mercoledì 29 luglio 2009

POLITICHE CULTURALI: LA GRANDE MUSICA NON CHIEDE SOLDI ALLO STATO in Charta Minuta luglio-agosto

Il 2009 è l’anno di Haydn, di cui il 31 maggio è stata la ricorrenza del secondo centenario dalla morte. Così come il 2008 è stato l’anno di Puccini (150 anni dalla nascita) ed il 2006 l’anno di Mozart (250 anni dalla nascita). E’ anche l’anno di Haendel, di cui ricorre il 250simo centenario dalla morte. Tuttavia le celebrazione in memoria di Haydn sono più diffuse di quelle per Haendel sia in quanto il primo fu l’inventore della struttura della sinfonia quale seguita sino a fine Ottocento sia per il costo, spesso proibitivo, che comporta la messa in scena od anche solo l’esecuzione delle opere e degli oratori del secondo. Il culmine delle celebrazioni (al di là dei meriti dei suoi 20 lavori per il teatro, Haydn è considerato “il padre della sinfonia”-ne lasciò 104 e, soprattutto, ne formalizzò – come si è detto - la struttura) sarà un evento organizzato dal Ministero austriaco della cultura: il 31 maggio , in 20 capitali è stato eseguito uno dei suoi maggiori oratori – “La Creazione” – con collegamenti in mondovisione.
Nelle capitali dove c’è più di un’orchestra sinfonica, la competizione è stata vivace. Per l’Italia è stata scelta una formazione relativamente poco conosciuta, nel nostro Paese, al di fuori della capitale: l’Orchestra Sinfonica-Fondazione Roma (Os-Fr). E’ un’orchestra giovane (circa sette anni di vita). E’ un’orchestra di giovani (due terzi dei 90 orchestrali ha meno di trent’anni). E’ un’orchestra i cui concerti (domenica pomeriggio e lunedì sera nell’Auditorium di Via della Conciliazione- circa 1200 posti) sono affollati principalmente da un pubblico giovane. Infine, ha un aspetto speciale: è forse l’unica orchestra sinfonica italiana interamente privata che non riceve un euro di sovvenzione dalle pubbliche amministrazioni statali, regionali, provinciali e comunali- una vera e propria eccezione nel panorama non solo italiano ma dell’intera Europa continentale - ma vive grazie all’elargizione di un contributo di una fondazione (anch’essa privata)e la biglietteria.
Al fine di portare la grande musica dal vivo ai giovani (e di permetterne di fruirne anche ai pensionati), l’Os-Fr ha una politica di prezzi bassi: per 30 concerti, l’abbonamento intero è € 280; per gli studenti è € 90 e per chi ha più di 65 anni € 160. Per i singoli concerti, il biglietto è € 18, quello ridotto (per studenti ed anziani) € 10.

