martedì 11 novembre 2008

IL NOVECENTO E L’ ORCHESTRA SINFONICA DELLA FONDAZIONE ROMA Il Velino 10 novembre

Nata come Orchestra sinfonica giovanile di Roma, diventata, con il passare degli anni e con il crescere dei professori d’orchestra (la cui età media è ancora attorno ai 27 anni), ha cambiato nome in Orchestra sinfonica romana ed ora ne assume ancora uno nuovo Fondazione Roma- Orchestra Sinfonica. E’ il frutto di una scommessa fatta dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Roma e dall’Arts Academy guidata dal Maestro Francesco La Vecchia, che ha maturato lunghe esperienze di direttore artistico e principale maestro concertatore in teatri di rilievo internazionale in Ungheria, Brasile e Portogallo. Con un contributo relativamente modesto ed interamente privato ( circa 5 milioni d’euro l’anno) gareggia nella capitale con complessivi sinfonici finanziariamente molto meglio dotati (a spese di Pantalone), ma offre 30 concerti (ciascuno eseguito la domenica pomeriggio ed il lunedì sera) nell’Auditorium di Via della Conciliazione. I prezzi sono davvero stracciati (l’abbonamento all’intera stagione per i giovani è € 90 ; per gli anziani è appena € 160; i posti più cari per i singoli concerti sono € 18). Il tutto esaurito è di prammatica. Dopo una fase in cui l’Orchestra ha presentato principalmente il grande repertorio romantico e post-romantico (Schubert, Brahms, Beethoven, Mahler) ed il Settecento (Mozart, Haydn) – quanto, per intenderci, è più noto al pubblico - unitamente ad opere in versione sia scenica sia semi-scenica, il programma della stagione 2008-2009 è, in gran misura, dedicato al Novecento. In tal modo, l’Orchestra svolge anche una funzione sociale di rilievo: preparare un pubblico giovane (ed anche anziano) del ceto medio (che non può permettersi concerti a € 45 a biglietto) verso territori che , anche soltanto oggetto di rimozione storica per motivi puramente politici, sono relativamente poco conosciuti.
In parallelo, sul podio ci sono non solo La Vecchia pure importanti direttori stranieri ( questa stagione: Lior Shambadal, Israel Yinon, Bojan Sudjic, Jan Lathan Koening, Berislav Skenderovic, Gunter Neuhold, Muhai Tang, Edward Tchivzhel, Julian Kvatchev) . Un accordo con la casa discografica Naxos sta producendo alcune importanti incisioni di grandi autori del Novecento dimenticati, o quasi, soprattutto in Italia (Martucci, Malipiero, Casella, Ferrara, Busoni, Respighi). L’Orchestra ha acquisito notorietà e prestigio internazionale: è appena rientrata da una tournée in Cina in ottobre ed in febbraio suonerà a Berlino, Cracovia e Varsavia – ospite di istituzioni come i Berliner Philarmoniker – di fama mondiale.

Il concerto inaugurale ha coniugato uno dei capolavori di Luigi Nono (Cantata, Como una ola de fuerza y luz) per soprano, pianoforte, orchestra e nastro magnetico con la notissima “Sacre du Printemps” di Stravinskij. Solisti il soprano Manica Benvenuti ed il pianista Massimiliano Damerini. Sono due capolavori molto distinti (sotto il profilo sia temporale sia, se vogliamo, ideologico).Il lavoro di Stravinskij è del 1913, quando scatenò una vera e propria battaglia tra sostenitori ed avversari al Théâtre des Champs Elisée di Parigi. Il musicologo Tommaso Manera parla, appropriatamente di “scandalo della modernità”; Stravinskij trovava le radici della “modernità” allora più avanzata nella musica fortemente timbrica delle Russie primitive (prima che fossero unificate da Zar e da Bojardi). Stravinskij restò apolitico per tutta la vita, ma non tornò nella Patria dopo la rivoluzione sovietica e non celò la propria ammirazione per Mussolini (che considerò uno dei rari capi di Governo pronto ad operarsi per la musica contemporanea – con il Festival di musica contemporanea di Venezia). Il lavoro di Nono (dal 1952 alla morte nel 1990 militante del PCI) è del 1972; è stato eseguito in Italia una sola volta (in un concerto diretto da Claudio Abbado alla Scala: Da allora, benché ripreso più volte dalle maggiori istituzioni sinfoniche straniere, non è stato più riascoltato nel nostro Paese. Ambedue richiedono un organico orchestrale enorme; in aggiunta, gli orchestrali devono essere ciascuno un solista in grado di attingere alle più alte vette della propria professionalità e del proprio virtuosismo. Il lavoro di Nono presenta due difficoltà aggiuntive: suonare all’unisono con un nastro magnetico stereofonico ed integrarsi con la voce del soprano.
L’Orchestra ha dato prova di grande maturità nell’affrontare le due partiture: lacerante e straziante la prima eseguita, quella di Nono (un’ode funebre per uno dei leader del movimento rivoluzionario cileno, Luciano Cruz); una rievocazione di riti primitivi (con sacrifici umani) la seconda, quella di Stravinskij. Con un approccio inconsueto (ma utile ai fini di formazione del pubblico), dopo il concerto, La Vecchia si è intrattenuto in sala a rispondere a domande di un pubblico, perplesso ai primi accordi del lavoro di Nono ma sempre più appassionato da un programma che ha salutato con vere e proprie ovazioni alla fine dell’esecuzione.

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