lunedì 4 agosto 2008

SESSO IN CHIESA A MACERATA Il Velino 4 agosto

Sesso in Chiesa! Nelle cattolicissime Marche! Il 27 luglio nell’auditorium San Paolo (una bella Chiesa barocca, ora diventato aula magna dell’Università ma con lapidi che ricordano una visita di S.S: Paolo Sesto) si è svolta, nell’ambito del Festival dello Sferisterio, la prima mondiale dell’ultima opera di Marco Tutino: “The Servant”, tratta dal romanzo di Robin Maugham, il cui intreccio, al tempo stesso morboso ed inquietante (per i complessi risvolti psicologici su cui è basato), è noto principalmente tramite la trasposizione cinematografica fattene da Joseph Losey nel 1963.
Un vero e proprio evento: regìa di Gabriele Lavia, quattro cantanti di nome (Alfonso Antoniozzi, Mark Milhofer, Giuseppina Piumi, Ruth Rosique), il “quartetto di Fiesole” rafforzato da tre strumentisti. Gran parte del mondo del teatro in musica italiano era lì per vedere (e per farsi vedere). Il lavoro è intrigante: in un’ora e mezzo e nove scene narra del progressivo plagio del giovane Tony da parte del cameriere Barret. E’ un plagio che avviene utilizzato il sesso, delle donne di Barret ed anche del maggiordomo in persona. Nelle nove scene, ci sono sette momenti di sesso esplicito (nei limiti consentiti in un’opera da camera in cui i cantanti-attori devono anche dar sfoggio della loro vocalità e capacità di recitazione). Naturalmente si va dal sesso orale a quello anale a quello a te – tutti molto rapidi, veri e propri “quickies”, si dirette all’inglese. In effetti, mai tanto sesso in teatro è stato così privo d’eros. L’eros richiede tempo, non mette in mostra tette o genitali, è allusivo, graduale . Monteverdi e Cavalli (circa quattro secoli fa) componevano musica molto più lasciva senza che in scena si dovessero mimare varie posizioni sessuali. La seconda parte del secondo atto di “Siegfried” è un’escalation verso il lungo orgasmo dei due protagonisti; il vecchio Wagner se ne intendeva più di che cerca d’“épâter les bourgeois” (stupire i borghesi). Tale intento è accentuato dal fatto che il salone-stanza da letto di Tony (dove si svolge l’azione) è nel transetto di una Chiesa barocca. L’obiettivo è stato centrato? Lo si potrà dire se altri teatri replicheranno l’allestimento (se possibile su palcoscenici veri e non tra acquasantiere e statue religiose) e lo faranno vedere ad un pubblico differente da quello delle “prime”. La regia, la recitazione, il canto e l’orchestrazione sono ineccepibili. Tuttavia, all’orecchio di chi s’intende di musica contemporanea, è parso ascoltare qualcosa di vecchiotto – come le opere di Britten degli Anni Cinquanta, senza però la carica che avevano queste ultime.
Un suggerimento a Pier Luigi Pizzi, direttore artistico del Festival. Se l’anno prossimo vuole mettere in scena (a pochi chilometri dal Santuario di Loreto) un’opera omo-erotica scelga tra “Billy Budd” di Britten allo Sferisterio e “Castore e Pollux” di Raneau per il “Lauro Rossi”. Ma lasci in pace Tutino . Il quale non crediamo che di omo-eros si intenda.

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