sabato 19 dicembre 2009

Teatro dell'Opera, Traviata "8 e mezzo" di Zeffirelli, Il Velino 19 dicembre

CLT - Teatro dell'Opera, Traviata "8 e mezzo" di Zeffirelli
Roma, 19 dic (Velino) - Il Teatro dell’Opera di Roma chiude la stagione 2009 e apre quella 2010 con due regie dell’87enne Franco Zeffirelli: “La Traviata” in scena quasi tutte le sere dal 16 al 31 dicembre e “Falstaff” dal 23 al 31 gennaio. È l’ottavo allestimento e mezzo zeffirelliano di “La Traviata”, simile a quello in cartellone al Metropolitan da un quarto di secolo e analogo, a ritoccato, rispetto a quello presentato a Roma circa tre anni fa. È una scelta controversa – trattata aspramente da molti critici che preferiscono regie più “moderne” (rispetto agli allestimenti sontuosi ed all’amore per i dettagli di Franco Zeffirelli) ma apprezzata dal pubblico: a grande richieste sono state previste due rappresentazioni aggiuntive, due “generali aperte” a scopi di beneficenza (rispetto a quelle inizialmente previste) e da settembre non è possibile acquistare un biglietto. La biglietteria – attenzione - deve essere un elemento importante di considerazione nell’equilibrio finanziario di tutti i teatri, specialmente di uno, come quello della capitale, in severe ristrettezze di bilancio. La polemica è ancora più aspra perché, sotto il profilo vocale, c’era grande attesa per il debutto di Daniela Dessì nel ruolo in due rappresentazioni di gala fuori abbonamento; il debutto è stato annullato a casa di un dissidio con il regista. Si alternano tre cast giovani di valore (la coppia protagonista è formata da Cinzia Forte, Myrtò Papatanasiu, Mina Yamazaki, Roberto De Biasio, Antonio Gandìa, Stefano Pop).

Ci sono però aspetti significativi in questa edizione. La “musa bizzarra e altera” – dice Herbert Lindeberger - è l’opera lirica, ultimo rifugio dello stile elevato, in cui dramma, musica, canto, scene e luci si fondono in una unità. È anche la musa che più soffre del “morbo di Baumol”, dal nome dell’economista americano che negli Anni Sessanta ha teorizzato come il sostegno pubblico fosse essenziale per tutte le forme di arti dal vivo in cui il progresso tecnologico non può incidere (e non può abbassare i costi): oggi per suonare una sinfonia di Mozart o di Beethoven ed ancor più per mettere un’opera di Verdi e Wagner ci vogliono gli stessi orchestrali e gli stessi cantanti di allora. All’epoca, musicisti e cantanti (tranne poche eccezioni) vivevano in condizioni di mera sussistenza, mentre ora reclamano (come tutte le altre categorie) contratti nazionali di base ed integrativi. In aggiunta, il pubblico non si accontenta più delle scene dipinte e in cartapesta.

La “musa bizzarra ed altera” è destinata a sparire proprio nell’Italia dove è nata e dove ricorrono i 400 anni dalla prima rappresentazione de “L’Orfeo” di Claudio Monteverdi, l’opera che pur nata per una serata a Palazzo Ducale a Mantova uscì per diventare uno dei primi lavori di grande successo (e cassetta) nei teatri veneziani? È costretta a mendicare per sempre aiuto pubblico? Sono temi che richiedono un ampio dibattito. Due seminari in materia sono stati promossi dall’Istituto Bruno Leoni a Milano ed un terzo, sempre nel capoluogo lombardo, è annunciato all’Università Cattolica. Con “La Traviata” del 2007 a Roma – l’ottava versione zeffirelliana, nella attuale muta unicamente la coreografia rispetto all’aprile di due anni fa – e in scena al Metropolitan di New York) si è posta (anche a detta della critica internazionale) una pietra miliare. È sorprendente che a porta sia un artista circa novantenne come Franco Zeffirelli. A Roma, la vicenda del triste amore di Violetta e Alfredo (contrastato dal padre del ragazzo, Giorgio) è mostrato in flashback (la morte di Violette è presentata durante l’ouverture) mentre a New York si segue lo svolgimento convenzionale. In ambedue le versioni, l’impianto scenico (altamente tecnologico ed impostato su una struttura unica a tre livelli, sipari, scene dipinte e proiezioni computerizzate) e gran parte degli interpreti sono gli stessi (a Roma si alternano tre cast). In Italia, grazie ad un sistema ad altissima definizione sia per il video sia per l’audio , la “prima” del 20 aprile 2007 è stata seguita in diretta da dodicimila spettatori in una ventina di sale di provincia – un’attività che il teatro della capitale vuole ripetere per aumentare la fruizione degli spettacoli ed attirare nuovo. È stata una calamita per attirare oggi il pubblico che aveva mancato lo spettacolo dal vivo nell’aprile 2007.

È una “Traviata” grandiosa e curata nei minimi dettagli (anche in vista della sua programmazione pluriennale). La vicenda non viene attualizzata ai giorni nostri (come in edizioni recenti) ma calata nella metà Ottocento. Abili i giochi di luci e di colori che rispecchiano partitura e stati d’animo: al terzo atto al verde luminoso del giardino si passa al rosso ed al nero della festa ed al un grigio e bianco spettrale del concertato finale. Importante il ruolo degli specchi, anche esse computerizzati; che in alcuni momenti chiave, danno l’illusione di portare platea e palchi in palcoscenico. La caratteristica di questa ottava “Traviata” zeffirelliana è la carica sensuale: baci ed amplessi dominano il rapporto tra i giovani protagonisti . Quindi, anche Gianluigi Gelmetti offre una concertazione sensuale della partitura, dilatandone i tempi nei momenti chiave. Le voci – si è detto- sono giovani. Alla “prima” del 18 dicembre, nessuna è stata eccezionale ma il lavoro d’insieme è stato più che adeguato Unicamente l’Alfredo di Antonio Gandìa ha lasciato a desiderare per il suo canto monotòno (e tenuto quasi sempre nel registro di centro) e le sue difficoltà di fraseggio. Molto maturata Myrtò Papatanasiu , che ha scansato il “mi bemolle” di tradizione (ma non previsto da Verdi) nel finale del primo atto.
(Hans Sachs) 19 dic 2009 11:23

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