mercoledì 17 settembre 2008

TAN DUN PORTA SULLE ACQUE LA PASSIONE DI BACH, Il Velino 18 settembre

Chi desidera, al tempo stesso, assistere ad uno spettacolo straordinario, nel senso etimologico di “fuori dall’ordinario”, e dare una testimonianza contro i totalitarismi corra al Complesso degli Agostiniani di Rimini per la prima esecuzione scenica di “Water Passion, after Saint Mattew” (“La Passione sull’acqua, secondo San Matteo) di Tan Dun in scena (19 e 21 settembre

Ad accezione degli esperti di musica contemporanea, pochi sanno chi è Tan Dun; ne hanno una conoscenza superficiale basata sulle sue musiche da film, che gli hanno fruttato un Premio Oscar e dall’essere stato scelto come direttore musicale delle Olimpiadi di Pechino (pur se vive principalmente negli Usa – ma anche una residenza a Shangai). Nato nel 1957, in un piccolo villaggio dello Changsha apprende o dallo “shimao”, il leader religioso le regole ancestrali delle musica eseguita con pietre ed acqua. Anche bambini, finisce in un campo di lavoro durante la “rivoluzione culturale”. Ne scappa per il naufragio, con perdita di vite umane, di una compagnia d’opera. Da bracciante in risaia, diventa mozzo. La compagnia lo apprezza e lo invia a studiare al conservatorio di Pechino. Nel 1985 – grazie all’apertura della Cina al resto del mondo - arriva, con una borsa di studio, a Columbia University dove scopre la sperimentazione e la live electronics con Philip Glass, John Cage, Meredith Monk, Stev Reich. Sviluppa uno stile proprio in cui fonde quanto appreso dalla “shimao” (la musica organica) con il classicismo occidentale che permeava il Conservatorio di Pechino , e lo sperimentalismo.
La “Water Passion” è uno dei frutti più completi tale fusione di stili e di generi. Nasce da una commissione dell’accademia internazionale di Stuttgart per commemorare i 250 anni dalla nascita di Bach (Tan Dun ricorda che “Bach” in tedesco vuole dire piccolo fiume): una riscrittura in chiave moderna della “Passione secondo Matteo” di Bach .
L’organico non prevede un’orchestra vera e propria, ma un ensemble di percussionisti (che suonano su vasche, della forma di grandi insalatiere, d’acqua – 17 disposte a forma di croce), un violino, un violoncello, un coro, un soprano da coloratura ed un basso d’agilità. Non mancano, naturalmente, sintetizzatori elettronici per meglio collegare i percussionisti e le vasche d’acqua. In secondo luogo, la musica organica dell’acqua (di volta in volta accarezzata, sbattuta, sfiorata) accompagna i vari momenti del testo, dal battesimo (necessariamente nell’acqua) alla resurrezione (anche essa esaltata dalle acque). In terzo luogo, ai due solisti si richiede una vocalità virtuosistica: il soprano raggiunge tonalità altissime (toccate unicamente dalla musica barocca), il basso deve coniugare una vocalità occidentale con suoni mongoli. In quarto luogo, il violinista ed il violincellista devono piroettare alla Paganini. In quinto luogo, al coro si richiede di viaggiare da momenti che richiamano il canto gregoriano ad altri derivanti invece dal misticismo tibetano. E Bach? Emerge dalle acque, dai solisti, dal coro e dalla live eletronics tramite allusioni e citazioni.

Tan Dun afferma che la sua intenzione era quella di creare una Passione che fosse compresa dal pubblico di oggi ma restasse rigorosamente nei binari fissati da San Matteo. Ci è riuscito? Il pubblico mondiale acclama da due anni la versione da concerto. Quello italiano giudicherà l’edizione scenica.

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