venerdì 11 aprile 2008

ALL'ALITALIA RESTANO SOLO TRE MESI PER VOLARE, l'Occidentale 11 aprile

Alla lettura delle cronache giornalistiche di questa mattina, Giovanni Sartori, ripescando alcuni suoi articoli del 1976, scriverebbe che “la paidocrazia è al potere”, almeno nelle redazioni dei giornali. C’è chi scrive che “Alitalia finisce in farsa” E chi ricorda che la strategia del Governo Prodi rispetto alla compagnia di bandiera è stata un fallimento: ce n’è esigenza poiché è stata soltanto uno dei tanti flops dell’Esecutivo ormai quasi nella bara? E l’eredità Alitalia è appena una parte del macigno che Prodi-TPS-VVV (con il supporto, esterno ma indefesso di WV) lascia a chi andrà a Palazzo Chigi.
Prima di fare congetture e di soffermarci su ovvietà (come il tentato bluff elettorale con i sindacati affidato a Enrico Letta, il componente della Brigata Prodi con il sorriso più gentile), vediamo quali sono i termini del problema:
1. Dopo due procedure quanto meno confuse (a voler essere garbati), il CdA e l’azionista di maggioranza dell’Alitalia hanno iniziato una trattativa in esclusiva con AirFrance-Klm. Ricorsi giudiziari per fermarla od ampliarla ad altri interessati, hanno dato esito negativo. La proposta “definitiva e vincolante” è stata ben inferiore a quanto atteso sulla base dell’offerta preliminare di tre mesi prima.
2. Mentre CdA e azionista di maggioranza sostengono, libri alla mano, che o si concludono le nozze tra Alitalia e AirFranceKlm o Alitalia resta zitella, misera ed afflitta da incurabile mal sottile (per intenderci un po’ come il terzo atto de “La Bohème”), i sindacati (senza il cui assenso AirFranceKlm) non azzarda neanche un rapporto extra-coniugale, prima protestano, poi presentano un contro-piano e, al rigetto sdegnato della controparte, si dividono in gruppi litigiosi (tra di loro e con il resto del mondo).
3. Il leader dell’opposizione invoca altri possibili interessati a farsi avanti per uscire da uno stallo che porterebbe la compagnia al disastro. Una nota società di consulenza di Milano si mette al lavoro per individuare una seria alternativa a AirFranceKlm. Ormai i cieli sono aperti e le aerolinee agguerrite. Presumibilmente, ci vuole un partner industriale straniero (ma il più probabile, Lufhthansa, ha già fatto sapere che non intende avere a che fare con il partner italiano che si è candidato). In ogni caso, sono necessari tempi tecnici per studiare le carte e preparare una propria proposta. I barracuda-esperti delle pandette dovranno dire se un’altra trattativa può essere aperta ove preliminarmente quella con AirFranceKlm non sia stata formalmente chiusa.
Ci sono soltanto due dati per dipanare la matassa: a) AirFranceKlm è in una situazione posizionale ed informativa molto più solida di quella dei settori del sindacato che si oppongono all’accordo (lo abbiamo visto su L’Occidentale dell’8 aprile); b) la cassa è circa 230 milioni. Ciò vuol dire che se le perdite d’Alitalia sono contenute in un milione al giorno ci sono circa tre mesi per evitare di spegnere i motori e chiedere ai passeggeri un contributo per pagare il carburante (come a me avvenne all’aeroporto di Karthoum – volavo da Parigi a Naibi- nel lontano 1974 in uno degli ultimi voli della gloriosa Estern African Airlines). Le perdite stanno aumentando poiché molti passeggeri stanno annullando prenotazione per il timore di restare con un palmo di naso.
Questi sono i termini essenziali del “dossier Alitalia” per il Governo che verrà. In breve, la cordata alternativa deve essere in grado, sotto il profilo finanziario, industriale e giuridico, di iniziare e terminare la trattativa entro la fine di giugno e, al tempo stesso, di varare un prestito ponte a condizioni commerciali per impedire il tracollo in corso d’opera (come avvenuto a Swissair, Sabena e l’altro ieri ad un maggiore operatore low cost), lasciando passeggeri e cargo per strada. Giugno è anche la scadenza dell’”assestamento di bilancio”, quando verrà nodo la falla che Palazzo Chigi e Via Venti Settembre ereditano da Prodi-TPS-VVV (con l’appoggio esterno di WV).
Cosa dire? Riprendere l’attacco stupendo con cui inizia “A Bend in the River “ del Premio Nobel V.S. Naipul :”The world is what it is: Men who are nothing, who allow themselves to become nothing, have no place in it”. Ogni riferimento a chi ha gestito la vicenda è puramente casuale. Come si scriveva nei titoli di testa dei film Anni Cinquanta.

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