Gli inizi Quando è iniziata la loro avventura, molti li hanno snobbati. Pensare di fare nascere un’orchestra sinfonica puramente privata, in grado di reggersi sulle proprie gambe, partendo con un gruppo di giovani appena usciti dai conservatori, era considerato poco “politically correct”. Anche perché “i ragazzi” (così li chiamavano) ed il loro animatore, il direttore d’orchestra Francesco La Vecchia non andavano a bussare alla porta di Pantalone, nelle sue varie vesti e guise (Stato, Regione, Provincia, Comune) ma pensavano di farcela con il contributo di privati e con gli incassi. Hanno trovato un mecenate, la Fondazione Roma, che oggi, visti i risultati, stanzia quasi 5 milioni d’euro l’anno per l’intrapresa ( a titolo di raffronto il bilancio dell’Accademia di Santa Cecilia supera i 25 milioni d’euro l’anno, di cui due terzi pubblici). Hanno iniziato nel novembre 2002 , realizzando le prime stagioni al Teatro Argentina ed al Teatro Sistina. Hanno, poi, rimesso a nuovo l’auditorium di Via della Conciliazione, inizialmente concepito per le udienze papali del Giubileo del 1950 e diventato, in seguito, per circa mezzo secolo sede dei concerti sinfonici dell’Accademia di Santa Cecilia (ora trasferitasi al Parco della Musica). L’auditorium di Via della Conciliazione (1200 posti) è stato migliorato sia nell’aspetto sia nell’acustica. Da novembre a giugno, i “ragazzi” vi suonano le domeniche pomeriggio alle 17,30 ed i lunedì sera alle 20,30; la sala strabocca di giovani (ed anche d’anziani) a ragione in gran misura della politica di prezzi: per 30 concerti, l’abbonamento intero è € 280 (poco più di un posto in platea o palco per una sola serata alla Scala), ma per gli studenti è € 90 e per chi ha più di 65 anni € 160. Per i singoli concerti, il biglietto intero è € 18, quello ridotto (per studenti ed anziani) € 10. La vera innovazione è il programma: accanto a cicli (nel 2009 sette concerti sono dedicati ad Haydn), nello stesso concerto la sinfonica tradizionale , e più conosciuta, del Settecento e dell’Ottocento viene declinata con musica del Novecento “storico”, con la contemporaneità ed anche con composizioni commissionate, a compositori giovani, dall’Os-Fr. La stagione in corso, ad esempio, è stata inaugurata dalla secondo esecuzione assoluta in Italia (la prima fu negli Anni 70 alla Scala) di “Come una ola de fuerza y luz” di Luigi Nono, grande lavoro per soprano, pianoforte, orchestra e nastro elettronico. Nello stesso concerto, si ascolta Busoni con Schubert, Stravinskij con Bruckner, Casella con Brahms, Ciacovskil con Malipiero, Liszt con Shostakovich, Mahler con Dukas . In tal modo, si accontenta il pubblico sia tradizionale sia aperto all’innovazione. Una ventata d’aria nuova che mancava nella capitale da quando è stata chiusa la formazione romana dell’orchestra sinfonica della Rai e che ha innescato competizione nel mercato della musica. I costi di produzione sono tenuti bassi da un organico amministrativo all’osso (una decina di dipendenti).
Negli anni, è cambiato il nome ; da Orchestra Giovanile Italiana nelle prime stagioni ad Orchestra Sinfonica-Fondazione Roma (Os-Fr)nell’ultima. L’autorevolezza si è imposta anche in Italia quando c’è stata una sempre più accentuata consacrazione internazionale. Da un canto direttori stranieri di livello (come Gunter Neuhold, Lior Shamdal, Amos Talmon) hanno spesso guidato i “ragazzi di via della Conciliazione”. Da un altro, orchestre straniere importanti come i Berliner Sinfoniker sono state ospiti dell’Os-Fr . Da un altro ancora, l’orchestra è stata invitata ad esibirsi all’estero - a San Pietroburgo, a Bruxelles, a Madrid (in un concerto presso l’Auditorio Nacional de la Musica a Madrid alla presenza della Regina), in Brasile , ad Atene, e Londra (nella sede della Royal Philharmonic Orchestra), ed alla Großer Saal della Philharmonie a Berlino, tempio della musica sinfonica mondiale, dove ha trionfato nell’ottobre 2007.
In tournée con l’Os.Fr. Chi ricorda “Notte e Nebbia”, un documentario di 32 minuti con cui nel lontano 1955 l’allora giovane Alain Resnais aprì la “nouvelle vague” del cinema francese? Era per i nove decimi in bianco e nero, costruito su materiali d’archivio ed imperniato su tre date: 1933 (avvento del nazismo), 1942 (inizio del sistematico genocidio degli ebrei), 1945 (chiusura dell’ultimo lager). Per circa un decimo a colori girato in Polonia durante la preparazione del film. Statiche le immagini in bianco e nero. Inquadrature dinamiche quelle a colori. L'alternanza di bianco e nero e di colore, ed il differente uso della macchina da presa, contrapponeva passato e presente; mentre le immagini si facevano più drammatiche, la musica di commento diventava più dolce. Renais- aveva mutuato il titolo da una parola d’ordine Nacht und Nebel (appunto: notte e nebbia), che avrebbe dovuto significare come della Shoa non sarebbe dovuta restare traccia.
Il breve film di Renais mi è tornato più volte , accompagnando, lo scorso febbraio, l’Os.Fr in tournée in Germania e Polonia. Non solamente perché la tournée ha comportato un concerto a Cracovia e una visita (da parte di tutta l’orchestra) ai campi di sconcertamento di Auschwitz e di Birkenau. Ma anche in senso metaforico: la musica colta italiana sta per essere avvolta da un manto di notte e nebbia che può essere rotto facendo leva su orchestre giovani e private, avvezze a lavorare non nel mercato dei sempre più esigui contributi pubblici ma in quello, molto più vasto, in cui l’apporto delle pubbliche amministrazioni è ingrediente di un disegno che fa leva sul mecenatismo, sulla biglietteria, sul confronto internazionale.
L’Os.Fr è stata invitata alla Philarmonie di Berlino (forse la più autorevole sala di concerti nel mondo, certamente la più prestigiosa in Europa) tra le prime formazioni di una serie di concerti per i 20anni dalla caduta del muro. Francesco La Vecchia ha diretto un concerto ispirato all’amicizia tra Germania ed Italia: nella prima parte, oltre alla notissima sinfonia de “I Vespri Siciliani” di Giuseppe Verdi, tre lavori di Giuseppe Martucci (colore orientale, notturno, tarantella), compositore su cui si è voluto calare una fitta coltre d’oblio; nella seconda parte il poema sinfonico di Richard Strauss (di cui ricorrono 60 anni dalla morte) “Aus Italien”(“All’ Italia). La sala, circa 1800 posti, era gremita. C’è stata una vera e propria “standing ovation”: tutti in piedi come in uno stadio (usanza niente affatto tedesca) a domandare bis. Quindi, l’Os-Fr ha eseguito pure l’”intermezzo” di “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni e la parte finale della sinfonia del “Guglielmo Tell” di Giacchino Rossini. I lavori di Martucci e di Strauss sono poemi sinfonici nello stile degli ultimi anni del XIX secolo; quelli di Verdi e Rossini sono inni alla libertà particolarmente adatti alla ricorrenza.

