venerdì 16 ottobre 2009

DUE FESTIVAL E DUE MODI PER VEDERE VERDI, Il Domenicale 17 ottobre

Ottobre è il mese verdiano per eccellenza, quello in cui il 10 (proprio il giorno in cui andiamo in edicola) del 2013, il maestro nacque a Le Roncole. Questo ottobre sono in corso due festival verdiani . Da quando Mauro Meli (sovrintendente) e Yuri Termikanov (direttore musicale) sono alla guida del Teatro Regio di Parma hanno tracciato un programma mirato a mettere in scena tutte e 27 le opere di Verdi in edizioni “esemplari” entro il 2013 (secondo centenario dalla nascita del compositore) quando verrebbero varate in un cofanetto di DvD da diffondere in tutto il mondo. Un progetto del genere comporta naturalmente collaborazioni internazionali, tournée all’estero e supporto pubblico e privato. La crisi economica e finanziaria internazionale, però, ha colpito le entrate dell’erario. Il Festival in corso dal primo al 28 ottobre ha due sole opere complete in cartellone (“I Due Foscari” e “Nabucco”); tutte le altre 25 in versione Bignami e concerti.
Quasi contemporaneamente , dal 3 al 16 ottobre al Teatro Comunale di Firenze si svolge un contro-festival: le tre opere “popolari” (“Rigoletto”, “Trovatore”, “Traviata”) presentate in repertorio – in tre giorni si vedono tutte e tre. Affidate ad unico regista (Franco Ripa di Meana), noto per allestimenti a basso costo schierano tre maestri concertatori di rango (Stefano Ranzani, Massimo Zanetti, Andrea Callegari), un cast internazionale di livello (Alberto Gazale, Desirée Rancatore, Stuart Neill, Kristine Lewis, Andrea Rost, Franco Vassallo, Saimur Pirgu) e prezzi popolari (dai 50 ai 20 euro). L’intera intrapresa verrà portata a Reggio Emilia, in pura terra verdiana, il cui teatro la co-produce. Mentre il budget per un Festival Versi a Parma come previsto nella concezione iniziale si aggirerebbe sui 4-5 milioni di euro, Firenze afferma che il costo totale della “trilogia” per le due settimane in cui è in scena tocco 900.000 euro, di cui la biglietteria ne ha già forniti 600.000, ossia due terzi rispetto ad una media del 10% per i teatri italiani d’opera. Le iniziative sono profondamente differenti. La prima è radicata nella tradizione e nella città. La seconda è affidata ad una squadra (oltre a Ripa di Meana, Edoardo Sanchi per le scene, Silvia Aymonimo per i costumi e Guido Levi per le luci) che opera da anni per un teatro d’opera innovativo, nonché per attrarre un pubblico nuovo e giovane. A Parma il Festival coinvolge tutta la città (ed i comuni vicini) con una vasta gamma di concerti e presentazioni in diretta su grande schermo in piazze e luoghi celebri, mentre oggi a Firenze e domani a Reggio Emilia la “trilogia popolare” riguarda il mondo che segue la musica “colta” e coloro che ad essa si avvicinano.
A Parma, il Festival è stato aperto in Cattedrale con un’esecuzione del “Requiem” . Temirkanov ma, ammalato, è stato sostituito da Lorin Maazel all’ultim’ora.Il “Requiem” riflette a pieno quell’ateismo dubbioso che , come scritto un anno fa sul “Dom”, è una caratteristica della tormentata vita spirituale di Verdi . Maazel ha guidato in modo impeccabile l’orchestra e Martino Faggiani il coro (vero e proprio quinto protagonista del dramma). Francesco Meli ha ispessito la voce mantenendo un timbro chiarissimo. Daniela Barcellona si è rivelata ancora una volta vera e propria forza delle natura con un bellissimo fraseggio e grande abilità negli acuti e nel raggiungere tonalità basse. Alexaneder Vinogradov è un bravo basso di scuola russa, con tutti i pregi ed i difetti che ciò comporta. Poco adatta alla parte Sveltla Vassileva.
