venerdì 3 aprile 2009

. LA BOTTE DEL G20 E’ MEZZA VUOTA, POTREBBE RIEMPIRSI ALLA MADDALENA, L'Occidentale del 3 aprile

Sfogliando la stampa italiana di questa mattina si ha l’impressione che gli inviati di molti quotidiani , spediti a Londra per “coprire” il G20, o non hanno letto i 29 punti del comunicato conclusivo (di cui, comunque, circolavano bozze da circa una settimana) o non lo abbiano posto nella prospettiva dell’economia internazionale degli ultimi 50 anni. Amaramente, occorre ammettere che alcune delle maggiori testate straniere (principalmente quelle tedesche e quelle britanniche) sono state più caute (ed i loro inviati sono stati meno storditi dai rintocchi del Big Ben ed hanno mostrato maggiore e migliore conoscenza dei fatti). Date le diversità di un Gruppo così variegato e così variopinto, è un minimiracolo che si sia giunti ad un accordo- un fallimento avrebbe scatenato ancora di più i fantasmi dell’incertezza con conseguenze gravissime su mercati finanziari ed economia reale. La sostanza dei 29 punti suggerisce, però, che molto resta da fare . Non resta che augurarsi che parte del percorso venga realizzata da oggi all’inizio di luglio (G8 detto “della Maddalena”, presieduto dall’Italia).
Veniamo, innanzitutto, ai punti salienti. In primo luogo, l’intesa di 1000 miliardi di dollari anti-crisi sulle prime pagine della stampa non è una novità ma la mera applicazione di accordi sottoscritti a volte da decenni ed applicati con frequenza sino alla fine degli Anni 80 quando l’alto livello di liquidità mondiale non ha più richiesto che si facesse ricorso ad esso. La dotazione di maggiori risorse al Fmi (la cui ristrutturazione – speriamo – non voglia dire togliere all’Italia il seggio nel Consiglio d’Amministrazione) si basa sul General Agreement to Borrow (GBA) del 1962 (allora tra i dieci maggiori Paesi industriali e la Svizzera) a prestare al Fondo le risorse necessarie ove la crescita della liquidità mondiale non fosse adeguata alle esigenze dello sviluppo economico. Il flusso di aiuti pubblici allo sviluppo (ODA in lessico tecnico) definito a Londra è pari, in termini reali, alla metà dei livelli effettivi annuali della seconda metà degli Anni Ottanta. Le liste nere e grigie sui “paradisi fiscali” erano state stilate da almeno un lustro in seno all’Ocse ; ancora un volta non si definiscono né compiti ispettivi né sanzioni – quindi, è stato messo a punto poco più di uno spaventapasseri. Gli appelli al libero commercio ed alla conclusione della Doha Development Agenda (DDA) non vengono dal pulpito meno adatto visto che , a fonte di un appello analogo nello scorso Novembre a Washington, 17 dei 20 hanno, da allora ad ora, alzato barriere protezionistiche. Ripeto sarebbe ingeneroso non riconoscere che ad un risultato si è tuttavia giunti mentre, date le premesse (rischio di duopolio Usa-Cina, scontro Usa-Ue, fibrillazioni dell’India) si temeva un fallimento.
I punti più deboli dei risultati del G20 (e dei resoconti di entusiasti degli inviati): a) sotto il profilo macro-economico avere ignorato che in contesto in cui la base monetaria Usa raddoppia ogni sei mesi c’è il rischio che l’uscita della crisi sarà accompagnata da un’inflazione ancora peggiore di quella degli Anni Ottanta; b) l’aver trascurato che la crisi è sorta a ragione di disfunzioni micro-economiche dei mercati e che unicamente curando tali disfunzioni ci si può rimettere sul sentiero della stabilità.
Questo ultimo punto merita un approfondimento. In estrema sintesi – come ben documentato nel libro curato da Rainer Masera “The Great Financial Crisis- Economics, Regulation and Risks” – alle origini della crisi si sono stati comportamenti micro-economici (di individui, di istituzioni) determinati da una concezione errata del rischio (che si potesse diversificarlo sino ad annullarlo) e da confusione tra rischio (stimabile con il calcolo delle probabilità) ed incertezza (difficilmente quantizzabile senza ricorrere a strumentazioni avanzate ed in parte ancora sperimentali). Ciò ha comportato miriadi di scelte errate tramite quelli che noi economisti chiamiamo processi di “selezione avversa”. I salvataggi di banche e simili stanno ora innescando processi di “azzardo morale”. Tanto la “selezione avversa” quanto l’”azzardo morale” inducono a razzolare male.
Occorre andare alle radici di queste disfunzioni anche perché le prassi che si stanno diffondendo (una vera “lex mercato ria” in fieri) possono eccedere dal lato della cautela, smorzando i focolai di ripresa e , quel che è più grave, ponendoci su un percorso di crescita lenta per decenni.
Ciò comporta un nucleo duro di nuove regole e strumenti sia nazionali sia internazionali per applicarle. E’ un processo lungo e non facile. Il primo appuntamento è quello del G8 di luglio. Sul quale si ripongono tante speranze.

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