martedì 3 giugno 2008

DAZI AGRICOLI E INDUSTRIALI IL NEGOZIATO WTO E’ ORMAI DEFUNTO, Libero 31 maggio

In questi giorni c’è stata una vera e propria offensiva mediatica del Direttore Generale del Wto (World Trade Organization anche chiamata Organizzazione Mondiale del Commercio, Omc), Pascal Lamy per giungere ad un accordo quanto meno su dazi e tariffe relative ai prodotti industriali ed a qualche ritocco al regime commerciale in materia di agricoltura entro l’inizio dell’estate. L’accordo verrebbe concluso ad un vertice “informale”, a Parigi, dei Ministri dei maggiori Paesi coinvolti nella Doha development agenda (il negoziato multilaterale sugli scambi che si trascina dal novembre 2001). L’offensiva mediatica è accompagnata da un’intensa attività diplomatica da parte del Commissario Europeo incaricato di rappresentare l’Ue , Peter Mandelson, a Roma il 29 maggio. A livello tecnico, il Presidente del gruppo di lavoro Wto “accesso ai mercati non agricoli”, Don Stephenson, ha chiesto, il 27 maggio, ai suoi colleghi di redigere una bozza di testo con urgenza- in modo che a Parigi si possa giungere alla parafasi, o meglio ancora alla firma di un documento.
Cosa possono produrre questi sforzi? In primo luogo, è utile chiarire ai lettori che né Lamy né Mandelson sono “free trader” (ossia liberisti in materia commerciale). Considerarli tali è una caricatura tanto quanto lo è chiamare “protezionista” Giulio Tremonti. Lamy è stato a lungo assistente, prima, e Capo di Gabinetto, poi, di Jacques Delors; è un cattolico socialista francese che al colbertismo dello Stato intervista (tipico del Dna d’Oltralpe) aggiunge un pizzico di catto-socialismo. La Francia gli ha assicurato la poltrona di Direttore Generale del Wto proprio in quanto è un volto rassicurante per chi non è troppo “free trader” (gli asiatici, soprattutto).
Neanche Peter Mandelson ha credenziali “free trader”. Ministro dell’Industria dì Tony Blair, tento di rivitalizzare la programmazione economica in una Gran Bretagna ormai allergica allo stesso termine. Lasciò l’incarico per un piccolo scandalo di sesso e favori. Prima di approdare a Bruxelles, è stato alla guida del Policy Network, la rete di pensatoi di quello che Romano Prodi chiamava “l’Ulivo Mondiale” (sembrano passati secoli ma si tratta di meno di due lustri). Presenzialista ai convegni di ItalianiEuropei, amico personale di Massimo D’Alema, Mandelson ha anche progettato un mini-Iri da esportazione in Paesi in transizione dal socialismo reale al mercato. Alla Commissione non è riuscito ad incidere di mezzo millimetro sulla Politica agricola comune (Pac) pure poiché di tanto in tanto la stampa francese (molto legata alla Pac) gli ricorda la vecchia storia che portò alle sue dimissioni dal Gabinetto Blair. Il negoziato, quindi, non è proprio nelle mani più adatte; né Lamy né Mandelson sono credibili. Soprattutto se si mettono sul pulpito e pronunciano prediche sulle virtù del libero mercato.
Più importante delle personalità coinvolte è il clima generale. Dopo oltre sette anni di negoziati estenuanti (senza che da Lamy sia venuta una sola idea nuova ed originale) sono tutti stanchi di un’intrapresa che sembra destinata al fallimento per vari motivi. Da un lato, dall’altra sponda dell’Atlantico spira un forte vento protezionista specialmente nell’eventualità di vittoria di Barack Obama o peggio ancora di Hillary Clinton; lo stesso McCain mostra cautela poiché la lobby protezionista può essere decisiva sull’esito elettorale. Da un altro, il marasma finanziario da mesi sui mercati mondiali non favorisce gli accordi commerciali multilaterali. Da un altro ancora, alcuni nuovi soci del Wto (per eleganza non facciamo nomi- in ogni caso sono sulla bocca di tutti) sono usi non ad applicare le regole ma a distorcerle per i loro fini – quindi, a barare (pure in maniera poco garbata).
In queste circostanze, c’è il rischio di un accordo “de minimis”, per soddisfare l’orgoglio di Lamy, Mandelson e pochi altri ma privo di veri effetti sul commercio mondiale d’oggi e soprattutto di domani. Di fronte ad un negoziato defunto, è preferibile pronunciare un requiem. E cominciare a tessere la tela per una nuova trattativa da mettere in campo dopo le lezioni americane, se c’è l’atmosfera adatta. Con un copione nuovo. Con nuovi interpreti. Anche con nuovi comprimari.

Nessun commento: