domenica 25 gennaio 2009

IL GOVERNO SI MOBILTA PER IL SETTORE AUTO E STUDIA UN PIANO DA PROPORRE ALL’UE, L'Occidentale 23 gennaio

Se nell’aldilà si potesse sorridere – chi lo sa?- l’economista Robert Sadove (soprannominato “genio e sregolatezza” come l’Edmund Kean di Alexandre Dumas, nella versione riveduta e modernizzata da Jean Paul Sartre) avrebbe l’amaro sorriso di chi ha avuto ragione troppo presto: perse, alcuni decenni fa, la direzione di un importante dipartimento della Banca mondiale per avere prodotto un rapporto in cui si sosteneva che l’industria automobilistica americana non aveva un futuro e che per quella europea il giorno del giudizio sarebbe arrivato soltanto qualche anno più tardi. Detroit insorse. Rumoreggiarono anche i “big europei”. Invece, il povero Bob (temibile giocatore di squash) aveva smentito il detto d’Oscar Wilde secondo cui le previsioni sono difficili unicamente quando concernono il futuro.
Uno dei primi problemi (tra quelli in evidenza sulla scrivania del neo-Presidente Usa Barack Obama) riguarda come evitare il collasso della metalmeccanica americana. L’arcigna Commissione Europea si sta arrabattano in pandette kafkiane per trovare il modo di giustificare aiuti di Stato alla Renault (che allo Stato- quello sarkoziano- comunque appartiene), alla Volkswagen (che, come dice il nome, è del popolo sovrano) e forse anche alla Fiat (pur se Corso Marconi lo smentisce- almeno a chi pone domande precise ed in tono formale).
Veniamo alle vicende nostrane prima di tornare a quelle europee. Da mesi, la lettura dei quotidiani informa il colto e l’inclito che il mercato dell’auto è in forte contrazione – una contrazione destinata ad aggravarsi con la recessione ora prevista per tutto il 2009. La Fiat non distribuirà dividendi (e la Fondazione Agnelli dovrà ridurre il proprio programma di ricerche e studi). Corso Marconi starebbe anzi negoziando una linea di credito di 5 miliardi d’euro con un consorzio internazionale di banche, per sostenere la modernizzazione di alcune linee e la joint venture con l’indiana Tata – non l’eventuale accordo con la Chrysler. Che l’azienda sia (come il resto del settore) in difficoltà non lo nasconde lo stesso Presidente di Confindustria, . Emma Marcegaglia, la quale ha sottolineato, il 18 gennaio, che servono "aiuti a tutti i settori che fanno efficienza energetica, risparmio energetico e riduzione delle emissioni inquinanti". Insomma non si pensi solo all'industria dell'auto, ma la metalmeccanica resta in prima fila tra i settori manifatturieri.
Nei primi giorni della settimana che inizia il 26 gennaio, Governo e parti sociali faranno il punto sul problema per giungere ad una posizione da presentare a Bruxelles quando si terrà una sessione del Consiglio dei Ministri dell’Industria e della Concorrenza per delineare una strategia Ue. Al momento, la sessione ordinaria è calendarizzata per il 5-6 marzo, ma potrebbe essere anticipata o se ne potrebbe tenere una ad hoc sull’auto. Francia e Germania – secondo quanto risulta a L’Occidentale – sono unite nel richiedere misure interventiste da modellarsi su quelle al vaglio del Congresso Usa. La ragione ufficiale è che il mercato atlantico è ormai integrato – specialmente in comparti come la metalmeccanica- e che le imprese europee verrebbero penalizzate (e nell’Ue e nei mercati terzi) rispetto a Detroit. La motivazione più sostanziale è che temono per le loro industrie automobilistiche molto di più di quanto Roma , e Torino, abbiano paura per la Fiat.
In pratica, si dovrà trovare un equilibrio molto delicato tra il neo-colbertismo e le libertà di mercato. L’Italia ha un ruolo speciale poiché è alla guida del G8 (e quindi potrebbe essere il mediatore interatlantico). Una linea da tenere in conto è proprio quella indicata da Emma Mercegaglia: sostegno sì ma all’innovazione diretta al risparmio energetico ed alla riduzione d’emissioni meno inquinanti. E, aggiungerei, in un lasso di tempo chiaramente definito (nonché auspicabilmente limitato).

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