giovedì 12 novembre 2009

COSI’ LA SVOLTA DI ANGELA MERKEL SUL FISCO CONDIZIONERA’ TREMONTI Il Foglio 12 novembre

Giuseppe Pennisi
E’ in corso un mutamento di fondo nelle strategie di bilancio (20 su 27 Stati dell’Unione sono sotto procedura d’infrazione del “patto di stabilità”) che caratterizzerà il futuro dell’Europa molto più di quali saranno le scelte in materia di Presidente del Consiglio Europeo e di Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Europea. Il mutamento – è questo l’aspetto più interessante – è pilotata non dal club Med (Grecia, Italia, Portogallo, Spagna) generalmente considerato “lasco” e “creativo” in materia di conti pubblici, ma dalla Germania, considerata da sempre “tutore” del rigore in tema di bilancio e moneta. Per l’esercizio di bilancio, 2010 il Governo di Berlino ha programmato un indebitamento netto della pubblica amministrazione pari al 6,2 percento del Pil (oltre il doppio del limite massimo consentito dal “patto”). Le interpretazioni correnti attribuiscono all’aumento della disoccupazione (causato dalla recessione mondiale) il cambiamento di marcia. Esaminando dati (e lavori ancora inediti) ci si accorge che si tratta di un più profondo mutamento di rotta , tale da sollevare interrogativi sull’unione monetaria e sul futuro delle politiche economiche di altri Paesi (tra cui, ovviamente, l’Italia). Riguarda l’Italia perché se il mutamento di rotta in atto in Germania è effettivo, anche da noi si dovrà mettere meno l’accento sulla domanda estera (cioè sull’export) e più su quella interna (con implicazioni non secondarie per la politica dei prezzi e dei salari).
In sintesi, dai segnali che vengono da Berlino, sembra che la Germania passi da una strategia in cui l’export è stato il traino del Paese ad una in cui , invece, l’enfasi è sul potenziamento della domanda interna. Un libro recente di Paolo Guerrieri e Pier Carlo Padoan documenta come l’intera Ue (e specialmente Paesi come l’Italia) hanno, al pari della Repubblica Federale Tedesca, puntato, per decenni, su una crescita pilotata dall’export. Tuttavia, non è solo la sfida dei mercati emergenti (tesi di Guerrieri e Padoan) a fare ripensare la strategia, ma quanto sta avvenendo sul mercato dei cambi.
Il principale centro di ricerche economiche tedesche, nel DIW Berlin Discussion Paper n. 943 in corso di pubblicazione, conduce un’approfondita analisi empirica della reattività delle esportazioni tedesche al tasso di cambio con il dollaro Usa dal primo trimestre 1995 al quarto trimestre 2008. L’obiettivo è di identificare la soglie oltre la quale “si soffre troppo” e il perimetro entro il quale “si riesce a sopravvivere”. Il procedimento statistico è innovativo e comporta la costruzione di un complesso algoritmo (validato in una serie di seminari internazionali). L’obiettivo è identificare la soglia oltre la quale “si soffre troppo” ed il perimetro entro il quale “si riesce a sopravvivere” . Lo soglia oltre la quale “si soffre troppo” (e le imprese diventano a rischio di “sopravvivenza”) è quella che quella che rappresenta il limite di una crescita economica basata sull’export; una volta raggiunto questo limite , occorre cambiare strada. E’ un limite che né la Germania né l’Ue controllano in quanto determinato dal mercato internazionale . In sintesi il perimetro viene situato tra 1.30 e 1.55 $ per euro e la soglia a 1.55, il livello sfiorato negli ultimi giorni. Una oscillazione di breve periodo od una tendenza a più lungo termine.
Parte della risposta è fornita da una squadra di economisti della Federal Reserve Bank di New York in un saggio pubblicato nel fascicolo di ottobre di Current Issues in Economics and Finance. Il saggio analizza il crescente mercato del “dollar off-shore”, un fenomeno recente e poco studiato che si aggiunto al più noto problema dell’annoso squilibrio della bilancia dei pagamenti Usa: a fronte della crisi e delle restrizioni dei finanziamenti bancari tradizionali, le imprese multinazionali hanno fatto un uso del tutto inconsueto di swaps in dollari; in altri termini, il fiume di denari del piano Paulson è andato in questo modo a finanziare non le imprese Usa ma multinazionali ed ha creato un vasto (e non regolato) mercato off-shore per il dollaro..In breve quali che possano essere le congetture sui movimenti dei cambi a breve termini, analisi come quelle del DIW Berlin e della Federal Reserve Bank di New York hanno convinto i consiglieri economici del nuovo Governo tedesco ad un mutamento di rotta a lungo termine (in favore della domanda interna, piuttosto che di quella internazionale) non solamente ad un cambiamento di marcia, quale un passo più veloce per diminuire il tasso d’aumento della disoccupazione. E’ un cambiamento “dall’alto”: un sondaggio appena pubblicato da Forsa (un istituto indipendente di sondaggi d’opinione) afferma che il 70% dei tedeschi (a ragione del timore atavico dell’inflazione) è, paradossalmente, contrario ad una riduzione della pressione fiscale.

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