mercoledì 17 settembre 2008

CAI SI E’ RITIRATA MA LA PARTITA E’ DAVVERO CHIUSA? L'Occidentale del 18 ottobre

Nella vicenda Alitalia sembra che si sia ormai arrivati al “fin de partie”, titolo indimenticabile di una delle più belle “pièces” di Samuel Beckett, il maestro irlandese del teatro dell’assurdo. Il “sembra” è d’obbligo poiché è possibile che gli irriducibili del sindacato cambino atteggiamento di fronte alle prospettive di disoccupazione per 20.000 persone (senza cassa integrazione sia poiché la legge consente tali interventi unicamente in caso di sospensione temporanea dal lavoro per ristrutturazione sia perché è difficile trovare una giustificazione per porre il costo di rigidità corporative a carico della collettività).

Su L’Occidentale del 12 settembre abbiamo spiegato come gli irriducibili del sindacato, ormai nell’angolo, avessero tentato un “gioco ad ultimatum”, analogo a quello di Don Giovanni con la statua del Commendatore nella convinzione, o meglio illusione, che la statua si piegasse alle loro richieste. Al pari di Don Giovanni, non hanno compreso che il mondo è, in questi lustri, cambiato. Il “Don” pensava di potere essere il “burlador” di Siviglia in un quadro che invece viaggiava già verso l’illuminismo; gli irriducibili credevano si fosse ancora nell’Italia della consociazione dove tutto è possibile purché se ne scarichi il costo sui contribuenti. Non hanno afferrato che una delle conseguenze dell’unione monetaria europea è che le prassi del passato non sono più fattibili. Ormai ci si deve comportare come il resto d’Europa e del mondo: Pantalone (anche ove volesse farlo) non può più essere torchiato. Lo Stato soprattutto non può più accettare (anche ove lo volesse) all’arma del ricatto, quali che sono le conseguenze possibili. Su L’Occidentale del 16 settembre ho raccontato l’arroganza e la cattiva educazione con cui i passeggeri (paganti € 550 per Roma-Reggio Calabria e ritorno) sono stati trattati. Alcune parti del sindacato Alitalia volevano il fallimento nell’utopia o di un miracoloso intervento pubblico o di una palingenesi della società italiana con le aziende di trasporto ormai decotte affidate ai lavoratori in nuove forme di cooperative sociali. Lo hanno avuto. Naturalmente, chi è oggi all’opposizione ha soffiato, e continuerà a soffiare, su questo fuoco.

Il “farewell” della Cai – attenzione – non riguarda il singolo episodio dell’ultimo “gioco ad ultimatum”. E’ stato chiarissimo, in conversazioni personali, Jean-Cyril Spinetta, un cattolico socialista di profonde convinzioni e di grande umanità. Quale imprenditore può permettersi di dare sempre di più a chi è già in una posizione di privilegio e lavora per un’azienda che perde oltre un milione d’euro al giorno? Quale imprenditore può accollarsi sindacati, grandi o piccoli, che puntano sempre al rialzo?

Il primo nodo è che il “gioco ad ultimatum” di una minoranza danneggia migliaia di famiglie, anche perché da oggi essere stato un ex-lavoratore Alitalia non sarà avvertito, sul mercato del lavoro, come un pregio ma come il rischio di trovarsi a che fare con mestatori di malumori.

Quale il prossimo passo prevedibile? Il Commissario Augusto Fantozzi dovrebbe verosimilmente mettere all’asta l’azienda fallita o interamente o per rami distinti. E’ possibile che alcuni imprenditori raggruppatisi nella Cai si rifacciano vivi ed assumano parte dei lavoratori inevitabilmente messi in mobilità. Il leader dell’Uil Luigi Angeletti ha parlato di “catastrofe sindacale sociale”. Il leader della Cisl ha detto che “per responsabilità di pochi pagheranno in molti”. Dalla vicenda esce sconfitta l’Italia che vuole portare indietro le lancette dell’orologio.

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