venerdì 26 settembre 2008

IL MASSIMO RISANA I CONTI CON IL RIGORE DEI PURITANI Il Velino 26 settembre

Ancora una volta la cultura e l’arte si presentano come la leva per il rilancio di un territorio. E’ questo il caso della rinascita di Palermo attorno al “suo” Massimo, il magnifico teatro costruito alla fine dell’Ottocento su un progetto dell’Architetto G.B. Filippo Basile in quella che allora era il cuore nei nuovi quartieri eleganti della città , inaugurato (con “Falstaff” di Verdi) il 16 maggio 1897, chiuso per restauri per circa un quarto di secolo e riaperto nel maggio 1997. Il Massimo è stato travagliato da deficit e debiti crescenti sino al 2004. Nel 2002 aveva un disavanzo di 13 milioni di euro ed uno stock di debito 26 milioni di euro. Cifre da minacciare commissariamento ove non sospensione delle attività. Lo stock di debito viene gradualmente ripianato tramite un mutuo (da rimborsare su un periodo di 20 anni). Da tre anni, la fondazione lirica palermitana chiude il bilancio consuntivo in utile. Nel 2007, l’attivo ha sfiorato 2 milioni di euro (di cui 800.000 di sopravvenienze straordinarie. Ciò è avvenuto nonostante un aumento dei costi per il personale (passati da 25,2 a 27 milioni di euro).
Una politica artistica basata su co-produzioni con i maggiori teatri italiani e esteri, e presentazione di “prime” assolute per l’Italia, nonché coniugata con ferree economia di gestione ha fatto sì che i conti stiano tornando in ordine. Il saldo finanziario attivo rispecchia anche l’aumento di rappresentazioni e di presenze, segno di rinnovato interesse della città per il “suo” principale teatro. Tale interesse è dimostrato dall’apporto degli sponsor. Dal 2007, inoltre, il Banco di Sicilia, eroga 1.3 milioni di euro di contributi l’anno ed è entrato come socio privato nella fondazione. Il successo del Massimo ha trascinato altre arti dal vivo: nonostante Palermo sia città in serie difficoltà di crescita del valore aggiunto e del reddito ed abbia uno tassi di disoccupazione più alti in Italia, negli ultimi anni sono stati aperti tre teatri: il Nuovo Montevergine, il Kalsart ed il Teatro del Barocco a Palazzo Bonagia. Il Sindaco Diego Cammarata sottolinea come l’affluenza sia ottima; naturalmente, le tipologie di pubblico sono differenti , elemento incoraggiante per la diffusione della cultura nei ceti più diversi.

Il nuovo allestimento di una delle opere più raramente rappresentate, anche se più belle, di Vincenzo Bellini è una chiara indicazione della strategia. Ultima opera di Bellini, “I Puritani) è apoteosi del “belcanto”, è basata su un libretto piuttosto improbabile in cui amori, intrighi, tradimenti (finti o presunti), e pazzia ai tempi delle guerre Cromwell con colpo di scena e lieto fine. De Chirico ne firmò un allestimento (rivisto a Roma alla fine degli Anni Ottanta) in cui l’astrusa vicenda era trasformata in un gioco di carte - una fazione erano i “quadri” e l’altra i”cuori”- quasi a sottolineare l’irrilevanza del testo del Conte Pepoli, patriota in esilio a Parigi. L’allestimento palermitano di Pier’Alli (in scena dal Massimo dal 21 al 28 settembre) è co-prodotto con i teatri lirici di Bologna (dove andrà in febbraio), di Cagliari (in primavera avanzata). In luglio, sarà al Festival di Sanvonlinna in Filandia in luglio e infine a Tokio nell’enorme Bunka Kaikan. E’ una messa in scena all’insegna dell’economia dei costi, delle sinergie, della qualità e dell’”esportar cantando” del “made in Italy”. Il grigio domina i primi due atti, mentre il verde e l’azzurro caratterizzano il terzo. Veloci siparietti e proiezioni facilitano l’adattamento a palcoscenici di varie dimensioni.
Sotto il profilo musicale, la concertazione di Friederich Haider dilata i tempi per dare risalto all’atmosfera melanconica (di un Bellini 35nne ma già molto malato). Grande successo della protagonista ­ la bella e giovanissima Désirée Rancatore già da diversi anni sulla scena internazionale; palermitana: il pubblico le concede più applausi a scena aperta di quelli che le attribuirebbe il critico. Sublime in certi momenti, ma un po’ sciatta in altri; sulla cresta dell’onda da quando aveva 20 anni (e debuttò all’improvviso a Palermo nel “Rosenkavalier” nel 1998 ) dovrebbe contenere le offerte che le giungono da tutto il mondo ed evitare ruoli (quelli verdiani) ancora poco adatti alla sua vocalità “belcantistica”. Ottimo il registro, la tessitura, il fraseggio e la sparata dei “do” e dei “re” di José Bros. Carlo Colombara conferma di essere un basso di coloratura di livello. Marco De Felice di essere un baritono di cui si parlerà nei prossima anni. Buoni gli altri, specialmente il coro guidato da Miguel Fabián Martínez. Chi perde lo spettacolo a Palermo (in scena sino al 28 settembre) può gustarlo a Bologna, a Cagliari. O in giro per il mondo.

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