martedì 24 giugno 2008

ALEMANNO COPI DA NEW YORK, Libero 24 giugno

La situazione finanziaria ereditata dalla capitale dopo 13 anni di governo delle sinistre solleva non solo il problema delle responsabilità politiche (e, se del caso, amministrative) ma anche quello di come risolverla in un quadro – come l’attuale – di federalismo fiscale “incompiuto” e di quelle che possono essere le conseguenze di un’eventuale insolvenza della capitale sul resto d’Italia, in particolare sulle aree più produttive, quelle del Nord.

In primo luogo, se in Italia si fosse già realizzato il federalismo fiscale, le responsabilità sarebbero chiare: i romani avendo scelto per circa tre lustri amministratori che hanno gradualmente dato sempre maggiore rilievo all’effimero e sempre meno attenzione ai conti pubblici (e pur pieni di debiti si sono lanciati in un’operazione di “soccorso rosso” nei confronti della Regione Lazio per evitarne il commissariamento) sarebbero i soli a doversi assumere il compito di tamponare, in una prima fase, i conti della città e risanarli in una seconda. Ciò detto, resterebbero pur sempre le implicazioni sul resto d’Italia. . Una bancarotta di Roma avrebbe trascinato con se il resto d’Italia così come negli Anni Ottanta quello (paventato) d’Istanbul avrebbe colpito l’intera Turchia e negli Anni Settanta quello (evitato per un pelo) di New York avrebbe inflitto un colpo durissimo all’intera comunità internazionale.
Ciò per due ordini di motivi. Innanzitutto, il danno reputazionale al sistema Italia nel suo complesso: stime econometriche condotte negli Usa in occasione degli scandali finanziari degli Anni Novanta hanno rilevato che esso è tale a 16 volte il risarcimento di norma attribuito (dalla magistratura) ai danneggiati. Tale danno avrebbe riguardato l’intera Italia non solo la capitale, così come gli scandali dei rifiuti in Campania colpiscono tutto il Paese non solamente Napoli e la Regione – basta scorrere gli articoli della stampa internazionale in cui si mette sotto accusa tutta l’Italia (senza distinguere tra livelli di governo, maggioranza e opposizione e quant’altro). Inoltre, stime per quanto preliminari sulla base della matrice della contabilità sociale (che rappresenta le relazioni tecniche tra settori e tra flussi finanziari) indicherebbero verosimilmente che le aree maggiormente colpite sarebbero al centro-nord sia perché sono quelle che hanno maggiori crediti con Roma sia perché sono quelle dove un freno dell’economia romana porterebbe ad un maggior rallentamento. E’ interesse, dunque, del Nord e del resto d’Italia venire incontro a Roma. E prendere questa occasione anche come strumento aggiuntivo per attuare un efficace federalismo fiscale.
Su un quotidiano romano, ho sottolineato come la soluzione non sta in un approccio consociativo tipo Commissione Attali/Bassanini. Meglio prendere come esempio il risanamento di New York, attuato nella seconda metà degli Anni Settanta da Felix Rohatyn , a lungo alla guida di Lazard Frères e negli Anni 90 Ambasciatore Usa in Francia ed ai vertici di Lehman Brothers. Rohatyn creò la Municipal Assistance Corporation (Mac), una finanziaria costituita con le forze finanziarie ed imprenditoriali della città (ma anche con il supporto del Governo federale) che nell’arco di tre anni fu in grado di portare al pareggio del bilancio comunale e di cinque di tornare all’emissione d’obbligazioni comunali di alto “rating”. Gli atti della Mac sono pubblici e possono essere consultati on line anche oggi al http://newman.baruch.cuny.edu/digital/2003/amfl/index.htm. . Un’operazione analoga è stata fatta per il risanamento finanziario d’Istanbul in gran misura frutto della mente di Neçat Erder, economista prima all’Ocse e poi alla Banca Mondiale. La strategia è stata analoga: l’intervento (essenziale ma non sufficiente) del Governo centrale, ed un programma d’austerità delle spese municipali, come molla per indurre la finanza e l’industria privata in compra-vendita del debito municipale sul mercato secondario e di titolarizzazioni al fine di alleggerire il fardello sulla finanza comunale. New York degli Anni Settanta era l’hub della finanza internazionale; quindi, furono le forze della città ad attivarsi. Per Istanbul, si mosse tutta la Turchia (l’industria è localizzata quasi interamente in Anatolia).

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