Il successo di Berlino si è ripetuto a Cracovia. Il concerto è stato aperto dal “Carnevale Romano” di Hector Berlioz con il quale il compositore francese (che aveva studiato a Roma) intese salvare, nel 1844, almeno parte dell’opera “Benvenuto Cellini” che non trovava teatri disposti a rappresentarla. Dopo i tre brevi ma affascinanti poemi sinfonici di Martucci e la sinfonia de “I Vespri Siciliani” di Verdi, è stato suonato il grandioso, e difficilissimo, poema sinfonico “I Pini di Roma” d’Ottorino Respighi. Il lavoro di Respighi, relativamente poco noto a Cracovia, è quello che forse più ha colpito il pubblico polacco. E’ una partitura molto complessa, che richiede un organico molto vasto (e strumentisti in grado d’essere ciascuno un solista). Respighi prende l’avvio dai giochi di bambini a Villa Borghese, per poi evocare i pini che coprono con la loro ombra le catacombe e quelli al vento del Gianicolo e per finire con una marcia solenne di consoli, aristocratici e soldati della Roma antica filtrata attraverso i sentimenti di chi, nel 1924, passeggia sulla Via Appia. L’esecuzione ha scosso un pubblico avveduto: a Cracovia c’è un’intesa vita musicale: un teatro d’opera di repertorio (la cui architettura ricorda il Palais Garnier di Parigi) ed una sala di concerti in stile neoclassico (costruita all’inizio del XX secolo e restaurata ne 1980) a pochi passi dal Palazzo Arcivescovile dove ha vissuto per decenni Karol Wojtila.

Terza e ultima tappa Ludwigshaven, un centro industriale ai confini tra la Renania-Palatinato ed il Baden-Wuttemberg. Sede di una delle più antiche industrie chimiche, la BASF, ha un auditorium, costruito all’inizio del secolo scorso; in stile neoclassico, per mille spettatori. In passato, vi hanno diretto, tra gli altri, Richard Strass e Bruno Walter. Ora è al centro di un consorzio o associazione di sale da concerto (a Linburghof, Heidelberg, Mannhein, Landau, Speier, Bensheim) che offre una vasta gamma di musica (non solo sinfonica, ma anche cameristica, recital, lirica in versione da concerto ed anche operette e jazz) per soddisfare i gusti di varie categorie. Emergono due considerazioni: a) la collaborazione tra pubblico e privato; e b) la cooperazione-competizione che s’innesca tra le varie componenti del consorzio. La stagione comporta una cinquantina di concerti; è stata aperta da Gustav Dudamel ed eseguita dalla Sinfonica Venezuelana. La Mahler Chamber Orchestra è stata scelta come “orchestra di beneficenza” (i proventi dei concerti vanno in attività caritatevoli). L’Os.Fr è l’”orchestra ospite” della stagione (che si estende sino a fine maggio). Il programma presentato dall’Os.Fr a Ludwisghafen, è leggermente differente da quelli offerti a Berlino e Cracovia: include il raramente eseguito “Concerto gregoriano per violino ed orchestra” di Ottorino Respighi. Solista uno dei violinisti più apprezzati a livello internazionale, il russo Serghej Krylov – ascoltato tra l’altro all’auditorium Paganini di Parma. Il pubblico è stato entusiasta: ovazioni e richieste di bis sia a Krylov che a La Vecchia.

