mercoledì 23 aprile 2008

ALITALIA, CON IL PRESTITO PRODI PASSA LA PALLA A BERLUSCONI , L'Occidentale 23 aprile

La vicenda Alitalia è giunta al capitolo, piuttosto insolito per una compagnia aerea, “ordine pubblico”. E per motivazioni di “ordine pubblico” e di “continuità territoriale” che il Consiglio dei Ministri ha approvato la concessione di un prestito a condizioni di mercato e da rimborsare entro la fine del 2008. Il prestito avrà l’effetto di tirare la patata bollente via dalle dita del Governo Prodi e passarla al Governo Berlusconi. Se tra due-tre settimane, non si troverà una soluzione tale da permettere di assicurare liquidità per 12 mesi si andrà a “licenza limitata” con taglio di numerose rotte ed aerei a terra. La “boccata d’ossigeno” è stata letta come il possibile avvio di una gamma di nuove soluzioni (ivi compreso l’eventuale ritorno in gioco di AirFrance-Klm)

Per valutarle occorre chiedersi se è’ un bene od un male il (non troppo lungo) “adieu” di AirFrance-Klm alle nozze con Alitalia. Per rispondere a questa domanda, si deve esaminare cosa ha mandato in fumo i fiori d’arancio e cosa abbia reso “rato ma non consumato” alcuni anni fa il matrimonio tra Alitalia e Klm e perché il partner olandese è stato pronto a versare una somma ingente pur di scappare dal letto, prima di rendere troppo stretto il rapporto. Dalle risposte a queste domande si può tentare di tratteggiare le possibili ipotesi per il futuro. Tenendo sempre presente che in 15 anni Alitalia ha cumulato disavanzi per 15 miliardi d’euro e che la sua percentuale del trasporto passeggeri interno (il mercato “protetto” o, in ogni caso, preferenziale) è passata dal 77% a meno del 40%. Una percentuale così bassa vuol dire – per chi si intende di economia dei trasporti- che manca il prodotto- ossia la rete, l’equilibrio tra corto, medio e lungo raggio, una flotta compatibile con la rete e con l’equilibrio tra le tratte, e via discorrendo – prima ancora della finanza, della capacità manageriali, delle relazioni industriali serene e via discorrendo. Così come una salumeria con gli scaffali senza affettati non resta aperta a lunga, una compagnia aerea priva di un prodotto di trasporto aereo non riesce ad operare.

Cerchiamo di spiegarlo senza entrare in tecnicismi economico-finanziari. Alla metà degli Anni 90, quando nuove tecnologie e l’ingresso delle “low cost” modificavano drasticamente il traffico aereo internazionale, l’Alitalia era troppo piccola per gareggiare con le grandi compagnie e troppo grande per diventare un’aerolinea europeo-regionale a basso costo. Sotto molti aspetti era complementare a Klm , che aveva un bacino d’utenza interno modesto tanto in atto quanto in potenza ed una buona rete internazionale, mentre AZ aveva un vasto ed appetibile bacino d’utenza ed una rete internazionale scarsa (dato che si era abituata ai cuscini delle tutele interne). La complementarità era alla base di un progetto di matrimonio con pari dignità tra i due partner. L’hub di Malpensa sarebbe stato l’asse portante del contratto nuziale perché meglio localizzata di Amsterdam (e con maggiore potenziale di sviluppo) per il lungo raggio. Perché Malpensa diventasse una vera “hub”, però, era necessaria non soltanto efficienza interna dell’aerostazione (rapidi di trasferimenti, ottimo servizio bagagli, ristorazione, ecc.) ma anche un sistema d’infrastrutture per assicurarne i collegamenti, la razionalizzazione degli aeroporti del Nord, ed una regia delle “onde” (questo è il termine tecnico) per l’afflusso ed il deflusso (anche con aerei relativamente piccoli) da aeroporti minori. Nonché , ovviamente, relazioni industriali tali da facilitare la transizione.

Tutti questi elementi sono venuti a mancare. L’efficienza interna di Malpensa ha sempre lasciato molto a desiderare. Le infrastrutture (autostrada, ferrovia) hanno subito ritardi enormi poiché si è scatenata la sindrome del Nimby (Not in my backyard). I comuni dell’area hanno protestato per il rumore tanto da ottenere sovvenzioni ad hoc. La stessa città di Milano ha insistito per anni perché Linate diventasse il Milan City Airport, analogo al National Airport di Washington, situato, per la comodità di senatori e deputati, a due passi dal Congresso. La razionalizzazione degli altri aeroporti del Nord non si è mai realizzata; al contrario, piccoli e medi aeroporti sono diventati scali sempre più importanti. Nella XIII Legislatura i Governi Prodi-D’Alema-Amato hanno emesso ben cinque decreti ministeriali ed uno del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di “onde”, dando a Klm (e non solo) non un senso di disorientamento ma la chiara idea che in Italia la politica dei trasporti si faceva burlando e che il progetto industriale non aveva i puntelli di base; era meglio scappare (e convolare a nozze con Air France) che restare a letto con Alitalia. Il matrimonio sarebbe stato non solo infruttuoso ma anche dannoso. La mano politica (a livello locale ma con riflessi nazionali) era impicciona e pasticciona; non prometteva di migliorare. Le suocere impiccione e pasticcione – lo sappiamo – sono tra le cause di divorzio più frequenti. La continua conflittualità sindacale ingrandiva gli effetti della mano politica impicciona e pasticciona ed a volte era proprio da quest’ultima aizzata a favore dei vari particolarismi di tipo Nimby.

Fallite le nozze con Klm, Alitalia ha tentato di volare da sola, ma la situazione peggiorava di giorno in giorno. Al di là delle alchimie finanziarie, il dilemma era: o diventare una low cost interna con qualche diramazione europea-regionale (chiudendo molti aeroporti tenuti in vita unicamente per localismi di piccolo cabotaggio) o cercare un nuovo partner. Non più – era chiaro a tutti – su base paritetica ma nella veste di socio minore. Salvaguardando le apparenze. Un po’ che la duchessa decaduta di “A’ la recherce du temps perdu” di Marcel Proust. Salvaguardare le apparenza voleva dire il marchio e l’uniforme, non “la strategia Malpensa” affossata in primo luogo dai concorrenti del Nord e dai milanesi, i quali preferiscono partire da Linate piuttosto che avventurarsi in un viaggio nel varesotto.

Quelle con AirFrance-Klm (dopo lo sconclusionato beauty contest e la scombinata “gara-non-gara”) erano, quindi, nozze riparatrici che, pur se in abito bianco (le apparenze), non avrebbero restituito la verginità perduta. A rendere il quadro ancora più complicato, il socialista cattolico Jean-Cyril Spinetta non mancava di rammentare all’Alitalia che la merce era ormai ridotta male; quasi come Alfredo tratta Violetta alla festa in casa di Flora nel secondo quadro del secondo atto della verdiana “Traviata”. Spinetta sottolineava che se voleva, Alitalia poteva andare all’altare con altri, ma che i pretendenti potenziali o, vista la situazione, se erano data a gambe o erano in condizioni analoghe a quelle di Alitalia e non certo in grado di offrire il prodotto che non c’è. Lufthansa è un esempio di chi è scappato. La cordata incentrata su AirOne non si formerà mai se sono vere le cifre dei bilanci consuntivi. La stessa Aeroflot si prenderebbe AZ soltanto se pressata da poteri politici della Federazione Russa.

A questo punto, perché il prestito non assomigli al ponte sul fiume Kwai e venga fatto saltare proprio da chi lo ha costruito, chiediamoci quali solo le possibilità realistiche. Lufthansa potrebbe essere interessata, anche per non restare sola in un momento di grandi fusioni (quali quella Delta-Northwestern) ma chi è nel mestiere da anni ed ha contatti con i tedeschi sa che la compagnia non vuole avere soci italiani non considerati. in Germania, all’altezza. Aeroflot – come spiegato più volte da L’Occidentale sin dalla primavera 2007– potrebbe avere obiettivi chiave di politica industriale, ma farebbe probabilmente condizioni pure peggiori di quelle AirFrance-Klm in termini di riduzione delle attività e degli organici. Un eventuale rientro in gioco di AirFranceKlm non sarebbe a termini più favorevoli di quelli presentati nelle ultime settimane.

Le mie impressioni sono meno ottimistiche di quelle presentate su “L’Occidentale” ieri. I problemi vengono da lontano e sono stati incancreniti nella XIII Legislatura. La XIV ha tentato di parare qualche falla con la ricapitalizzazione e gli esodi superincentivati nella speranza di attirare qualche corteggiatore. In poco tempo, la XIV Legislatura ha dato il colpo finale in cui, tra beauty contest e “gara-non-gara”, la politica impicciona e pasticciona è giunta al proprio apice.

La prospettiva più verosimile è il commissariamento, la riduzione delle rotte, la chiusura d’aeroporti ed i tagli agli organici. Il trasporto aereo è un settore delicato: Anche se in futuro non immediato Alitalia potrebbe avere la potenzialità di tornare ad essere tra le compagnie aree medio-grandi, la perdita degli slots minaccia di ridimensionarla per sempre. Già ora Malpensa, dove gli slots Alitalia sono stati venduti a compagnie low cost e di piccolo cabotaggio non è il più il sognato “hub” e neanche il “point-to-point” di livello ma uno scalo europeo-regionale.

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