domenica 11 maggio 2008

VIAGGIO ALLA FINE DEL MILLENNIO, operaclick 11 maggio

Roma/ Teatro dell’Opera
VIAGGIO ALLA FINE DEL MILLENNIO
Opera in due atti e dieci scene
Libretto di A.B. Yehoshua, Musica di Josef Bardanashvili


E’ una notizia bella ma imbarazzante. Israele ci ricorda che l’opera non è un genere da museo, ma un’arte viva e vitale. Ci mette a disagio che lo rammenti proprio in Italia dove l’opera è nata e cresciuta.
L’8 maggio, al Teatro dell’Opera di Roma, addobbato per le grandi occasioni, al fine di iniziare una serie di celebrazioni per i 60 anni dalla nascita dello Stato d’Israele, è stata messa in scena (purtroppo per un’unica sera) “Viaggio alla Fine del Millennio” opera in due parti e dieci quadri di Josef Bardanasvili su libretto di A.B. Yehoshua (autore del romanzo da cui è tratta). Il lavoro è stato commissionato dall’Israeli Opera di Tel Aviv dove ha debuttato il 21 maggio 2005 ed è da allora in repertorio a Tel Aviv.La recita romana è stata la prima al di fuori dello Stato d’Israele. Per chi ama la cultura in generale ed il teatro in musica in particolare rappresentare un’opera contemporanea (d’autori viventi) in occasione di un evento celebrativo è un’eccellente idea. Dovremmo riprenderla e replicarla. In Italia, invece, in situazioni analoghe si ripescano opere del Settecento ed è raro vedere sui nostri palcoscenici lavori contemporanei, anche quelli d’autori americani che hanno grandi risultati di biglietteria tanto negli Usa quanto in numerosi Paesi europei (Gran Bretagna, Germania ed ora anche Francia) dove sono regolarmente messi in scena,
A.B. Yehoshua è uno dei più noti scrittori israeliani. Il libretto è tratto da un suo romanzo dallo stesso titolo – non necessariamente il suo capolavoro (io considero tale “L’Amante”). E’ ambientato attorno all’anno Mille tra Tangeri, la Spagna, Parigi, Worms e la Foresta Nera. La trama è complessa poiché comprende un vasto numero di personaggi ed anche intrecci secondari. Può essere, però, riassunta in poche righe al fine di comunicare il significato del lavoro. Il mercante ebreo marocchino Ben Atar va in Europa per potersi riconciliare con il nipote Abulafia, ma finisce processato e scomunicato per la sua bigamia; gli ebrei del Nord Africa avevano adottato tale costume dalle prassi arabe. Non per nulla il miglior amico di Ben Atar è il suo socio in affari mussulmano Abu Lufti. Gli ebrei insediatesi nel Nord Europa, legati ai precetti religiosi tradizionali, vietavano la bigamia. Il messaggio essenziale è la ricerca della tolleranza tra diverse visioni della vita all’interno della medesima religione. L’opera contiene anche una scena “osèe” (ovviamente velata) di sesso a tre. Il dramma esplode quando una delle due mogli di Ben Atar, pur soddisfatta dalla bigamia, vorrebbe estendere, per ragioni di pari opportunità, la prassi alla poliandria (ciascuna moglie potrebbe avere più mariti). La condanna da parte dell’intera società diventa inevitabile. La donna muore suicida nelle paludi della Foresta Nera. Solamente dopo il suo sacrificio, innalzando preci a Dio, si può superare l’anatema. Il libretto è efficace sotto il profilo drammaturgico; traduce bene in versione scenica l’amaro contenuto del romanzo – il cui tema non riguarda solamente differenti interpretazioni della parola di Dio nell’ambito della stessa religione ma ha una valenza universale. Semplice l’apparato scenico basato su tendaggi e giochi di luce anche al fine di fare meglio risaltare l’interpretazione dei solisti ed i movimenti delle masse.
Joseph Bardanashvili è un compositore georgiano, emigrato nel 1995 in Israele dove è molto noto; ha firmato molti balletti, sinfonie e colonne sonore. I critici presenti alla rappresentazione romana lo hanno definito “eclettico”. Non sono interamente d’accordo. Ci sono echi di Stravinskij e pure un recitativo secco accompagnato da basso continuo. A mio parere, la struttura musicale è chiaramente ispirata ad uno dei maggiori compositori russi contemporanei, Alfred Alfred Schnittke (poco noto al grande pubblico italiano). A sua volta, Schnittke ha molti punti in comune con i compositori tedeschi della prima metà del Novecento, la cosiddetta “Entartete Musik”: enorme organico, scrittura vocale in cui il declamato scivola in ariosi, grandi interventi del coro, concertati nei finali. A mio avviso, l’opera di Bardanashvili ricorda molto il capolavoro di Franz Schreker “Die Gezeichneten” che, credo, è stato messo in scena in Italia un’unica volta, anche a ragione delle complessità dell’allestimento scenico che comporta scene d’orgia con nudi integrali. In un impianto musicale alla Schreker (il quale a sua volta recepisce molto da Alexander von Zemlisky, i cui lavori sono stati eseguiti in Russia anche durante i momenti più oscuri dello stalinismo e venivano studiati nei conservatori georgiani) s’innescano elementi tradizionali di musica ebraica ( quali il Bukkhara di cui nel maggio 2007 si è avuto un eccellente concerto a Parma). L’enfasi della vocalità è, quindi, su tessiture alte: tra i protagonisti maschili, un controtenore Yaniv d’Or, un tenore “di grazia” Yosef Aridan ed un baritenore Gaby Sadeh. Nel comparto femminile, invece, due soprani drammatici, Ira Bertman e Larissa Tutuev ed un mezzo soprano, Edna Prochnick. Meno importanti i ruoli del basso Vladimir Braun e del baritono Noha Briger. La direzione musicale della Israel Simphony Orchestra Eishon LeZion è affidata a Asher Fish, noto in Italia poiché ha diretto il “Parsifal” inaugurale al Teatro San Carlo di Napoli lo scorso dicembre.
La compagnia è ineccepibile: tanto i solisti quanto il coro e l’orchestra hanno dato una prova della loro capacità. Non mi soffermo sulle singole voci poiché i loro nomi non sono conosciuti dal pubblico italiano ed è difficile pensare che lo diventino – tranne che non abbraccino carriere al di fuori d’Israele. Lo spettacolo è stato molto applaudito nonostante si trattasse di un’occasione celebrativa ed il linguaggio musicale non è proprio quello a cui il pubblico romano è avvezzo. Forse è il meglio che la compagnia può dare - un meglio, però, che molti nostri teatri dovrebbero invidiare.


Teatro dell’Opera di Roma, 8 maggio
LA LOCANDINA

VIAGGIO ALLA FINE DEL MILLENNIO
Opera in due atti e dieci scene
Libretto di A.B. Yehoshua, Musica di Josef Bardanashvili

Regia Omri Nitzan
Scene e Costumi Ruth Dar
Coreografia Daniel Michaeli

Ben Attar Gaby Sadeh
Abu Lufti Vladimir Baum
La Seconda Moglie Ira Bertman
La Prima Moglie Edna Prochnik
Abulafia Yosef Aridan
Elbaz………………….Yaniv d’Or
Levinas Noah Briger
Ester Minna…………..Larissa Tetuev
Il giudice……………. Ela Rosner

Coro dell’Israeli Opera diretto da Yishai Steckler

Orchestra The Israel Simphony Orchestra Rishon Le Zion

Direzione Musicale Asher Fisch

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