specialisti di previdenza) messo simultaneamente in atto in Italia ed in Svezia nel 1995. Il Tempo non hai fatto scotti su alcuni difetti della versione italiana rispetto quella svedede, essenzialemente avere previsto una transizione molto lunga – 18 anni in Italia rispetto a 3 in Svezia –per tutelare fasce di età che 15 anni fà erano molto influenti nei e sui sindacati. Da un canto,però,il modello è l’unico tra i tanti esistenti , che la Banca mondialeè riuscita ad individuare. Da un altro, la lunga transizione italiana sta per terminare.
Il modello ha sopratutto un aspetto che dovrebbe essere apprezzato dal resto dell’UE:senza cambiare l’età della pensione con una legge specifica , induce i lavoratori ad andare più tardi a riposo poiché l’assegno pensionistico è tanto più consistente quanto più si vuole si può lavorare. All’inizio di gennaio,il Premio Nobele James Heckman lo ha ribadito in un saggio in corso di pubblicazione ma già disponibile su formato elettronico .
Nel contesto europeo,quindi,l’Italia ha una carta vincente .La giochi.

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