“I due Foscari” è l’opera più breve di Verdi . E’ cupa, tratta da un poema ancor più cupo di Byron. Nella produzione curata da Joseph Franconi Lee (regia) e William Orlandi (scene), i tre atti vengono eseguiti con un solo intervallo, in una scena unica in color legno, che , con ritmo cinematografico, ci porta nei vari ambienti di Palazzo Ducale . Serrata la concertazione di Donato Renzetti. A circa 68 anni, Leo Nucci (Francesco Foscari) domina la scena drammaticamente e vocalmente. Di grande spessore Tatiana Serjean nel terribile e difficilissimo ruolo di Lucrezia Contarini. Roberto De Biaso è un efficace Jacopo Foscari, ma al termini dell’opera risultava affaticato da una parte anche essa terrificante.
A Firenze, la “trilogia popolare” viene intesa come un unico spettacolo di teatro in musica in tre parti: la fantasmagoria nera (“Rigoletto”), la favola tragica in blu e rosso (Il Trovatore), e un sogno floreale (Traviata).
L’allestimento di “Rigoletto” è crudele e “noir”. Un elemento fisso in scena: un muro mobile che chiude quasi in una prigione sempre più stretta i protagonisti. Pochi altri elementi: la linda casa di Gilda, un’enorme auto d’epoca che funge anche da lupanare, una chiatta sulle acque nere del Mincio. La concertazione di Stefano Ranzani si accorda a pieno con questa lettura del melodramma; enfatizza i bemolle (i “do” ed i “re”), accentua i contrasti tra i clarinetti ed i fagotti. Nel ruolo di Rigoletto ha svettato Alberto Gazale. Desirée Rancatore è una Gilda dolcissima che plasma “Caro nome” di coloratura quasi belliniana. La sera della prima, Gianluca Terranova è corso a sostituire James Valenti (influenzato non difetta di volume e di acuti ma a volte si “ingola”. Uno spettacolo da ricordare: nonostante qualche dissenso finale nei confronti della regia, il pubblico (il teatro era strapieno anche di giovani) ha risposto con entusiasmo ed ha preteso il “bis” del finale del secondo atto (“Sì, vendetta, tremenda vendetta).
Il carattere rivoluzionario e risorgimentale de “Il Trovatore” richiede una lettura musicale differente da quella, “belcantistica”, spesso presente nei teatri italiani nella malintesa interpretazione dell’opera come un momento di passaggio dal melodramma donizettiano a quello della maturità verdiana. A Firenze, il team drammaturgico ha impostato la tragedia tutta in un interno : un salone dell’inizio del Novecento dalle pareti blu, dove intervengono elementi scenici color fiamma . Il Conte e Manrico sono in costumi medioevali , altri personaggi in abiti del secolo scorso o di fine Ottocento. Ciò accentua la “tinta” dell’opera. Massimo Zanetti ha conrcetato con cura .Ottime tutte le voci, su cui ha spiccato la giovane americana Kistin Lewis , un vero soprano assoluto capace di ascendere agevolmente ad acuti e superacuti e discendevi con grazia, di calare a tonalità gravi e di sfoggiare una coloratura smagliante.
Nel concludere due parole su “Nabucco” e “Traviata”. Il primo è stato visto un anno fa a Reggio Emilia (e ne abbiamo riferito sul “Dom”) ; andrà a Modena ed in Giappone. Nucci ne ha ancora il protagonista, affiancato da Dmitra Theodossiou. Nella floreale “Traviata”, in chiave “art nouveau”, spiccano una veterana del ruolo Andrea Gruber, affiancata dal giovane albanese Saimir Pirgu che nel giro di pochi anni è passato dai corsi di perfezionamento ad essere uno dei protagonisti più apprezzati al Metropolitan di New York.

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