sabato 8 marzo 2008

ALLA VELTRONOMICS NON PIACE TANTO LA SCUOLA

C’è certamente un comparto dei programmi di politica economica, in cui la Veltronomics (ossia la politica proposta dal candidato del PD) si distanzia marcatamente anche a parole da quella con cui due anni fa Romano Prodi si è presentato agli elettori: la scuola. Prodi aveva posto priorità sulla riforma e sull’ammodernamento del settore per porlo al passo con quello degli altri Paesi industriali ad economia di mercato. Aveva promosso un “Quaderno Bianco” sulla scuola redatto di comune intesa dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; pur di essere presente alla presentazione del “quaderno” e sottolinearne l’importanza, Prodi si era assentato da uno dei Consigli dei Ministri in cui si metteva a punto la legge finanziaria. Alle parole – è vero – è seguito unicamente un fatto, di dimensioni lillipuziane: un modesto incentivo alla cooperazione per l’innovazione nella legge di bilancio (dietro l’impulso dei 4 miliardi di euro tra fondi europei e fondi nazionali a favore dell’istruzione in otto Regioni del Mezzogiorno).
Nel frattempo, invece, l’incidenza della spesa per l'istruzione sulla spesa pubblica totale si è ridotta. Nel 1990 era pari al 10,3%; . nel 2006 all'8,8%. Il calo è stato particolarmente marcato negli ultimi due anni (nonostante le spese aggiuntive per la regolarizzazione di precari) in quanto nel 2005 era ancora al 9,5% della spesa pubblica totale. Un’analisi elaborata dal periodico “Tuttoscuola” mostra che è rimasta praticamente invariata in valore assoluto (65.7 miliardi di euro) a fronte di un incremento della spesa pubblica totale del 7,9% tra il 2005 e il 2006; per le specifiche si veda http://www.tuttoscuola.com/ts_news_329-1.doc . Quindi, l’ultima legislatura ha predicato bene; ma non ha seguito quanto prometteva che avrebbe fatto. Sempre secondo lo studio, se la spesa per scuola fosse cresciuta dal 1990 al tasso della media della spesa pubblica totale, oggi ci sarebbero 10,8 miliardi di euro di risorse aggiuntive per l'istruzione ogni anno.
Senza dubbio, le dinamiche demografiche hanno influito sul fenomeno. Tuttavia, la riduzione della spesa per la scuola (e la destinazione delle risorse quasi interamente al monte salari di insegnati e personale) è, a sua volta, una delle determinante dei risultati della recente indagine Ocse-Pisa secondo cui nelle graduatorie scolastiche le competenze dei quindicenni italiani risultano essere le più scarse tra quelle dei coetanei dei Paesi industriali ad economia di mercato. Non solo: mentre nel Nord solo un giovane su 20 riporta difficoltà considerevoli a risolvere problemi di matematica, al Sud la media scende ad uno su cinque. Ciò frena non solo la produttività ma anche la mobilità sociale – due temi che dovrebbero cari al PD.
Un’analisi della Commissione Europea dell’Ue a 25 (ossia senza tenere conto di Bulgaria e Romania) sottolinea come l’andamento della produttività complessiva dei fattori di produzione (lavoro e capitale) sia correlata non solo alla struttura per età ma anche ai livelli d’istruzione ed alla loro qualità: l’analisi contiene proiezioni sino al 2050 ed indica come siamo destinati a perdere ulteriormente terreno se non raddrizziamo presto la nostra dotazione in risorse umane. A conclusioni analoghe arriva un lavoro congiunto della Università Cattolica di Lovanio e Center for European of Policy Studies (CORE Discussion Paper N. 2007/43).
In termini, di mobilità sociale due studi recenti evidenziano, il primo, che le differenze di livello di istruzione e di qualità scolastica nel periodo 1840-2000 hanno inciso, ed inciso ancora negativamente sulla produttività degli afro-americani (e sul loro progresso sociale) ed, il secondo, ( World Bank Policy Research Paper N. 4427) che la spesa pubblica per l’istruzione è elemento necessario ma non sufficiente per favorire l’istruzione di qualità (e la mobilità) delle fasce sociali a basso reddito.
Nessun punto del dodecalogo veltroniano riguarda la scuola, anche se il velleitario punto ottavo parla della creazione di 100 campus scolastici ed universitari. Il programma del PD ha un punto (il settimo) sulla scuola – oltre ad essere infarcito di slogan da facciata (rendere gli edifici più belli) conditi da affermazioni sulla desiderabilità di abolire i temi per dare spazio alla creatività- non prevede nessuno strumento per migliorarne la qualità: da decenni uno dei più noti economisti dell’istruzione, George Psacharopoulos ha dimostrato, dati quantitativi alla mano, che il rimedio più “potente” è la competizione. Anche solamente all’interno del settore pubblico. Meglio se tra tutti gli istituti sia pubblici sia privati.
I maligni dicono a WV la scuola non piace perché associata ai ricordi di cattivi risultati quando era alle secondarie. Non è ragione per indebolire la molla dello sviluppo a lungo termine e della mobilità sociale in Italia.
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