sabato 24 ottobre 2009

KOS, LA TRAGEDIA SEPOLTA DALL’OBLIO, Il Tempo 24 ottobre

In questi giorni in cui i militari italiani stanno dando prova di coraggio e di saggezza in Afghanistan ed in altre parti del mondo, è trascorso il 66simo anniversario di una tragedia che è stata, in pratica, “segretata” sino agli Anni 50 e di cui anche oggi si preferisce non parlare. E neanche citare: quella dei “dimenticati di Kos”. Chi erano? La loro vicenda la ricostruisce Pietro Giovanni Liuzzi (dopo lungo lavoro d’archivio ed incontri con i pochi testimoni ancora vivi sia in Italia sia nell’Egeo (“Kos- Una tragedia dimenticata. Settembre 1943-Maggio 1945” Edit@ pp. 240 € 12). Alcuni anni fa, Liuzzi ha dedicato un’analisi storica analoga agli avvenimenti di Cefalonia – un capitolo importante di memoria condivisa che, fortunatamente, non si è voluto coperta da una spessa coltre di oblio.
Ricordiamo i fatti essenziali. Occupare il Dodecaneso è sempre stata la mira di Churchill; da tempo, egli aveva ordinato l’approntamento di un piano operativo per l’invasione. A ragione del marasma creatosi nelle forze armate italiane dopo la firma dell’armistizio del 8 settembre 1943, Churchill ritenne giunto il momento di agire e dette il via all’operazione “Accolade” il cui scopo era d’utilizzare l’aeroporto di Kos al fine di accorciare i tempi di volo degli aerei della RAF, dislocati al Cairo e a Cipro, per colpire obiettivi nei Balcani e dare copertura aerea alle unità navali nell’Egeo. I movimenti britannici furono rilevati dalla sorveglianza aerea tedesca che attaccò Kos con inusitata sorpresa , nella notte tra il 2 ed il 3 ottobre. Sostenute dall’intensa attività della Luftwaffe, dotate di equipaggiamento ed armamento moderno, i tedeschi ebbero il sopravvento sulle scollegate azioni difensive italiane e britanniche. Dopo 38 ore di combattimento, il comando italiano dichiarava la resa alle 14 del giorno 4 ottobre 1943. Mentre gran parte dei britannici raggiunse, con mezzi di fortuna, la Turchia ed altri, catturati, vennero trasferiti in Grecia continentale e trattati da prigionieri di guerra secondo quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra,. Tremila italiani, dei 4000 presenti nell’isola, furono ammassati nel Castello di Kos dove subirono, per 20 mesi, malversazioni.
Gli ufficiali italiani erano 148: 7 passarono con i tedeschi, 28 riuscirono a fuggire in Turchia, 10 ricoverati in ospedale e trasferiti in Germania, 103 fucilati. 66 corpi vennero ritrovati in 8 fosse comuni ma solo 42 furono riconosciuti. Gli altri 37 corpi, da allora, non furono mai cercati sebbene si conoscano i possibili luoghi delle fucilazioni.
Perché tanti anni di oblio? Nel dopoguerra, l’Italia allacciava nuove relazioni internazionali e nella vicenda di Kos né i tedeschi né i britannici avevano dato una buona prova. Sessantasei anni dopo, è imperativo ricordarsi che tra il sangue dei vinti c’è pure quello di Kos

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