sabato 7 giugno 2008

I PROMESSI SPOSI DEL CIELO TRICOLORE DEVONO STARE ATTENTI AI LOW COST, Libero del 7 giugno

E’ nato un nuovo partito, quello delle nozze tra Alitalia ed Air One per dare vita ad una fusione a cui, forse in futuro, aggregare altri partner industriali e finanziari. Il gruppo bancario Intesa San Paolo ha fatto sapere che “per ora presterà opera di sola consulenza” al Governo (ossia esaminare i conti, le potenzialità, le possibilità e le probabilità di un rilancio di Alitalia – nulla di più); le “banche con le ali”, come ha scritto Libero Mercato lo scorso dicembre, non piacciono neanche a loro in quanto si rendono conto dei pericoli (non solo dei rischi) di entrare in un tale ménage (pure nella sola veste di testimone di nozze). Tuttavia il partito pare solido (almeno in Italia; nel resto del mondo si dà, a torto od a ragione, Alitalia per spacciata se non riuscirà ad entrare, da socio minoritario, in una partnership internazionale). E’ un partito chiaramente bi-partisan, dati i contatti su cui conta il vettore con sede sociale a Chiedi ed operativa a Roma. Ha propri coreofi nei giornali e nelle televisioni, ammaliati dal fascino dell’italianità dell’operazione. Prende le distanze dal partito delle nozze “Il Sole-24 Ore”, nei cui servizi vengono presentati dati secondo cui la capacità di carico media dei voli Air One sarebbe al 50%, ben al di sotto di quel 75-80% che con gli attuali alti costi di gestione viene considerato necessario per sopravvivere. Sempre “Il Sole-24 Ore” riporta analisi sconfortanti su margine operativo lordo, indebitamento e capitale effettivamente disponibile d’Air One: se nessuno smentisce i dati, a mio parere la fusione equivarrebbe a dare al vettore un’”opzione call” sul bilancio dello Stato per invocare (ed ottenere) sostegno allo scopo d’impedire interruzioni di pubblico servizio. Sarà probabilmente Intesa San Paolo a condurre un’analisi dei conti e della capacità industriale non soltanto di Alitalia ma anche d’Air One: quando ci si vuole sposare, di norma, si offrono assicurazione sulla propria capacità di far fronte ai doveri coniugali, sotto il profilo tecnico e finanziario , specialmente se un giovanotto (Air One ha circa 25 anni) sposa un’attempata un po’ malconcia e messa decisamente male dal punto di vista del patrimonio e del reddito.
Il partito bipartisan delle nozze Alitalia-Air One ha lanciato nel contempo un attacco nei confronti delle “low cost” (Raynair , non dimentichiamolo, ha fatto ricorso alle autorità europee contro il prestito/aumento di capitale di 300 milioni di euro per fare sopravvivere Alitalia ancora un po’- c’è chi stima 12 mesi chi parla di, al massimo, sei). Le “low cost” vengono additate come le bestie nere che avrebbe portato disordine nell’armonia nella navigazione aerea. A chi fa presente che esse hanno invece aperto un mercato dove l’oligopolio collusivo era la prassi, si risponde con un nuovo argomento: stanno danneggiando l’ambiente (con un forte inquinamento atmosferico) tanto che dovrebbero essere messe al bando o quasi in base al Protocollo di Kyoto. Inoltre, sarebbe diventate fragilissime e, quindi, inaffidabili a ragione degli aumenti dei prezzi del carburante che ne avrebbero messo a repentaglio i conti economici. Questi argomenti hanno sostanza ma si applicano a tutte le compagnie aeree: quanto più si vola (quale sia il “carrier”) tanto più s’inquina. Le prime compagnie a cadere sotto la scure dell’incremento dei prezzi dal carburante sono state alcune major americane. In questi giorni, alla riunione annuale dell’IATA tenutasi a Istanbul, è stato messo in rilievo come non è il modello “low cost” ad essere in discussione; saranno le tariffe aree di tutti a dover essere ritoccate all’insù sino al ritorno a mercati meno burrascosi.
Le “low cost”, anzi, non soltanto continueranno ad essere una minaccia a sponsali con le ali tra partner squattrinati, ma ad apportare benefici economici di rilievo a Paesi a vocazione turistica come l’Italia. Lo dice a tutto tondo uno degli ultimi documenti firmati , il 14 marzo, da Pier Luigi Bersani nella sua veste di Ministro per lo Sviluppo Economico. Le “low cost” hanno generato flussi “nuovi” di turisti stimolati dai bassi prezzi dei biglietti che hanno rappresentato un’opportunità per le regioni del Mezzogiorno per incrementare il turismo nei flussi di bassa stagione e contrastare la stagionalità del turismo (ed i costi finanziari, economici e sociali che essa comporta). Un’analisi dettagliata relativa al traffico allo scalo d’Alghero analizza la distribuzione mensile del numero dei passeggeri confronta i dati del 2000 con quelli del 2006 e dimostra come uno degli esiti principali sia stato quello di ridurre la pressione nei mesi di luglio ed agosto per spalmare il turismo sui 12 mesi dell’anno (incoraggiando anche in inverno attività collegate, ad esempio, al golf). Un indice di stagionalità, calcolato come deviazione standard dei flussi mensili di traffico, evidenzia come nel 2000-2006 dove c’è stata una maggiore specializzazione nei collegamenti a basso costo (Ciampino, Bergamo, Treviso) la stagionalità turistica è quasi dimezzata. Di conseguenza, l’enfasi nei programmi di sviluppo delle Regioni del Sud (a valere sui fondi strutturali europei) nell’attrezzare i loro scali per le “low cost”. Anche in base ad una decisione assunta dalla Commissione Europea (Decisione 2004/393/CE del 12 febbraio 2004) in materia di interpretazione della normativa per gli aiuti di Stato rispetto al traffico “low cost”, ed alla apertura dei mercati che ne consegue. Non agli sponsali con le ali che minacciano, invece, di restringere i mercati proprio nelle rotte più redditizie.

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