mercoledì 6 gennaio 2010

LA SECONDA GIOVINEZZA DELL’83ENNE COMPOSITORE HANS HENZE, Il Foglio 6 gennaio

LA SECONDA GIOVINEZZA DELL’83ENNE COMPOSITORE HANS HENZE
Giuseppe Pennisi
Il 10 gennaio, l’Accademia di Santa Cecilia popone la “prima mondiale” dell’ultimo lavoro di Hans Werner Henze, il compositore vivente più eseguito al mondo: un’opera in un atto , Opfergan (Immolazione), tratta da un poemetto di Franz Werl (grande amico di Kafka), in cui un cane bianco (il tenore Ian Bostridge), smarrito dai suoi padroni, viene ucciso da un uomo violento in fuga (il basso John Tomilson) e braccato da quattro poliziotti. Un apologo sul significato del vivere destinato a girare in Italia ed all’estero. Ed un ulteriore segno di una nuova giovinezza di Henze, alle cui opere è dedicato il capitolo centrale di “Opera in the 20th century” di Ethan Modden- una dei testi più letti nel mondo anglosassone. Paolo Isotta ha scritto che Hneze è il maggior compositore operistico vivente. Henze è uno dei rarissimi musicisti a cui è stato conferito “Il Premio Imperiale”, il Nobel giapponese. Autore prolifico, a metà degli Anni 50, avvenne una vera e propria battaglia a Roma alla “prima” di “Boulevard Solitude” (basato sul romanzo dell’Abbate Prévost relativo a Manon e al Cavaliere Des Grieux” già fonte d’ispirazione d’Aubert, Massenet e Puccini).
Quando, tre anni fa, il compositore compì 80 anni, il suo stato di salute non ha permesso che partecipasse alla celebrazioni organizzate in Italia - dove vive, nei pressi Roma, dal 1954- ed all’estero. Non ha preso parte ai festeggiamenti predisposti al Cantiere d’Arte di Montepulciano (da lui creato e diretto per lustri) in quanto giudicato terminale. Analogamente, non ha assistito alla ripresa della sua opera Elegy for Young Lovers, al Teatro delle Muse d’Ancona, prima, e al San Carlo , poi.
Quando nel 2003,al Festival di Salisburgo, aveva trionfato L’Upupa, una commedia in musica tratta da una leggenda siriana, il lavoro era stato interpretata come un addio alla vita. Da allora, L’Upupa ha riportato un successo dopo l’altro nei maggiori teatri europei ed americani; viaggio iniziatico di un giovane alla ricerca del significato della vita, il lavoro ha i tratti, ove non le caratteristiche, di un’opera “ultima”, anche per la fattura magistrale della musica in cui la sintesi del secolo trascorso guarda al secolo nuovo, nella consapevolezza che lo spettatore e l’ascoltare devono essere trascinati, non annoiati.

Nel dicembre 2007, dopo quattro anni di malattia, e dopo la perdita del suo compagno di vita, ha messo in scena a Berlino Phaedra, ripresa a Bruxelles, Francoforte e Vienna, e giunta, in un differente allestimento (più apprezzato dall’autore di quello tedesco), al Maggio Musicale Fiorentino. Phaedra si ispira al mito greco letto tramite anche Racine e D’Annunzio. La tragedia dell’amore peccaminoso della regina per il figliastro è coniugata con una sua continuazione in Italia mutuata da alcuni testi latini (Virgilio, Ovidio). Il racconto delle vicende è affidato a potenti monologhi anche a più voci quando immaginazioni e volontà dei personaggi si incontrano. I due atti hanno pari durata (ciascuno circa 45 minuti), ma sono contrapposti per colore musicale: il primo è di compostezza apollinea, il secondo è invece dionisiaco. Un organico di 23 strumentisti per una trentina di strumenti e cinque cantanti-interpreti. Dualità e simmetrie si ritrovano persino nella strumentazione, concepita in funzione drammaturgica e articolata sui due grandi blocchi degli ottoni - la regalità del mondo di Fedra - e dei legni - il colore dei boschi nei quali caccia Ippolito - cui si aggiunge un contributo delle percussioni con la loro tinta d’ arcaico. Attraverso questi elementi, Henze sembra dare un significato all'utopia dell’esistenza.
Alla luce di questi ultimi lavori ed in attesa di Opfergan (Immolazione), occorre chiedesi come Henze sia considerato, nel nostro Paese, schierato “a sinistra”, nonostante in Italia (dove vive da oltre 50 anni) è rappresentato di rado mentre le sue opere erano regolarmente nei cartelloni del Covent Garden negli anni di Margaret Thatcher (sua grande estimatrice), alcune sono su testi di Yukio Mishima e appaiono di frequente sulle scene americane e spagnole (oltre che su quelle tedesche, austriache e svizzere). Henze ha portato la musica dodecafonica al grande pubblico combinandola (grazie ad un eclettismo inconfondibile ) con la musica cromatica e diatonica tradizionale. Da anni non tratta i consueti temi di lotta sociale giudicati “di sinistra”, ma quelli dell’individuo di fronte all’avventura umana ed a Dio.

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