domenica 13 aprile 2008

ECONOMIA, IL RILANCIO PASSA DALLE URNE, Il Tempo 13 aprile

Cosa avverrà all’economia italiana nei prossimi mesi dipenderà in gran misura da due determinanti: a) il contesto internazionale e b) l’esito delle elezioni. Sul quandro internazionale, occorre non farsi troppe illusioni. Nelle pagine economicheb dell’International Herald Tribune del 10 aprile, Brian Love afferma che il G7 sta cercando di tenersi a galla nonostante forti correnti contrarie. Meno colorito, ma più inquietante, il commento (apparso su 100 giornali Usa) del columnist economico Floyd Norris l’11 aprile: le soluzioni per la crisi in corso sono poche e rare, richiedono una strategia internazionale coordinata e persistente. Questo e quanto dice Multimod, il modello dell’economia mondiale del Fondo monetario internazionale (Fmi), se (avendo la strumentazione econometrica del caso) ci si prende la briga di leggere non solo le sintesi del documento Fmi effettuate dalle agenzie di stampa ma i documenti di lavoro disponibili su Internet. Mutimod è un modello neo-keynesiano sviluppato seguendo quello dell’economia mondiale costruito dal Premio Nobel Lawrence Klein ; fa parte della famiglia anche il modello econometrico della Banca d’Italia, il cui capostipite venne elaborato da Antonìo Fazio e Franco Modigliani. In breve, uno strumento abbastanza conosciuto e con il quale ho avuto l’occasione di lavorare.
Lo scenario di base delle previsioni effettuate con Multimod è di un’economia in recessione nella seconda metà del 2008, di un ciclo negativo che si estenderà all’area dell’euro nel 2009 (provocando, dunque, una decelerazione ulteriore l’anno prossimo) e di un’economia italiana ridotta a fanalino di coda dell’unione monetaria – un’Italia prossima a crescita zero nel 2008 ed un aumento del pil tra lo 0,4 e lo 0,7% nel 2009. Ho condotto un’analisi di reattività (ossia esaminato come cambiano i risultati al variare dell’ipotesi di base- l’andamento del commercio internazionale). In sintesi, se non c’è una sterzata dell’export mondiale, nel 2009 la crescita dell’Italia sarebbe più prossima allo 0,4% che allo 0,7%. Oltre a determinanti di lungo periodo (la stasi della produttività) pesano su noi gli effetti degli aumenti fiscali e della parte meno produttiva della spesa pubblica nei 20 mesi del Governo Prodi. Possono variabili interne (ossia differenti strategie economiche) compensare questo risultato anemico? Forse. Tratteggiamo tre possibili scenari:
Pareggio , ossia vittoria del Pdl alla Camera ma un Senato privo di vera e propria maggioranza oppure con un seggio in più al Pd ed a qualche nuovo alleato post-elettorale. Per l’economia questo sarebbe l’esito che meno consente di attivare variabili interne di politica economica. Dalla lettura di una rassegna di 150 anni di grandi coalizioni nei cinque continenti, si ha la chiara impressione che un accordo tra i due maggiori partiti per fare funzionare l’Italia sarebbe di fatto costretto a dare la priorità ai temi istituzionali (riforma della Costituzione, della legge elettorale). Non riuscirebbe, in ogni caso, a rispondere alla situazione economica con la speditezza richiesta dall’integrazione economica internazionale. L’Italia resterebbe a lungo rasoterra. Con un aumento del disagio. Specialmente per i ceti a più basso reddito.
Vittoria del Pdl E’ quanto auspicano, la mattina dell’11 aprile, il 60% degli economisti o semplicemente appassionati d’economia che hanno risposto degli ultimi giorni al sondaggio on line del Club dell’economia (il Pd riceve il 28% dell’apprezzamento, l’Arcobaleno il 6%, gli altri il 3% con la Rosa Bianca vicina allo 0% anche perché non ha presentato un vero programma economico). Ove vincesse con una salda maggioranza nelle due Camere, il Pdl avrebbe una pesante eredità in materia di conti pubblici. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze (Mef) è già stato indicato: Giulio Tremonti. Dovrebbe scegliere tra due percorsi: a) un risanamento graduale (un avanzo primario pari al 5% per diversi anni); b) un “big bang” di liberalizzazioni e privatizzazioni tale da abbassare al 90% del pil (ora il 105%) lo stock di debito pubblico nell’arco della XVI Legislatura e fare operare imprese e consumatori in mercato più libero. La prima strada è più graduale, ma – lo dice anche Multimod – comporta un lungo periodo di crescita contenuta, un’Italia frenata. La seconda è, naturalmente, traumatica: richiede decisionismo e forte coesione sociale ed appoggio dal Parlamento.
Vittoria del PD Per quanto è uno scenario improbabile, potrebbe verificarsi con alleanze post-elettorali nella sinistra allargata e magari il soccorso della Rosa Bianca. WV (Walter Veltroni) non ha rivelato il Mef in pectore. Un noto economista, a cui si è rivolto, ha risposto che sarebbe disponibile solo nell’eventuale di maggioranza forte nelle due Camere: un po’ come rispondere picche. VVV (Viceministro Vincenzo Visco) sarebbe la “riserva della Repubblica” nell’eventualità di vittoria con maggioranza risicata. La sua ricetta per colmare la falla lasciata dal Governo Prodi (di cui non era un socio di minoranza) è chiara: aumentare l’imposizione indiretta (perché comporta effetti più rapidi sul gettito). Essa implica però conseguenze immediate sull’inflazione ed un freno a mano alla crescita.
Buon voto.

Nessun commento: