domenica 19 luglio 2009

SCHELETRI NELL’ARMADIO DEL PRESIDENTE PRODI IIl Tempo del 19 luglio

Romano Prodi è stato condannato dalla Corte di Giustizia Europea per azioni compiute quando era Presidente della Commissione. Non è importante che il risarcimento ai direttamente danneggiati (tenuti comunque in servizio sino al limite d’età per la pensione) è di poca entità. Rilevano la condanna al pagamento delle spese di giudizio e le motivazioni della Corte : a) aver fornito al Parlamento Europeo notizie non veritiere e non documentate ; b) avere fatto circolare comunicati che mettevano in dubbio l’onorabilità di alti dirigenti (non allineati ai suoi voleri); c) avere tentato di ostruire la giustizia. Il testo integrale della sentenza è pubblico e si può ottenere dal cancelliere della Corte Europea.
Mentre al deposito della sentenza, se ne avuta una certa eco all’estero (nonostante gli sforzi di minimizzarla) in Italia si è stesa una coltre di silenzio , specialmente da parte di giornali con grandi uffici di corrispondenza a Bruxelles e a Lussemburgo pur informati in dettaglio. Lo hanno fatto per amor di Patria dato il discredito che il comportamento tratteggiato nella sentenza della Corte di Giustizia getta su una parte della classe dirigente del Paese? Per tentare di difendere la parte politica abbandonata dagli elettori prima ancora che condannata dai giudici europei?
I fatti che hanno portato alla condanna risalgono al 2002-2003. Si riferiscono ad una complicata vicenda relativa all’Eurostat, innescata dalla lettera di una funzionaria che si riteneva discriminata, nonché da una serie di missive anonime con accuse d’irregolarità contabili e forse pure di “fondi neri”. Venne chiamato ad indagare l’Olaf, organismo di controllo interno della Commissione.
L’inchiesta riguardava se tali irregolarità ci fossero e se fossero state effettuate ad iniziativa di dirigenti (per il loro tornaconto) o con la conoscenza e l’approvazione dei vertici della Commissione (ossia di Romano Prodi in persona). Parte importante di tali presunte irregolarità concernevano istituti senza fini di lucro (di cui uno a Roma) costituiti tra l’Eurostat e le autorità statistiche nazionali (in Italia l’Istat ne esprimeva il Presidente) allo scopo di diffondere buone prassi tra i Paesi che stavano per entrare nell’Ue e del Mediterraneo.
E’ cominciato il rimbalzo delle responsabilità, nonché “fughe di notizie” – afferma la sentenza – pilotate verso giornali amici. Anche a ragione di esperienze passate (Iri, indagini su Nomisma), Prodi temeva che l’eventuale scoperta di irregolarità lo avrebbe pregiudicato per sempre . Ha messo sotto accusa il direttore generale dell’Eurostat ed suo direttore del servizio finanziario. Li ha destituiti dai loro incarichi , ma non avendo elementi per licenziarli, li ha tenuti a non fare nulla sino alla pensione. Ha anche chiuso d’imperio gli istituti causando la perdita del lavoro ad un migliaio di persone. Come specificato nella sentenza, ha lanciato le accuse per comunicato; il 25 settembre 2003 le ha ribadite, in modo ritenuto non rituale dai giudici, alla conferenza dei capigruppo del Parlamento Europeo, dove si stava preparando una mozione di sfiducia nei suoi confronti di Prodi – frenata poiché pochi anni prima era stato sfiduciato il suo predecessore (da Jacques Santer) ed una seconda sfiducia avrebbe messo in crisi per sempre la Commissione Europea.
La sentenza frutto di cinque anni d’indagini (spesso ostacolate, secondo la Corte, dalla Commissione) rivela che non ci sono state irregolarità amministrative né fondi neri, quanto meno da parte da funzionari, e che il livello politico è stato sempre informato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Salve,
sono alla ricerca dell'articolo cui lei fa riferimento.
Ho provato a cercare sul sito web de Il Tempo, senza successo.
Potrebbe cortesemente darmi una mano indicando l'indirizzo della fonte di tale articolo?

Danilo Freiles ha detto...

Lo sapevo... nessuna fonte.