Le prossime tappe sono una tournée in Austria che vedrà l’Orchestra con un concerto presso il Musikverein a Vienna, mentre nel 2010 sarà la volta di una lunga tournée negli Stati Uniti. La stagione prosegue a Roma con un programma interessante i cui dettagli si possono leggere su www.orchestrasinfonicadiroma.it


Implicazioni di politica per la cultura Dalla cronaca di un viaggio appassionante con circa 100 giovani entusiasti ed il loro direttore, tiriamo le somme in termini di politica culturale, riprendendo da quel riferimento alla notte ed alla nebbia in cui sembrano stare la arti dal vivo in generale e la musica in particolare. Striscioni di protesta sulla ormai imminente “morte della cultura” si leggono in quasi tutti i teatri. Tre delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche sono commissariate, altre due sul punto di esserlo. Franco Zeffirelli ha proposto di chiudere i teatri per un anno. La notte non potrebbe essere più scura e la nebbia più fitta. L’esperienza ed il successo dalla Os.Fr mostrano che c’è uno sprazzo di luce da cui emergono indicazioni precise:
a) Una maggiore collaborazione tra pubblico e privato. Il Ministro dei Beni e della Attività Culturali Bondi ha predisposto una revisione della normativa sugli sgravi fiscali per le donazioni alle attività culturali. Occorre pensare ad un sistema di “matching grants” (nella terminologia americana) di “patronage” (alla francese) oppure di “angels” (secondo il lessico britannico): il contributo pubblico affianca quello privato in misura ad esso equivalente. I Festival di Aix-en-Provence e Glyndebourne si finanziano, ad esempio, per un terzo grazie al mecenatismo, per un terzo grazie al supporto pubblico, e per un terzo grazie alla biglietteria, le tournée e la vendita di spettacoli.
b) Risolvere il nodo dei “residui passivi” (somme non spese) che da quattro lustri travaglia il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali – quale che sia l’orientamento politico della maggioranza e l’appartenenza del Ministro pro-tempore in carica . Nodo quindi connaturato alla incapacità amministrativa di riallocare tempestivamente spese tra settori dove ci sono esigenze e capacità di spesa a settori dove pur se ci sono esigenze non si riesce a spendere.
c) una più intensa cooperazione tra istituzioni al fine d’effettuare sinergie e proporre una gamma più vasta di offerta agli spettatori e un incoraggiamento speciale per le formazioni di giovani e per quelle che si dirigono ad un pubblico giovane.

Occorre, soprattutto, prendere esempio infine da Piero Bargellini, sindaco di Firenze, quando nel novembre 1966, agli Uffizi con il fango sino alle ginocchia disse a voce alta: “Non è tempo di piagnistei”. Con i piagnistei, la nebbia diventa più fitta.





BOX

I problemi ed i nodi di politica culturale sono particolarmente acuti nel comparto della lirica, un’espressione d’arte tipicamente italiana e che in Italia ha fiorito anche commercialmente nel Seicento e nell’Ottocento e che rischia di sparire da noi mentre è in grande espansione all’estero, specialmente in Estremo Oriente . A fronte del commissariamento di tre fondazioni liriche su 13 (e dell’imminente commissariamento di una quarta), di manifestazioni e di scioperi in tutti i teatri, le soluzioni diventano più urgenti. Esse non possono non tenere conto del “morbo di Baumol” (dal nome dell’economista, William Baumol, che negli Anni 60 ha scritto un fondamentale trattato sul settore): in un mondo di rapido progresso tecnologico, senza supporto pubblico (tramite sovvenzioni o sgravi tributari adeguati alle elargizioni filantropiche) la lirica muore (i teatri tedeschi hanno sovvenzioni che coprono mediamente il 90% dei costi e sono sempre pieni grazie ad un “sottostante” diffuso, popolare ed attivo). Per l’Italia, dove 400 anni fa è nato il teatro in musica, ciò vuol dire una perdita pesante di patrimonio nazionale. Le soluzioni possibili sono le seguenti:
• Una revisione drastica della normativa sulle fondazione che comporti un ripensamento del loro status giuridico ed una riduzione del loro numero (eliminandone un paio o per eccessiva contiguità territoriale con altre o perché hanno masse artistiche- orchestra, coro- qualitativamente al di sotto della media di buoni teatri europei).
• Imporre per legge una gestione delle fondazioni restanti basata sul binomio cooperazione-competitizione. Cooperazione vuole dire dare vita ad un cartellone nazionale con forti risparmi negli allestimenti e nei cachet degli artisti ed evitare che ciascuna fondazione miri a stagioni simili a mini-festival autoreferenziali. Competizione vuole dire premiare le fondazioni che, in base ai risultati di biglietteria e le valutazioni tecniche di una commissione internazionale, sappiano coniugare consuntivi in pareggio ed alta qualità.
• Trasferire, nell’ambito del federalismo, alle Regioni “i teatri di tradizione”, i l”lirici sperimentali”, le “scuola d’opera” e simili. Gli eletti regionali decideranno se dare priorità al patrimonio lirico nazionale od alle fiere del carciofo gigante. Ed i loro elettori li giudicheranno.

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