mercoledì 7 maggio 2008

LIBERISTI E PROTEZIONISTI, Formiche maggio

Si concilia il liberismo (in particolare in materia di commercio internazionale) con i dazi e con i contingenti alla frontiera? E’ tema non nuovo: nel lontano 1969 su “La Rivista di Politica Economica” azzardai la formulazione di uno schema analitico, sulla base di quelle che allora erano le “nuove” teorie “dinamiche” del commercio internazionale (che si giustapponevano con quella “classica”, e statica, dei vantaggi comparati di stampo ricardiano). E’ grande attualità in questa estate 2008 in quanto siamo alle ultime battute dei negoziati commerciali multilaterali, in sede Omc (Organizzazione mondiale del commercio) iniziati nel novembre 2001 a Doha, nel Qatar e chiamati giornalisticamente Doha develoment agenda, Dda per il ruolo che l’apertura del commercio dovrebbe dare allo sviluppo dei Paesi a basso reddito pro-capite. In Italia, per di più, un libro pubblicato da Giulio Tremonti alla vigilia quasi delle elezioni ripropone con forza il tema.
A Ginevra, si teme che la Dda non avrà alcun esito positivo. I tempi sono strettissimi per giungere ad un accordo (pure solo sulle materie meno controverse) ed alla ratifica da parte del Congresso Usa entro gennaio. Una volta che George W. Bush avrà lasciato la Casa Bianca è altamente improbabile che il nuovo inquilino sia in grado di convincere il Congress a ratificare un accordo multilaterale per la liberalizzazione del commercio. I programmi elettorali di Hillary Clinton e di Barack Obama convergono sul disimpegno dal negoziato Omc ma sulla modifica, in senso protezionista, della zona di libero scambio nord americana (la Nafta) creata tre lustri fa. In Europa, il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha messo sul piatto, in sede Ue, la proposta di “una preferenza comunitaria” per difendere l’agricoltura e l’industria europea da “competizione iniqua” da parte di Paesi a bassi salari ed a bassa protezione sociale. Nel contempo, il Commissario Europeo al commercio, Peter Mandelson, ha prorogato i termini per modificarei dazi anti-dumping (quali negoziati anni fa in seno all’Omc). La Francia ha organizzato in febbraio un comitato di 20 Ministri dell’agricoltura (su 27) per mettere Mandelsono in guardia nei confronti di ulteriori concessioni al tavolo ginevrino. I Paesi in via di sviluppo che più contano nel commercio mondiale (Brasile, Cina ed India) non sono pronti ad accettare neanche una delle richieste (in materia di standard lavoristici ed ambientali) messe sul tavolo da Usa e Ue. Una serie di saggi nell’ultimo fascicolo del “Journal of Common Market Studies” ricorda che l’Ue è il giocatore chiave nella partita del Dda ma che è paralizzata da una contraddizione di fondo: benché liberale in politica commerciale in senso tradizionale è fortemente protezionista rispetto alle dimensioni sociali, vere o presunte, delle implicazioni della politica commerciale. La stessa autonomia della Commissione Europea è più apparente che reale in quanto l’Esecutivo Ue deve necessariamente rispondere alle pressioni politiche e sociali sugli Stati membri.
In questo quadro, occorre davvero chiedersi se si è più liberisti auspicando la liberalizzazione degli scambi tramite un negoziato multilaterale che ormai tutti danno per fallito oppure sostenendo che l’integrazione economica internazionale va gestita (se necessario con protezionismi temporanei e ben mirati) per impedire un effetto boomerang: un processo di deglobabilizzazione tale da portare alla frammentazione dell’economia mondiale.
Dieci anni fa, nella lettera inviata, nella veste di Capo di uno Stato sovrano agli altri Capi di Stato in occasione della giornata della Pace del primo gennaio 1998, Giovanni Paolo II auspicò che la globalizzazione venisse “gestita” , condizione essenziale perché desse frutti positivi. Il messaggio era preveggente. La “globalizzazione gestita” è essenziale per impedire un protezionismo molto più duro. Il tema è ripreso con forza in un bel libro del Segretario del Pontificio Consiglio Justitia et Pax, che i liberisti dei giorni di festa farebbe bene a leggere e meditare.

Per saperne di più
Crepaldi G. (2007) Globalizzazione: una prospettiva cristiana Siena, Cantagalli
Elsing M. (2007) The EU's Choice of Regulatory Venues for Trade Negotiations: A Tale of Agency Power? Journal of Common Market Studies, Vol. 45, Issue 4 November
Macho-Stadler I, Xue L. (2007) "Winners and Losers from the Gradual Formation of Trading Blocs" Economica, November

Pennisi G. (1969) L’argomento dell’industria nascente: un tentativo di riformulazione Rivista di Politica Economica , giugno

1 commento:

Azimut72 ha detto...

il dubbio che siano state fatte tante porcate globali sta incominciando a instillarsi.

meno male.

Ma tornare indietro sarà più difficile di quanto si possa pensare.
Forse non c'è più niente da gestire.