sabato 27 settembre 2008

L’AMERICA BATTE CASSA: ORA TOCCA ALL’EUROPA, Il Tempo 27 settembre

Il Congresso americano ha oggi dato (non senza contrasti) il primo via al piano presentato dal Tesoro Usa per ampliare (a 700 miliardi di dollari) le misure di salvataggio per il sistema finanziario del Paese. In parallelo le maggiori banche centrali si sono mosse per dare iniettare maggiore e tentare, in tal modo, di superare il clima di sfiducia creatosi, prima tra gli operatori finanziario al dettaglio, tra le stesse maggiori banche e finanziarie. Si sono mosse all’unisono la Fed, la Bce, Banca d'Inghilterra e la Banca Nazionale Svizzera. La sola capacità di intervento della Fed sale a 290 miliardi di dollari (ripetiamo in attesa del più vasto programma al vaglio delle Camere).
Che significa tutto ciò per famiglie ed imprese lontane da Wall Street e dai suoi complicati strumenti? In primo luogo, ciò vuol dire ciò che i servizi studi del Fondo monetario e della Bce dicono da tempo: la crisi finanziaria non sarà solamente lunga (le stime indicano che durerà sino a tutto il 2009) ma anche profonda e larga – ossia, tra alcuni mesi (nonostante le dichiarazioni confortanti che vengono pronunciate un giorno sì ed uno no) toccherebbe grandi istituzioni finanziarie europei che hanno nei loro portafogli proporzioni anche importanti di titoli strutturati di cui oggi nessuno sa quale il valore. Ciò non potrà non avere effetti sull’economia reale che in Europa già batte la fiacca (per l’area dell’euro si stima una crescita dello 0,9% per il 2009 con un ulteriore rallentamento rispetto all’1,3% previsto per l’anno in corso). I Ministri economici e finanziari del G7 (ed i loro sherpa) sono in stretto contatto in vista della riunione in programma il 10 ottobre a Washington (ma che potrebbe essere anticipata).
In secondo luogo, dal Tesoro Usa parte non un appello ma un invito molto forte agli europei: siano sulla stessa barca e, di conseguenza, dovete mettervi a remare anche voi ( a suon di miliardi di dollari). Questa è la terza fase di una strategia per cercare di risolvere la crisi. La prima, nell’estate 2007, ha riguardato una forte iniezione di liquidità (molti commentatori la hanno salutata come risolutiva) . La seconda (attuata prima in Gran Bretagna e poi negli Usa) si è articolata in aiuti pilotati verso alcune istituzioni particolarmente nei guai (in certi casi gli aiuti sono diventati nazionalizzazioni). La terza, l’attuale, è generalizzata ed ha dimensioni mai viste in precedenze: ha l’ambizione di rimettere a fare funzionare il mercato cercando di scoprire quale è il valore (ossia il prezzo) di titoli complicati ed opachi da cui tutti rifuggono ma qualcosa pur varranno in quanto combinati con azioni, obbligazioni ed ipoteche di buona qualità. Nessuno sa quante risorse sono necessarie per andare sino al punto in cui il mercato (dei titoli) ricominciare a funzionare.
L’Ue (specialmente l’area dell’euro) è di fonte ad un dilemma: se risponde “no” non potrà contare sulla solidarietà del resto del mondo se e quando il terremoto arriverà da noi; se risponde “sì” dà un lungo addio al patto di stabilità.

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